Giovanni Paolo II su verità
religiosa, unità del mondo e dialogo
Egregi amici: oggi più che
mai il mondo è diventato sensibile all'aspirazione di tutti i popoli ad essere
liberi, a sperimentare la libertà di vivere in accordo con i dettami della
coscienza, a cercare la verità senza costrizione, e ad esprimere le proprie
convinzioni in una società che promuova il progresso autentico e un dialogo
costruttivo tra i popoli di fedi diverse.(...) In un senso molto concreto, si
può affermare che la responsabilità della costruzione di una società basata
sulla cooperazione, sulla tolleranza e sull'unità nell'ambito della diversità
ricade sulla attuale generazione come un compito sacro.(...)
Questa non è una sfida da
poco. Di fatto, il progetto di lavorare insieme in una collaborazione
rispettosa, comporta spesso l'adozione di nuove prospettive, mettendo da parte
tensioni od ostilità passate e guardando al futuro. Ognuno di noi è chiamato ad
adottare un atteggiamento di generoso servizio l'uno verso l'altro e in
favore di tutti. Come ha insegnato ai cattolici il Concilio Vaticano II:
non possiamo invocare Dio Padre di tutti, se ci rifiutiamo di comportarci da
fratelli verso alcuni (Nostra Aetate, 5).
In una società
culturalmente varia, trattare gli altri da fratelli significa vivere nel
dialogo.(...)
In questo contesto, una
particolare questione merita attenzione. E' la questione della verità stessa,
delle sue esigenze verso coloro che credono, e i suoi requisiti per un dialogo
sincero e improntato sul rispetto.
(...) non ci si potrà mai aspettare dai
credenti che compromettano la verità
che sono chiamati a promuovere nelle loro vite. Tuttavia una salda adesione
alla verità delle proprie convinzioni non implica in alcun modo l'essere chiuso
agli altri. E' piuttosto un invito ad aprirsi al dialogo che abbiamo già
descritto. Questo per due motivi.
Anzitutto, la
conoscenza della verità ci impegna a
dividere il dono che abbiamo ricevuto insieme agli altri. Nella Sacra
Bibbia, i Cristiani leggono che Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e
arrivino alla conoscenza della verità (cfr. 1Tim 2,4). La Chiesa
cattolica è profondamente convinta che la verità ovunque essa sia, può servire
come cammino verso l'unico Dio, il Padre di tutti. Per questo motivo, essa non
respinge nulla che sia vero e sacro nelle altre religioni (cfr. Nostra
Aetate, 2). La Chiesa tuttavia non vacilla nella sua convinzione che Gesù
Cristo, l'eterno Figlio di Dio, è la via, la verità e la vita (Gv 14,6)
e la definitiva rivelazione di Dio all'umanità. Eppure nel compito di servire
la fede che essa ha ricevuto, e in uno Spirito di rispetto e di dialogo, la
Chiesa non esita a collaborare con tutti gli uomini e le donne di buona
volontà per l'elevazione spirituale e morale del genere umano e per il
sorgere di una società umana, giusta e pacifica.
Il dialogo improntato al
rispetto con gli altri ci permette inoltre di essere arricchiti dalle loro
vedute, sfidati dalle loro domande e forzati ad approfondire la nostra
conoscenza della verità. Lungi dal reprimere il dialogo o dal renderlo
superfluo, la fedeltà alla verità della propria tradizione religiosa per
sua stessa natura rende il dialogo con gli altri sia necessario che fecondo.
(...)
Cari fratelli e sorelle:
ogni giorno che passa, l'unità della famiglia umana diventa sempre più
visibile, anche quando questa unità viene drammaticamente minacciata dalle
forze della guerra, della violenza e della repressione. Dove vi sono valori
spirituali quali il rispetto reciproco, la collaborazione pacifica e la
riconciliazione, non solo viene rafforzata l'unità dei gruppi individuali,
ma la vita di intere nazioni può essere mutata e il corso della storia
cambiato.
La sfida è nostra.
Adoperiamoci insieme per la comprensione reciproca e la pace. A nome di tutta
l'umanità, facciamo causa comune nel salvaguardare e promuovere quei valori che
costruiranno la salute spirituale e morale del nostro mondo. Serviamo con
generosità il volere di Dio, così come noi lo conosciamo, in uno spirito di
dialogo, rispetto e collaborazione.
(Ai capi religiosi
dell'Indonesia; cf. O. R., 11.10.1989)