Il principio della partecipazione come base di una politica nuova:
l'esempio di un municipio brasiliano

 

 

Concorso di tutti
anziché concorrenza

 

 

di Sergio Prévidi

 

Dalla nostra redazione brasiliana ci giunge questa esperienza. Ce la racconta con molta semplicità lo stesso protagonista, Sergio Prévidi, sindaco di Itù, una cittadina di 130.000 abitanti dello stato di San Paolo. Scelto democraticamente dal popolo, egli sta portando avanti con la sua équipe un'amministrazione municipale che dà priorità all'uomo, rinnovando le strutture della società alla luce dei principi sociali del cristianesimo.

 

 

Subito dopo le  elezionidel  1982   l' allora
sindaco della mia città mi invitò a lavorare nel settore finanziario del municipio. In quel momento dirigevo un ufficio di contabilità, dove con altri tre soci si portava avanti un'esperienza nuova, cercando di applicare nel nostro lavoro i principi evangelici. All'inizio pensai di non accettare l'incarico per il concetto negativo che in Brasile si aveva della politica in quegli anni, ma poi riflettendoci sopra e consigliandomi con i colleghi del mio ufficio, tra i quali c'erano cristiani praticanti e non, decidemmo di accettare la sfida per dare un contributo alla costruzione di quella politica nuova che era nelle nostre aspirazioni.

Cominciammo subito coi salari dei funzionari, suggerendo un criterio di aggiustamento che recuperasse tutte le svalutazioni mensili (in Brasile la svalutazione monetaria è mensilmente rilevante; n.d.t.). Fu stabilito che l'aumento salariale si sarebbe effettuato ogni tre mesi, mentre in tutto il paese in quegli anni si faceva solo una volta all'anno. Poi preparammo alcuni progetti nell'area sociale, come centri medici, scuole, asili per bambini. Non volevamo, però, fare un lavoro paternalistico, ma offrire un servizio che sollecitasse la partecipazione attiva della comunità: non un lavoro per la popolazione, ma con la popolazione.

 

In seguito fu creata in città una Compagnia statale per lo sviluppo e fui invitato ad assumerne la presidenza. La Compagnia curava le costruzioni e le altre opere legate a questo settore. Capii subito che il mio primo compito era di sviluppare il senso dell'onestà nell'amministrazione di questi beni pubblici, sapendo che se le pubbliche imprese spesso sono in deficit, lo si deve in gran parte alla corruzione degli amministratori. Ricordo questo episodio. Stavamo facendo una grande costruzione e con una semplice misurazione io avrei potuto guadagnare, secondo il costume corrente, una vera fortuna. Feci le cose onestamente e col denaro economizzato il municipio potè costruire tre strade di accesso alla città.

Un programma per l'uomo

Con questo modo di fare abbiamo guadagnato il rispetto dei colleghi di lavoro e la stima del popolo e, quando si avvicinarono di nuovo le elezioni, mi venne fatta la proposta di candidarmi a sindaco. Non avevo mai pensato di entrare nella politica attiva e rimasi un po' turbato. Mi consigliai con persone fidate che cercano di vivere cristianamente il loro rapporto con la società civile e capii che dovevo accettare. Se mi fossi tirato indietro avrei danneggiato la continuità del lavoro serio che già portavamo avanti. Accettai la candidatura come una missione per il bene della comunità.

Si iniziò la campagna elettorale in maniera molto semplice ed originale. Io non sapevo proprio come impostare una tale attività e così pure il mio candidato a vice-sindaco, essendo ambedue nuovi nella politica. Decidemmo di visitare tutte le famiglie per presentare ad ognuna il nostro programma. Ricordo il primo giorno che uscimmo e ci presentammo alla porta di una casa. Non sapevo cosa dire, ma avevo nell'anima una certezza: bisognava voler bene concretamente a queste persone, dir loro la semplice verità e lasciarle libere di scegliere. Quando la padrona di casa ci aprì la porta le dissi: Signora, io sono candidato a sindaco e sono venuto per presentarle il mio programma. Ci sono anche altri candidati e spero che lei li conosca tutti. Se vorrà darmi un voto di fiducia, io le sarò molto grato e spero di poter manifestare la mia gratitudine concretamente con quello che faremo poi con la nostra amministrazione. La risposta fu semplice: Lei può contare sul nostro voto e capii che era sincera. Con questo stile visitammo tutte le famiglie  sono più di ventimila!

Il programma non lo preparai da solo, ma venne fuori da un lavoro d'insieme e dall'ascolto della popolazione, approfittando anche dell'esperienza che avevamo fatto nel nostro settore durante la precedente amministrazione, quando la popolazione era da noi continuamente consultata.

 

Il programma si chiamava Piano di mete. Le mete da raggiungere erano dodici, tutte finalizzate all'uomo. Avremmo asfaltato le vie di alcuni quartieri poveri non per far guadagnare qualcuno o semplicemente per abbellire la città, ma perché la popolazione di quei posti si sentisse rispettata come tutti gli altri abitanti del centro; avremmo costruito centri medici, perché tutti, anche i più poveri, fossero medicati e trattati con rispetto. Nei comizi dicevamo a tutti che il nostro obbiettivo era raccogliere la collaborazione di tutti per costruire insieme una società più giusta, più umana e più fraterna.

 

Una campagna  elettorale senza polemiche

Noi avevamo tre avversari esperti nella carriera politica, perché erano stati sindaco, vicesindaco e consigliere. Prima di iniziare la campagna abbiamo organizzato un incontro con questi tre candidati per stabilire un accordo su come condurre una campagna elettorale pulita, senza aggressioni personali. Solo uno di loro è venuto e con lui abbiamo concordato questa linea, che abbiamo mantenuta anche con gli altri due, evitando sempre di offenderli e senza mai rispondere alle aggressioni nei comizi e nei programmi radiofonici, anzi rispondevamo che in caso di vittoria da parte nostra avremmo tenuto conto anche dei loro suggerimenti e del loro programma e che saremmo stati lieti della loro collaborazione. D'altra parte se essi avessero ricevuto voti era perché una parte della popolazione riponeva in loro la sua fiducia; e se io fossi stato eletto sindaco sarei stato sindaco di tutti i cittadini e non soltanto di quelli che mi avrebbero votato.

 

Un altro punto importante della campagna fu il fatto che il gruppo dei nostri futuri consiglieri aveva uno spirito comunitario e nessuno di loro lavorava per sopraffare l'altro. Quando uno di loro usciva a far propaganda portava sempre con sé altri due o tre candidati e poteva dire: Se non credete opportuno dare il voto a me, datelo a questi miei compagni. Quel che ci interessava non era la vittoria dell'uno o dell'altro, ma la riuscita del programma. Man mano che la campagna andava avanti il nostro gruppo era sempre più affiatato e il mio ufficio era pieno di gente che si incontrava e lavorava in un clima di famiglia. Arrivarono le elezioni e ricevemmo il 47% dei voti.

 

Spirito di corresponsabilità

Questo stile iniziato durante la campagna continua adesso nell'esercizio del governo del municipio. Tutti i giorni i consiglieri sono invitati a passare nella sede del comune per aggiornarsi o per portare suggerimenti. Abbiamo  nove consiglieri del nostro partito ed undici di altri partiti, ma quasi tutte le decisioni sono prese all'unanimità. A volte abbiamo punti di vista divergenti: allora si ascolta, si discute, si arriva ad un accordo, perché alla fin fine tutti sono rappresentanti della popolazione. E questo senza compromessi o favoritismi. Ci sono alcuni consiglieri che adesso stanno passando dalla nostra parte e un candidato che non è stato eletto (è presidente della squadra di calcio della città) mi ha invitato per  l'apertura del campionato, mi ha chiesto di fare un discorso per l'occasione e mi ha consegnato una medaglia d'argento come riconoscimento dei tempi nuovi che stiamo vivendo nella nostra città.

 

Anche il salario del sindaco e dei consiglieri è stato discusso apertamente ed abbiamo stabilito che non deve essere alto perché il nostro popolo è povero.

 

In questo spirito di corresponsabilità ci incontriamo costantemente con i vari segretari, per valorizzare il loro contributo e per farli dialogare tra loro e con noi. Ci sono due consigli nel segretariato comunale: quello dello sviluppo tecnico e quello dello sviluppo sociale. Essi studiano insieme i diversi problemi e poi ci presentano i suggerimenti per le opportune soluzioni. Siamo riusciti così, contemporaneamente, a decentralizzare l'amministrazione e a conservare l'unità di pensiero e di azione.

 

La partecipazione della popolazione

Nel luglio scorso abbiamo fatto un incontro di due giorni con tutto il segretariato comunale per riflettere sul nostro lavoro e soprattutto per mettere in rilievo il principio fondamentale che orienta la nostra amministrazione: la partecipazione effettiva della gente che deve cercare con noi le soluzioni più adeguate ai loro problemi reali. Perché questo non rimanesse nel piano teorico, abbiamo istituito i Consigli di quartiere, dove tutti possono partecipare, criticare e dare suggerimenti. Noi ascoltiamo, prendiamo nota di tutto e facciamo il possibile per attuare le priorità scelte dal quartiere.

 

Per esempio, nelle otto riunioni già realizzate, ci hanno fatto notare la necessità di una maggiore cura da prendere per la nettezza urbana. Abbiamo lanciato allora il programma: Per una città più pulita! e vi abbiamo coinvolto le scuole, i vari gruppi associativi, le parrocchie e i centri medici. E' un progetto educativo che fa uscire il popolo da un atteggiamento di passività e lo porta a prendere coscienza delle sue proprie risorse. Oggi il 70% dell'area della città è completamente pulita a motivo di questa partecipazione popolare.

 

Forse finora non abbiamo speso tanto tempo nel fare nuovi ponti o edifici, ma abbiamo cercato di costruire nuove strade di fraternità e di solidarietà tra la gente.

 

Io sto sperimentando che la democrazia è un sistema particolarmente difficile, se è una democrazia effettiva e non solo formale. Bisogna ascoltare, discutere, compartecipare. Ma quando poi si prende una decisione, questa è frutto di tutto il gruppo e la comunità interpellata sa apprezzare il sapore di questo frutto.

 

La scelta dei poveri

Più del 50% della popolazione del comune è povera. Il nostro governo deve essere a servizio di questa maggioranza povera, anche perché la minoranza di quelli che stanno bene ha meno bisogno dei nostri servizi. Abbiamo cercato di vivere questa scelta dei poveri, non in forma demagogica o esclusiva, ma con spirito evangelico.

 

Per fare un esempio concreto: abbiamo un progetto di costruzione di 3000 case. Abbiamo dato alle famiglie più carenti il terreno  ad ognuna un'area di otto per venti metri  con una pianta già pronta. Il comune compra il materiale da costruzione e loro mettono la mano d'opera. Già più di 300 case sono quasi pronte.

Un altro esempio: la scuola ha già 3000 alunni. In genere solo coloro che possono pagare ricevono l'insegnamento. Noi portiamo avanti un programma che permette anche ai ragazzi poveri di frequentare la scuola. Anche questo servizio, però, non vuol essere paternalista: i genitori partecipano nella discussione del programma, le mamme aiutano nei vari servizi e nella pulizia delle classi, mentre altri curano il giardino.

Abbiamo fondato anche una Università del Lavoratore, una scuola professionale per calzolai, carpentieri, elettricisti... Ci sono attualmente 250 alunni. Gli adulti che durante il giorno sono occupati nel lavoro, frequentano questi corsi di notte, sempre gratuitamente. Abbiamo istituito inoltre un corso scolastico di recupero per dare la possibilità di studiare a quegli adulti che finora non l'avevano potuto fare. Attualmente gli alunni di questa scuola sono 500.

 

Ultimamente ho preso parte ad una riunione di politici in cui era presente il dirigente di una ditta. Ascoltando la mia relazione su come portiamo avanti l'amministrazione municipale, mi ha detto: Io avevo perso ogni fiducia nei politici, ma adesso comincio a credere che è possibile fare una politica diversa, autentica.

 

La piccola esperienza che stiamo facendo ci convince ogni giorno di più che i principi evangelici sono risolutivi per la convivenza umana.

 

Sergio Prévidi