Una sintesi del secondo
seminario di studio promosso dalla nostra rivista
Nuova evangelizzazione dell'Europa:
quali presupposti?
di Tonino Gandolfo
La nuova evangelizzazione
è tema quanto mai attuale. Ma non è facile passare dai programmi ai fatti. Attraverso
un seminario di studio abbiamo voluto riflettere su questo argomento. Un tema
sul quale ci proponiamo di ritornare.
Parlare di nuova
evangelizzazione dell'Europa è
diventato quasi un ritornello sulle riviste di teologia e di pastorale, sulla scorta
non per ultimo, di numerosi discorsi di Giovanni Paolo II incentrati su questo
tema.
Ma, mentre sembra ancora
relativamente facile individuare i sintomi e i segni dello smarrimento di
quell'anima cristiana che aveva permeato l'Europa fino all'avvento dell'epoca
moderna, ci si sente come spersi appena si tenti di intravedere delle possibili
linee di una ri-edizione dell'annuncio evangelico, capace non tanto di
cucire delle toppe o di riannodare delle maglie sfilacciate, ma di far
intraprendere un cammino autenticamente nuovo.
Perché è di questo che
oggi si sente l'esigenza: non si tratta semplicemente di far riscoprire o
rimettere a fuoco qualche valore un po' appannato o emarginato, ma di ridare
l'anima ad un vissuto che ha circoscritto l'evento cristiano a poco più di un
concetto storico: il richiamo del Papa all'Europa a riscoprire le sue radici
per realizzare una nuova unità è indice di una frantumazione che sembra aver
allontanato i fondamenti del proprio passato in un tempo ormai irreparabilmente
remoto.
Di qui tutta la difficoltà o il dramma, come lo definiva Paolo VI di far recepire il nesso profondo e
vitale tra messaggio evangelico e cultura.
Eppure, è solo su queste
basi che diventa possibile impostare una pastorale nuova, dove l'essere
uomo e l'essere cristiano vengono presentati e fatti scoprire vitalmente non
come fatti antitetici, nemmeno semplicemente complementari, ma come un
tutt'uno.
Su invito della nostra
rivista, nell'estate scorso, una sessantina di giovani studenti di teologia e di
sacerdoti impegnati, oltre che nel campo pastorale, in quello teologico e
culturale, si sono ritrovati, dal 25 al 28 luglio, a Veysonnaz (Svizzera) per
aiutarsi a intravedere alcune possibili linee portanti di questa pastorale
nuova, alla luce anche di alcune esperienze già realizzate o in atto.
Il quadro di fondo, su cui
inserire tasselli di nuovi apporti, è stato offerto da due relazioni
fondamentali, a carattere filosofico-culturale, l'una, e
teologico-pastorale, l'altra.
Che cosa emerge, come
domanda che ci interpella, nel panorama del cosiddetto post-moderno, in
cui è ormai entrata la società e la cultura attuale?, si è domandato don
Aldo Giordano, insegnante di filosofia presso lo Studentato Teologico
interdiocesano di Fossano (CN).
Due caratteristiche di
fondo sembrano tracciare i lineamenti di questo panorama, che portano con sè
contemporaneamente domande, prospettive e rischi:
la riduzione dello spazio, creata dall'enorme sviluppo dei
mezzi di informazione, ormai sempre più sofisticati per i risultati
dell'informatica e della telematica;
la riduzione o eliminazione del tempo, con la creazione della
simultaneità degli avvenimenti.
La riduzione dello spazio
Se il primo sentiero
sembra aprirsi, in positivo, alla prospettiva del mondo come villaggio
globale secondo l'espressione di
Mac Luhan dischiudendo la capacità di
agire in interdipendenza, in negativo evidenzia un rischio non
marginale: eliminando lo spazio, la cultura non solo frantuma alcuni punti
fermi del passato che offrivano delle sicurezze, come la patria, il paese, la
Chiesa, ma si avvia verso l'eliminazione della differenza, dell'alterità:
alterità tra uomo e natura, tra uomo e uomo, tra l'uomo e il Tutt'altro...
Centrandosi così sull'ego,
essa non da più spazio allo stupore: l'altro
direbbe Lévinas è, invece,
sempre il volto che son chiamato a scoprire e a contemplare.
L'eliminazione dell'altro
non fa più sorgere il bisogno dell'etica: è sempre l'altro che mi impone una
legge, come limite alla mia libertà, o meglio come armonizzazione di libertà
diverse. Lo spazio, così inteso, diventa simbolicamente il terzo che permette
ai due di comunicarsi e di vivere in unità.
La riduzione del tempo
La riduzione del tempo, a
sua volta, comporta in positivo la domanda dell'attimo presente vissuto
in pienezza, ma rompe pure il racconto della storia, fissando la persona umana
nel frammento.
Cosa che, in profondità,
significa crisi del passato e del futuro: crisi di un'origine che mi
sostenga nel presente (crisi del padre), crisi di una storia che si avveri come
storia di salvezza.
Il disancoramento dal
passato, col crollo delle verità e delle istituzioni legate ad esso, ha tra
gli altri esiti la morte di Dio, che di quel passato è visto come
proiezione: un Dio nemico dell'uomo, perché non salva l'uomo nella sua
esistenza concreta.
La domanda nuova,
emergente proprio dall'ateismo moderno, è allora quella di un Dio che ama
l'uomo: lo accompagna nell'esperienza del male e del dolore, gli offre un
cammino di libertà (superamento della morale come imposizione), gli si rende
conoscibile e visibile (anche se non toccabile al modo di un oggetto
scientifico), gli dona un paradiso non semplicemente antitetico alla vita sulla
terra...
Disancorare il presente
dal futuro significa a sua volta cadere in una cultura rizomatica,
puramente attenta alle pulsioni momentanee, con le tentazioni continuamente
risorgenti di ricadute nostalgiche in momenti sicuri del passato (le destre) o
in proiezioni in avanti senza continuità con quanto ha preceduto (le sinistre).
Gli esiti di tale cultura
sono quelli che vanno sotto il nome di pensiero negativo o nichilistico, che
si presenta sotto maschere molto diverse, nei volti del tragico o della morte e
nelle mille sfaccettature dell'edonismo fino alle esperienze più drammatiche dei
lager.
La domanda di un nuovo
volto dell'Assoluto
In definitiva c'e la domanda
di un nuovo volto dell'Assoluto che si fa presente; un Assoluto che la cultura
ha cercato di rintracciare attraverso molti filoni, senza approdare ad una
risposta vera per l'uomo: si veda tutto il pensiero nietzschiano, dove il
divino, senza alterità, è più una fuga che una soluzione; lo stesso discorso
scientificotecnico, esaltato da alcuni pensatori, si è rivelato finora con
risultati talora contraddittori con la realizzazione dell'uomo (vedi le
critiche spietate di Husserl).
Di qui, la sfida che si
presenta all'evangelizzazione: ritrovare un rapporto Diouomo, in cui Dio,
proprio nella sua Alterità, sia l'inveramento dell'uomo...
Da questo ed in questo
rapporto ritrovato prenderà consistenza e valore e splendore vitale la
coniugazione tra dimensioni diversamente conflittuali: assolutezza e storia,
eternità e tempo, obbedienza e libertà...
La risposta all'ateismo di
oggi non sarà perciò una religiosità generica, ma la riscoperta di quel volto
di Dio, in cui l'uomo si ritrovi come soggetto, proprio perché costituito dal
rapporto con questo Altro.
La chiesa nell'oggi
storico
Entra così in gioco il
compito della teologia e della pastorale... E questa non può non partire, oggi,
da una costatazione: che il pensiero moderno non sempre è anti-cristiano;
piuttosto si pone contro un volto di Dio datato storicamente o, in termini più
positivi, ricerca il volto di Dio...: è questa la convinzione espressa da Piero
Coda, professore all'università Lateranense in Roma, che ha proposto la
seconda riflessione.
Ma prima di cercare di
disegnare i tratti di questo volto alla luce della rivelazione cristiana,
occorre collocarsi il più possibile al cuore del momento storico che sta
vivendo oggi l'umanità. In realtà, l'urgente riscoperta dell'alterità investe
non solo l'esistenza del singolo, ma anche i grandi dinamismi sociali che
attraversano il mondo umano del nostro tempo. Il fenomeno, sempre più evidente,
della planetarizzazione della storia umana mostra, in particolare, come si stia
giungendo a dei punti di non-ritorno che interpellano la responsabilità di
tutti. Le questioni, strettamente interconnesse, della giustizia, della pace e
della salvaguardia della creazione (Sollicitudo rei socialis, Assemblea
ecumenica di Basilea e di Seoul) impongono il superamento di vecchi schemi
quali un modello di sviluppo basati sullo sfruttamento indiscriminato della
natura, la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti, il concetto stesso
di stato nazionale.
L'altro che emerge di
fronte alla coscienza dell'uomo (soprattutto europeo) è costituito dai popoli
del Terzo e Quarto mondo (il rovescio della storia!), dalla natura
in grave stato di degrado, dagli ingenti movimenti migratori che (in
prospettiva) stanno sconvolgendo il secolare assetto socio-culturale del mondo
europeo e, su di un più ampio orizzonte, del mondo intero.
Anche i due grandi
modelli socio-economici ed ideologici che si sono spartiti il mondo in
questo secolo, il marxismo e il capitalismo, non solo hanno subito un crescente
processo di reciproca osmosi, ma come
dimostrano gli eventi a cui stiamo assistendo nell'Est europeo si avviano verso una fase nuova che,
seppure resti tuttora dagli incerti ed ambigui esiti (soprattutto per il
presunto prevalere del modello capitalistico), lascia presagire scenari nuovi e
sinora impensabili.
Da tutto ciò emerge l'esigenza sempre più avvertita di una transizione antropologica, e
cioè della progettazione di un tipo nuovo di uomo, capace di gestire la sfida
di quest'ora magnifica e drammatica della storia dell'umanità(Giovanni Paolo
II). Un uomo capace di affrontare in chiave nuova, non violenta, di rispetto
e di accoglienza, il rapporto con l'alterità. Non da ultimo, anzi in prima
istanza, il rapporto con quell'Alterità che è Dio stesso!
Alla riscoperta
dell'alterità
E' la Chiesa in grado di
offrire una risposta a questa sfida? Ecco la domanda fondamentale che si è
posta la seconda relazione. Certamente, la Chiesa è impegnata essa stessa, in
prima persona, in questa riscoperta dell'alterità: basti pensare al fenomeno,
immenso, delle grandi religioni orientali, sempre più vicine non solo
grazie agli strumenti della comunicazione sociale, ma anche perché sempre più
presenti in mezzo a noi; alla spinta dinamica ed espansiva dell'Islam; o alla
sfida sottile e perniciosa di fronte al
fenomeno del crescente pluralismo religioso di un sincretismo religioso capace di affossare l'originalità
cristiana attraverso l'apparire di nuove forme di sacro gnostico e pre-cristiano...
Ma anche all'interno
stesso del mondo cristiano la Chiesa è sempre più consapevole della sfida
(e della ricchezza !) dell'alterità: già il Decreto sull'ecumenismo del
Vaticano II ha sottolineato come la Chiesa cattolica sa cogliere con riconoscenza
elementi di autentico arricchimento nell'esperienza di altre chiese, come
quella anglicana, evangelica, ortodossa, ecc. Mentre la riscoperta
dell'identità e della missione del laicato (Christifideles laici), e
quella del profilo femminile e mariano della Chiesa (Mulieris
dignitatem), si mostrano come dei preziosi, irrinunciabili fattori di
equilibrio e di arricchimento dell'elemento gerarchico-giuridico ed
apostolico-petrino, tipico della forma cattolica della Chiesa.
Al centro della nuova
evangelizzazione: il Cristo in croce
Tutto ciò spinge oggi con
forza la Chiesa, non senza l'azione di quello Spirito che interiormente la
anima e la rinnova, come mostrano la Pentecoste conciliare e il fiorire dei
Movimenti ecclesiali particolarmente sensibili e attenti alla gestione di
queste sfide, a riscoprire e rivivere la perenne originalità del messaggio,
anzi dell'evento stesso di Cristo. Un evento in cui è la scoperta di un Dio
che è Altro e Prossimo a un tempo, in quanto è Padre, a dischiudere la
realistica prospettiva di un'assunzione di responsabilità nei confronti
dell'altro, in quanto fratello.
L'uomo cui tende la
transizione antropologica del nostro tempo
anche senza avvertirlo è l'uomo
cristico, Cristo come verità dell'uomo. E il volto di Dio che il cristianesimo
annuncia oggi non è il Dio Pantocrator che campeggia nelle absidi bizantine, ma
il Diouomo che grida il suo perché?, in cui ogni perché? è riassunto,
dall'alto della croce. E' Gesù abbandonato il Dio del nostro tempo (Chiara
Lubich), il Dio che solo attraverso questo abbandono ritesse, nella libertà
dell'amore, l'unità della famiglia umana.
In fondo siamo qui ha concluso Piero Coda al cuore di quella nuova evangelizzazione di
cui oggi tanto si parla, e di cui tanto s'avverte l'esigenza. E' da Cristo e
Cristo crocifisso direbbe Paolo ,
verità di Dio e verità dell'uomo, che possono essere congiunte le grandi
sfide dell'evangelizzazione: identità cristiana e dialogo; senso globale
del destino umano e liberazione storica; affermazione della dignità-libertà
della persona e realizzazione di un'autentica comunità umana...
Alcune piste per un nuovo
annuncio
Tutto questo fa pensare ad
una situazione storica favorevole all'annuncio del vangelo, in cui si possono
mettere in luce alcune piste:
La sottolineatura della dimensione mariana dell'essere della
Chiesa, che porta con sè una rivalorizzazione della presenza del
laicato e della presenza della donna;
una ricerca di armonia fra unità e pluriformità, come
sottolineato dal Sinodo straordinario per i venti anni del Concilio, in cui
prendano posto, contemporaneamente e vicendevolmente illuminantisi, l'unità
giuridica e l'unità comunionale;
un annuncio del Vangelo sempre più incentrato sul proprio della
fede: l'incontro con Gesù, che apre alla comunione col Dio-Trinità:
un Gesù che diventa così la verità antropologica fondamentale.
Rifondare la pastorale
Alla luce delle due
relazioni fondamentali si è sviluppato il dibattito e la comunicazione delle
esperienze: se il primo ha avuto il merito di mettere in luce delle prospettive
ideali di una nuova pastorale, le seconde hanno dato evidenza a ciò che già
oggi è realisticamente possibile e insieme suscitano la speranza di un cammino
non puramente utopistico.
Esigenza di fondo,
unanimamente sentita, è quella di ri-pensare e, in certo senso ri-fondare la
pastorale. Alcuni elementi di fondo cominciano ad individuarsi e sono
stati riassunti in un intervento di Silvano Cola.
presentare il volto cristiano di Dio: in Gesù, l'Altro si è
offerto come il Padre di tutti, il cui progetto per l'uomo non è
semplice richiesta di obbedienza in vista del premio, ma è la realizzazione
dell'uomo;
Gesù è questo uomo nuovo, il dover essere dell'uomo
concreto: ciò esige di saper ripresentare tutte le norme morali come una esplicitazione
della sequela di questo modello;
le parole evangeliche appaiono così come altrettanti tasselli di
un cammino di perfezione, intraprendendo il quale la persona umana trova non
solo Dio ma ritrova pure se stessa: l'essere cristiano e l'essere uomo si
ripropongono, come già detto, come un tutt'uno; povertà, castità, obbedienza
diventano dimensioni di questa perfezione, non appannaggio di un'eletta schiera
di cristiani, ma vocazione di ogni uomo in quanto chiamato a realizzarsi nel
Cristo;
la comprensione del Regno di Dio e pertanto della chiesa
non si può ridurre alla sola dimensione religiosa, spirituale, liturgica: come nuova
qualità di rapporti, con Dio e con gli uomini, il Regno di Dio investe
tutti gli aspetti della vita umana;
priorità della pastorale è la creazione di cellule in cui
questa nuova qualità di rapporti sia una realtà effettiva, offrendo così al
mondo il modello di una nuova socialità;
allo stesso tempo, per non permanere nella menzogna esistenziale,
va ripensata a fondo la prassi sacramentale: anziché affidarsi troppo
facilmente ad un ex opere operato, bisogna maggiormente tenere in conto
il significato impegnativo che è insieme presupposto e conseguenza dei
sacramenti: una vita intensa di comunione con Dio e con gli uomini, ad immagine
della SS. Trinità;
si enuclea, in fine, in maniera più aperta, il ministero
presbiterale: non una cura soltanto di coloro che già hanno trovato in
qualche modo la loro appartenenza, ma un tener vivo il rapporto col Cristo, che
apre le dimensioni del cuore su ogni situazione umana, strutturata e non
strutturata...
Tonino
Gandolfo