La Chiesa in Italia verso gli anni '90

in un'intervista con Mons. Antonio Riboldi

 

Con la testimonianza della carità

cambiare il volto di questo mondo

 

a cura di Gennaro Pascarella

 

Mentre la Chiesa in Italia sta mettendo a punto il suo piano pastorale per gli anni '90, uno stimolante giro d'orizzonte a colloquio con il noto vescovo di Acerra. Le riflessioni di un testimone non senza qualche provocazione. Quando faranno la nostra storia diranno: vivevano una Pentecoste continua e non se ne sono accorti.

 

GEN'S: E' conosciuto il suo impegno nel sociale: cosa l'ha spinta a questo?

 

Non esiste per un sacerdote una spinta particolare. Il sacerdote è il ministro della carità  per educazione rosminiana  in forma triplice: carità temporale (sociale o politica), carità intellettuale (culturale), carità spirituale. Le prime due forme di carità servono l'ultima. Quando noi guardiamo l'uomo con queste tre dimensioni si vede dove l'uomo soffre di più per poter immediatamente intervenire ed amarlo, mai soffocando nessuna delle tre componenti. Se io mi riduco semplicemente allo spirituale, ignorando il culturale e il temporale, rischio di avere un uomo fuori del tempo; se mi fermo solamente al politico rischio di avere un uomo tagliato dall'eternità. La sapienza sta nel misurare bene la carità in maniera tale che anche facendo quella temporale si educhi l'uomo e lo si porti a Cristo, perché la carità più grande è rendere un uomo santo.

Poi il fatto di essermi trovato in zone che soffrivano di povertà nel campo temporale  sia in Sicilia, nel Belice, dove ci fu un terremoto, sia ad Acerra, dove i problemi dell'uomo sono molto vivi  porta ad accentuare questa tematica. In fondo, però, un pastore rimane un pastore totale, che predica Cristo e ama l'uomo.

Ricchezze sconosciute del Mezzogiorno

 GEN'S: Dopo tanti anni che Lei ha vissuto nel Mezzogiorno che idea se ne è fatta?

 

In Italia abbiamo una diversità di culture e quindi di comportamenti ed atteggiamenti. La Chiesa avverte che questa diversità deve esistere, ma non deve essere disuguaglianza ed emarginazione. Le diverse culture sono un arcobaleno di modi di pensare e di comportarsi. Il diverso va conosciuto ed accolto. Inizialmente anch'io (brianzolo) ho faticato nell'accostarmi al diverso (il siciliano); ma, educato nella mia congregazione alla carità, immediatamente mi sono messo in ascolto. Non valeva, infatti, la carità come la pensavo io, ma la carità era servizio ad un altro, capire l'altro e inserirsi nell'altro senza mai fare una colonizzazione, cercare di aiutare l'altro a diventare verità di sè stesso, accettandolo ed accogliendolo umilmente. Ho scoperto enormi ricchezze nel Sud che non conosciamo per una non-cultura che vi è a livello nazionale. E il non conoscere porta al disprezzo degli altri. La carità è riconoscimento della persona, è promozione della persona; ma se non c'è una buona cultura è difficile fare una buona carità.

Certo non mancano elementi negativi, che riassumerei in tre linee portanti:

 

 spirito di rassegnazione: tanto non cambia niente! (il gattopardo); a questo si contrappone il protagonismo;

 il vittimismo: piangersi addosso; e qui bisognerebbe dare voce al proprio lamento, dare coscienza;

 la violenza organizzata.

Questi tre modi di essere sono prodotti dalla storia, esistono; ma non basta fermarli, bisogna capire come si può uscirne.

 

GEN'S: Come si pone la Chiesa nel Mezzogiorno, sta diventando veramente un punto di riferimento per il popolo?

 

La Chiesa è il popolo. Dire Chiesa e popolo sarebbe dire che la Chiesa è astratta da un luogo: la Chiesa siciliana è il popolo siciliano. Il compito del Magistero nella Chiesa è quello di essere pastore, di essere guida. E nel Sud il Magistero è un punto forte. Certo, per avere una partecipazione globale di tutto un popolo a darsi ed essere coscienza critica, ci vuole un cammino non facile.

 

La Chiesa degli anni '90: rifare il volto di Cristo

 

GEN'S: Evangelizzazione e testimonianza della carità: Piano Pastorale per gli anni '90. Come immagina la Chiesa degli anni '90?

 

La tematica della carità già dice molto. In un mondo, che corre sempre più verso il soggettivismo, ignorando l'altro, la carità è una sfida. Se guardiamo bene in fondo, l'individualismo e il soggettivismo  che si manifestano nell'economia, nella politica, in tutti i campi fino al razzismo  sono esattamente il contrario dell'uomo secondo la creazione. Dio ha creato l'uomo per Sé e per gli altri, mai individualista. La carità è il fondamento e la nobiltà di ogni fede, di ogni azione, di ogni vita.

Negli anni '90 la tematica della carità, se sviluppata bene, se testimoniata bene, dovrebbe cambiare il volto di questo mondo, che sta andando allo sfascio. La carità è  come il volto della Veronica  smacchiare il volto dell'uomo per rifare il volto di Cristo. E' il compito della Chiesa degli anni '90.

 

Superare l'individualismo della pastorale e del sacerdote

GEN'S: All'interno della Chiesa, per essere all'altezza di questo compito, Lei cosa vede che dovrebbe cambiare, dove dovrebbe avvenire una svolta?

 

Il primo esempio lo dobbiamo dare noi vescovi nella collegialità. E' vero che ci sono le conferenze regionali, ma non siamo ancora nella comunione come dono della Trinità. Credo che non facciamo nessuno scandalo a dire che anche noi siamo in un cammino e da noi dovrebbe partire il buon esempio. La collegialità dei vescovi e con il Papa: ecco il punto primario.

Il secondo gradino da verificare è la comunione dei presbiteri tra di loro. Molte volte le parrocchie sono esasperazione di individualismo; le attività sono esibizioni individuali, che ignorano la necessità del vicino. Nel corpo  mistico non c'è mai un'affermazione personale a scapito di un altro, il male di uno diventa il male dell'altro;  quindi la tua riuscita in parrocchia non ha senso se l'altro non riesce (è lo stesso corpo!). Questo individualismo pastorale e sacerdotale diventa solitudine, di cui ci lamentiamo. Comunione è mettere in comune tutte le preoccupazioni della Chiesa in cui si vive, del luogo in cui si serve, ma non ignorando gli altri. Questa comunione presbiterale è di necessità vitale, perché senza di essa continueremo a zoppicare. E tutto in comunione con il vescovo, senza il quale non esiste nemmeno comunione presbiterale.

Terza comunione tutta da inventare: il sacerdote che diventa servo di comunione all'interno della sua parrocchia. Non esiste ancora abbastanza comunione tra sacerdoti e parrocchiani, esiste ancora troppo paternalismo. Deve crearsi una nuova mentalità: il sacerdote creatore e centro dell'unità. Questo porta i laici a scoprire i propri talenti e il sacerdote a valorizzarli e discernerli fino al punto che tutti siano a servizio in maniera ordinata e rispettosa.

Fatta questa comunione di carità possiamo andare verso gli altri come missionari della carità Se non risolviamo la carità all'interno, che missione portiamo all'esterno?

Queste sono le necessità, le vie della Chiesa oggi.

 

Diocesi italiane: la gente si attende molto

GEN'S: Lei ha visitato tante diocesi italiane: quali i punti problematici riscontrati e quali le linee positive emergenti?

 

Visitando le chiese italiane io noto che di positivo c'è un grande sforzo missionario, la coscienza che bisogna cambiare. Mancanza di giovani, troppa gente vecchia, messaggio non ascoltato, parola che sembra scivolare via, carità che non riesce ad esprimersi... sono mali un po' di tutti. Il male peggiore è quello di mancare di speranza, dire: Come facciamo? Tiriamo avanti! Sopravviviamo!

Vi è in questo momento molto ascolto della Chiesa. La gente fuori si attende molto e quindi nasce oggi il bisogno non tanto di predicare una fede, ma di essere testimoni di una fede. Da questo bisogno di carica di carità viene fuori l'esigenza di formazione politica, di essere presenti nel territorio, di essere dove c'è emarginazione.

Nelle chiese italiane  almeno a livello di utopia e di programmazione  ci sono due grandi tensioni oggi: evangelizzare e voler bene.

Sacerdoti  |domani:
non attivisti ma al servizio
di Dio nell'uomo

GEN'S: Come vede la situazione dei sacerdoti e cosa si augura per loro, anche in vista del prossimo Sinodo dei vescovi sulla formazione al ministero sacerdotale?

 

Credo che tutti i sacerdoti sono, senza volerlo, vittime del tempo; figli del tempo non riescono a segregarsi, a distaccarsi dal tempo. E il tempo di oggi è secolarismo, è egoismo, è lasciar perdere. Il sacerdote ha bisogno di una profonda revisione interiore.

Condivido in pieno quello che dicono i Lineamenta: il sacerdote deve diventare testimone del mistero. Questo fa del sacerdote non un diverso, ma un testimone di quello in cui gli uomini non credono più.

Il prete lo vedo non attivista, ma uomo di Dio molto contemplativo, che viaggia non perdendo di vista nè Dio nè l'uomo. Quando il prete non vede l'uomo, non vede neppure Dio; quando vede l'uomo, vede anche Dio. Il prete deve capire e vivere in profondità lo spirito di povertà (nei Lineamenta non è accennato sufficientemente). Povertà intesa non tanto come mancanza di ricchezza, ma disponibilità di tutto quello che si è per gli altri; non voglia di carriera, non voglia di soldi, ma umiltà e carità. Riprendere, in fondo, quello che ha detto Gesù: imparate da me che sono mite e umile di cuore.

Questo è l'obiettivo di un prete domani.

 

Chiesa  e giovani: uscire dalle mura per testimoniare

GEN'S: Nei suoi numerosi incontri con i giovani (nelle marce, nelle scuole, negli incontri organizzati da organismi ecclesiali) quali le problematiche e le richieste emergenti? E la Chiesa come sta rispondendo?

 

Definirei tanti giovani, delle centinaia di migliaia incontrati, con una frase del cardinale di Parigi: accampati alle porte della città, vale a dire che prendono tutto dalle strutture (famiglia, Chiesa, stato), ma le rifiutano. Bisognerebbe che la Chiesa esca dalle mura, provi ad abitare nelle loro tende.

 

Ho notato che i giovani hanno voglia di verità e la verità la pongono in qualcosa di esperienziale, per cui si lasciano trascinare quando trovano una persona che sia testimone del vero. Il testimone può essere un laico, per esempio, un Della Chiesa o un Mattarella o un Moro, che si fanno immolare, o un Ghandi o una Madre Teresa di Calcutta nel campo della fede. Il testimone, anche se non pare, è una verità buttata in faccia, di cui il giovane si innamora.

 

I laici: occore prendere coscienza

GEN'S: Secondo Lei quale è il ruolo dei laici nella Chiesa? Cosa devono fare per crescere?

@W11

C'è bisogno di una catechesi, come ha fatto Giovanni Paolo II nell'Esortazione Christifideles Laici, dire al laico chi è nella Chiesa, farlo uscire dal catecumenato  in cui è vissuto perennemente da tanti secoli  come protagonista nella Chiesa. Gesù per Chiesa intendeva il suo popolo; non ha mai detto a uno: fai questo e agli altri: stai fermo, ma ha chiamato tutti  come nella parabola degli operai della vigna  a diverse ore e a diversi compiti. Tutti siamo ugualmente responsabili come tutti siamo eguali in dignità (cf. LG 32).

 

E' certo che ogni laico possiede qualche dono  lo afferma san Paolo  a servizio della comunità e del mondo; ma tante volte non lo sanno, perché li abbiamo educati a non fare. Il laico ha bisogno intensamente di prendere coscienza e il prete deve educarli a prendere coscienza, anche se domani, una volta che il laico ha preso coscienza, il prete sarà ridotto alle proporzioni giuste, diminuendo quello che si può chiamare clericalismo. Ci vuole, comunque, una pazienza nell'educare!

 

I movimenti ecclesiali: lo Spirito non può andare contro lo Spirito

GEN'S: Qual'è la sua impressione sulla presenza dei movimenti nella Chiesa italiana?

 

Un movimento, quando è vero (importante è il discernimento), è un'azione dello Spirito. Tutta la storia della Chiesa è fatta di movimenti, di congregazioni, di ordini. Nei movimenti attuali  a differenza di quelli del passato  i laici sono mobilitati, sono protagonisti.

E' importante che ogni movimento sappia qual è il suo carisma e ne faccia un servizio; non accetti mai l'affermazione, ma crei comunione. Tutti i mali dei movimenti, quando ci sono stati, sono venuti dall'essersi distaccati dalla comunione, dall'affermare il carisma a danno della comunione. E questo è stato un male, perché non è più Chiesa, non è più carisma: lo Spirito non può andare contro lo Spirito. Ma sarebbe anche un negare lo Spirito Santo non dar gloria a Dio per i movimenti che ha suscitato. Di quei pochi movimenti che conosco per esperienza non posso dire che bene.

La presenza di un gruppo di focolarini nella mia diocesi è una ventata di vita di preghiera, di vita della Parola e una voglia di servizio alla Chiesa. Accetto tanto la loro presenza che ho immesso alcuni sacerdoti diocesani, che vivono questa spiritualità, nella curia pastorale, perché data la loro comunione, la loro disponibilità, mi assicurano un servizio a tutta la Chiesa.

Per me nella Chiesa possono esistere tutti, importante che la Chiesa non ne soffra, ma cresca.

 

Scuole di formazione politica: nessuno può tirarsi indietro

GEN'S: Lei ha aperto varie scuole di formazione politica in diverse chiese italiane: come ha presentato questa dimensione fondamentale della vita, a volte disprezzata o trascurata? Quale consiglio darebbe a chi sta per avviarsi nella politica attiva?

 

Per scuola di formazione politica la Chiesa intende educazione dell'uomo al bene comune. Bisogna eliminare un fraintendimento, per cui per politica si intende semplicemente la presenza nei luoghi dove si crea bene comune (partiti, governi, regioni, comuni, economia, sindacati). La formazione della scuola politica è innanzitutto formazione a vivere politicamente la vita, alla luce della Parola di Dio come carità. E allora nessuno può tirarsi indietro, può dare deleghe, essere indifferente, non sentirsi protagonista.

Quando poi uno, oltre all'educazione politica, intuisce che ha un carisma, una chiamata ad operare in dette strutture, deve ricordarsi che se è cristiano vale sempre il grembiule di nostro Signore Gesù Cristo e la competenza.

La diocesi di Acerra: hanno risposto le fasce più difficili

GEN'S: La Chiesa di Acerra sta facendo un cammino di comunione sulla scia del Concilio, quali le linee-forza di questa esperienza?

 

Missionarietà e comunione sono state le linee portanti della nostra Chiesa. Educazione permanente a queste realtà e storia della crescita della nostra Chiesa sono stati i convegni diocesani annuali, che io amo definire Pentecoste rinnovata.

Da quando mi è stata affidata questa Chiesa, ormai sono undici anni, non ho mai permesso che la Chiesa si ghettizzasse nelle parrocchie; ma ho sempre inteso una Chiesa che crescesse insieme. Il piccolo programma non innestato in un cammino può condannare al pessimismo.

Sono arrivato ad Acerra, quando questa Chiesa per ben 12 anni era stata senza vescovo. Per me è stato puntare all'implantatio Evangelii, all'implantatio Ecclesiae.

Ho trovato molte difficoltà, ma anche tanta disponibilità. Non saremmo arrivati a certe celebrazioni dei convegni, se non ci fosse stata questa disponibilità. Dio può mandare tutte le grazie, ma occorre la risposta. E incredibilmente hanno risposto quelle che sono le fasce più difficili in Italia: i giovani.

 

Operatori  pastorali: è Cristo che scrive la storia

GEN'S: La nostra rivista va in mano a sacerdoti, seminaristi e anche operatori pastorali. Cosa direbbe a queste persone?

 

Noi siamo alle soglie del 2000. Impressiona come il Santo Padre viaggia decisamente come un globe trotter  così si è definito  verso il 2000; impressiona come lo scenario del mondo cambi: basti pensare alla Polonia, alla Russia... E' proprio vero che la Chiesa, il Papa, in questa corsa non hanno contribuito a cambiare il mondo?

Allora direi agli operatori pastorali: bisogna mettere da parte grettezze, ragionamenti di gruppo o di diocesi, avere un po' le ali di Pietro, pensare che la storia la scrive Cristo. Molte volte le storie delle nostre chiese hanno il difetto di essere scritte dalle nostre mani, quindi piene di errori. Il Signore ci ha dato la grazia di vivere questo tempo: tempo di cammino veloce. Quando faranno la nostra storia diranno: vivevano una Pentecoste continua e non se ne sono accorti! Guai a noi, perciò, se non ce ne accorgiamo.

 

a cura di Gennaro Pascarella