Il nuovo anno si è aperto
nello stupore e nella gioia per aver assistito ad avvenimenti fino a ieri
imprevedibili. Mai nella storia si sono verificati rivolgimenti sociali così
profondi senza spargimento di sangue. Per la prima volta la vecchia Europa dà
al resto del mondo un prezioso esempio di saggezza: uomini formati sotto
ideologie contrapposte cercano nel dialogo la via della mutua comprensione.
Da quasi cinquant'anni,
infatti, eravamo abituati a vedere il mondo diviso in due blocchi: da una parte
s'imponeva il capitalismo che in nome della libertà individuale giustificava la
sua strategia, promettendo a tutti i suoi seguaci il paradiso in terra;
dall'altra parte il comunismo ripeteva la stessa promessa, brandendo la bandiera
della giustizia sociale. In realtà la storia ci ha poi mostrato, in così breve
tempo, che nessuno dei due sistemi è riuscito a mantenere la sua promessa.
Nel mondo comunista c'è la
fame non solo di pane, ma soprattutto di libertà. Il capitalismo, da parte sua,
non è in posizione migliore, perché ha generato pochi ricchi sempre più ricchi
che spadroneggiano sulle ricchezze della terra, e caterve di poveri sempre più
poveri che ormai non sopportano più il loro degrado.
Libertà ed uguaglianza,
due valori umani, che sradicati dal loro fondamento, non sono riusciti ad
attecchire e non hanno potuto dare i frutti del vero benessere; due valori che
nel cristianesimo sono inseparabili e si fondono sulla fede in un Dio, Padre di
tutti, per cui tutti siamo fratelli.
Noi cristiani, abituati a
leggere i segni dei tempi, non possiamo gioire per i fallimenti altrui, ma ci
sentiamo chiamati ad un profondo esame di coscienza per verificare se stiamo
annunziando con i fatti e le parole l'autentico Vangelo di Cristo.
Il muoversi della storia è
una grossa sfida non solo per gli uomini politici di qualsiasi credenza, ma
soprattutto per le componenti del mondo ecclesiale. Se i grandi della terra
vanno dal Papa, certamente non è per chiedergli aiuti economici, ma l'impegno dei
cristiani a vivere i loro valori religiosi divenuti ormai indispensabili per
una convivenza politicamente pacifica ed economicamente vantaggiosa.
Le comunità cristiane
nelle loro varie espressioni, come la parrocchia, la diocesi, i movimenti
ecclesiali, le comunità religiose, devono diventare sempre più luoghi di
comunione e scuole di formazione. Qui devono essere affrontati e
avviati a soluzione i problemi grandi e piccoli della vita quotidiana, affinché
il nostro annunzio della fratellanza umana universale diventi credibile al
mondo. Qui si deve vivere fino in fondo un'esperienza di comunione e
partecipazione in modo che da questa esperienza escano uomini politici
capaci di collaborare con tutti gli altri uomini di buona volontà per dare al
mondo contemporaneo nuove strutture politiche e sociali, dove tutti gli uomini
come singole persone e come popoli possano sperimentare la gioia di scambiarsi
non solo i loro beni materiali, ma anche quelli spirituali e culturali.
Non sarà questo il
contributo di fede che il mondo d'oggi si attende da noi cristiani? E non è in
questa direzione che lo Spirito stesso sta già operando in ambienti per noi
fino a ieri impenetrabili?
E. P.