Uno studio teologico

L'ABBANDONO DI GESÙ E LA TRINITÀ/2 

a cura di Hubertus Blaumeiser

 

L'abbandono di Gesù in croce, culmine e centro del mistero cristiano -, questa la prospettiva emersa dallo studio esegetico di Gérard Rossé, del quale ci siamo occupati la volta scorsa. E' proprio in questa prospettiva, sviluppata però in chiave ermeneutico-sistematica, che si colloca Piero Coda - ben noto ai lettori di Gen's - con il suo recentissimo Evento Pasquale, Trinità e Storia. Genesi, significato e interpretazione di una prospettiva emergente nella teologia contemporanea. Verso un progetto di ontologia trinitaria (Roma 1984).

Lo studio - a cui è premesso un saggio introduttivo ricco e puntuale di Carmelo Nigro (professore di dogmatica presso l'Università Lateranense di Roma), uno degli studiosi italiani più attenti nell'approfondimento di tale prospettiva ermeneutica in campo teologico - si mostra sin dalle prime pagine acutamente sensibile di fronte al travaglio del mondo moderno: l'oggi culturale caratterizzato dall'assenza di Dio, che vive una crisi la quale scuote non solo la fede ma le stesse fondamenta dell'esistenza e del pensiero. Come fare teologia, in questo contesto ? Come stabilire ancora, tra cultura e fede, un ponte che sia insieme autentico dal punto di vista cristiano e significativo per l'uomo contemporaneo ?

C'è chi vi ha rinunciato a priori, concependo la teologia come una riflessione che ha da essere più che altro coerente al suo interno e con le sue radici, rintracciate nella rivelazione; e grandi teologi, come Barth e meno fortemente von Balthasar, ne hanno fatto addirittura questione di principio, in nome della novità evangelica. C'è invece chi non ha mai voluto concepire la teologia se non come dialogo aperto col mondo attorno, cimentandosi in vari tentativi di sviluppare un'ermeneutica del mistero cristiano: dalle posizioni più radicali della «teologia della morte di Dio» di una Dorothee Sölle alla « svolta antropologica » di Karl Rahner, dai tentativi di elaborare una teologia alla luce del pensiero dialettico hegeliano di un Hans Kung o un Jürgen Moltmann alla teologia politica di Johann Baptist Metz, o alla « teologia della liberazione» latino-americana. Tutti questi tentativi suscitano tuttavia un interrogativo: si tratta spesso di ermeneutiche suggerite forse più dalle situazioni in cui la Chiesa si trova oggi ad operare e ad annunciare il Vangelo, che non dal centro del mistero cristiano.

 

Un  «kairós» particolare

 

Su questo sfondo si staglia la specificità del volume di Piero Coda, nel proporre una ermeneutica del mistero cristiano che parta « dal centro ». Ma qual è questo centro, se non è l'uomo, e se il mondo moderno non accetta più di porlo in Dio semplicemente ?

Per rispondere a questa domanda l'autore si pone in profondo ascolto dell'oggi culturale e teologico. Esaminando un orizzonte bibliografico vastissimo, costata come nell'attuale teologia si vada stagliando una prospettiva sulla quale convergono teologi di tutte le confessioni cristiane, e che va sempre più concentrandosi attorno ad un medesimo punto: l'Evento pasquale.

Questa concentrazione sulla morte e risurrezione di Gesù è dall'altra parte in profonda sintonia col dramma che sta vivendo il mondo moderno e che l'autore richiamando l'attenzione su un'espressione di Giovanni Paolo II - interpreta come una « notte oscura epocale e collettiva » della cultura occidentale, e quindi come una crisi interiore del cristianesimo europeo (cf pp. 45-48). L'angosciosa domanda che il mondo contemporaneo esprime è in realtà proprio quella sul significato del Venerdì Santo: «Gesù, morte definitiva di Dio, e dunque morte dell'uomo? o partecipazione-rivelazione di un nuovo modo di essere e di presenza di Dio fra gli uomini?» (p. 42).

Nella comune attenzione per il mistero della morte di Gesù, cultura odierna e teologia hanno cominciato ad incontrarsi di nuovo. Sta emergendo di qui una nuova prospettiva carica di significati e di promesse. Ecco perché Piero Coda - a conclusione della prima parte del libro - esprime la convinzione che la Chiesa e il mondo a conclusione del secondo millennio stiano vivendo un «particolare "kairos"» (p. 67), e si propone di proseguire ed approfondire la sua analisi su queste piste: cosa comporta tale emergere del mistero pasquale - visto fin dall'inizio dall'autore nel suo legame strettissimo con quello trinitario - per la teologia ? E cosa comporta nell'incontro odierno tra cristianesimo e cultura ? Nell'impossibilità di render conto su queste pagine della vasta impresa - ricca per di più di molteplici spunti da approfondire - ci limitiamo solo a qualche cenno.

 

L'evento pasquale - chiave al mistero cristiano

 

Ad un'approfondita lettura, l'Evento pasquale si rivela come la chiave di tutto il mistero cristiano. In questa prospettiva Piero Coda rivisita su una quindicina di pagine - nella terza parte del volume, che tira le fila della precedente ricerca - tutti i grandi temi della teologia; letti nel loro nesso vitale col mistero pasquale, essi - gli aspetti trinitario, cristologico, soteriologico, pneumatologico, ecclesiologico del mistero cristiano - si compongono in una sintesi densissima e viva, che non ha nulla di artificioso. Vediamone, brevemente, qualche punto.

a) Evento pasquale e Trinità. Al suo livello più profondo, l'Evento pasquale come abbandono, morte e risurrezione di Gesù - si rivela come «epifania storica del mistero trinitario» (p. 163); manifesta cioè il dinamismo intimo della vita stessa di Dio: il reciproco "perdersi" completo nello Spirito del Figlio come dono al Padre, e viceversa - aspetto manifestato sul piano umano dall'annichilimento dell'umanità di Gesù nell'abbandono e nella morte -, fa sì che ciascuna delle divine Persone possa « ritrovare » se stessa nelle altre due, realizzando nell'estasi dell'amore la propria « instasi » - aspetto manifestato sul piano umano dalla risurrezione di Gesù (Cf. p. 167).

b) Evento pasquale, Trinità e Chiesa. I1 dinamismo di mutua inabitazione delle divine Persone attraverso il dono totale di sé - chiamato nella tradizione teologica pericoresi - non viene solo rivelato nell'Evento pasquale, ma viene pure partecipato per lo stesso Evento all'umanità e al cosmo. Attraverso la pericoresi teandrica delle due nature di Cristo, consumata nell'abbandono in croce e nella risurrezione, la pericoresi trinitaria tra Padre e Figlio nello Spirito Santo viene partecipata all'umanità, che diviene pertanto umanità divinizzata, Chiesa: pericoresi tra Cristo-capo e membra (Cf p. 169).

c) Evento pasquale e salvezza dell'uomo. Accenniamo qui brevemente alla dimensione soteriologica, focalizzata in modo originale sulle orme di un cenno della Commissione Teologica Internazionale. Il mistero pasquale abbraccia in sé anche il negativo umano, fino a quel rifiuto dell'uomo di vivere la sua libertà nell'amore in cui consiste il peccato: «Qualunque sia la lontananza dell'uomo peccatore nei riguardi di Dio, essa è sempre meno profonda del distanziarsi del Figlio rispetto al Padre nel suo svuotamento chenotico (Fil 2, 7) e della miseria dell’abbandono» che, sul piano divino, non è altro che la rivelazione della distinzione delle Persone della Trinità, all'interno della loro unità di amore (Cf p. 162).

Dai pochi cenni proposti si intuisce come quello del mistero. pasquale non sia l'emergere di un nuovo «tema» in teologia, ma piuttosto di un nuovo orizzonte che abbraccia ed unifica l'intero mistero cristiano, spalancando prospettive di approfondimento ancora tutte da esplorare.

 

Una risposta alle istanze della cultura moderna

 

Ma la ricerca di Piero Coda sul significato dell'attuale "riscoperta" del mistero pasquale si spinge oltre, verso una proposta più radicale: la rivelazione dell'Essere di Dio nell'abbandono di Gesù - visto in stretto legame con la realtà complementare della risurrezione - non rende necessaria e possibile una visione completamente rinnovata non solo del mistero cristiano, ma di tutto il reale? Non deve scaturire da essa una nuova comprensione del dinamismo dell'essere che superi la secolare e unilaterale concentrazione su quello che sono le cose (e le persone) in sé ?

Prendendo spunto da uno scritto programmatico di Klaus Hemmerle - le Thesen zu einer trinitarischen Ontologie apparse nel 1976 ed approfondendone in modo originale le prospettive, Piero Coda disegna in chiusura del volume le linee di una visione dell'essere così rinnovata. Il punto d'incontro tra fede e cultura contemporanea sembra consistere in una comprensione dinamica del reale e della persona, che sappia congiungere l'essere e la storia, l'essere e il negativo (non essere), la libertà e la comunione, l'unità e la distinzione. Queste istanze cessano di apparire inconciliabili laddove, facendo tesoro delle acquisizioni sia della filosofia classica dell'essere sia del pensiero dialettico moderno, si elabori una nuova ontologia - cioè una nuova comprensione dell'essere - in chiave pasquale-trinitaria: un'ontologia che concepisca l'essere non più staticamente ma dinamicamente come amore « trinitario », amore che è solo attraverso un momento interiore di negatività, di « non-essere », come dono di sé all'altro.

Questa nuova visione del reale, secondo l'autore, conosce vari « livelli »: si prospetta in modo aurorale già al livello della creazione; si verifica in modo anticipativo-prolettico laddove la creazione - per l'Evento pasquale - entra nel dinamismo della « divinizzazione »; divenendo partecipe della pericoresi trinitaria; e si compie finalmente nella piena comunione dell’eschaton (cf. p. 178).

Concentrandola al massimo, Piero Coda sintetizza così la prospettiva proposta: «il senso risolutivo dell'essere (Sinn vom Sein) si rivela come amore trinitario (o pericoresi) vissuto per essenza in quell'Essere-Amore che è il Dio Trino, e per partecipazione nell'umanità creata, redenta e divinizzata» (p. 177 s.). La specificità di questa affermazione sta nel non relegare l'Evento pasquale in ambito teologico. Esso rivela lo stesso dinamismo del reale come dinamismo d'amore. Lo si scopre come iscritto nel cuore stesso dell'Essere.

 

Una concezione rinnovata della persona e della libertà

Le implicazioni manifestano la fecondità della prospettiva disegnata e sviluppata dall'autore in dialogo con la cultura filosofica e teologica contemporanea, e maturata all'interno di quel gruppo di studiosi riuniti attorno alla rivista « Nuova Umanità ».

Vorrei soffermarsi solo su due di tali implicazioni:

1) Una prospettiva così disegnata risolve in definitiva la vecchia dialettica aporetica individuo autonomo-comunione. All'interno di un'ontologia trinitaria - così Piero Coda - unità e distinzione sono infatti due momenti cooriginari. Non si possono separare individuo e comunione, né attribuire il primato ad uno dei due aspetti. La persona è « pericoresi »: si attua attraverso l'unità-nella-distizione con le altre persone, sia nella dimensione verticale - cioè nel rapporto con Dio - che in quella orizzontale - rapporto con gli altri uomini: dimensioni anch'esse inseparabili (cf pp. 178-180).

2) La definizione della persona come « pericoresi » è strettamente connessa ad una concezione trinitaria-pasquale della libertà - parola « magica» dell'età moderna. L'autore definisce la libertà della persona come « capacità » di "non-essere" nel dono », come chiamata della persona ad « essere se stessa (instasi) nella estasi verso l'altro », secondo il « Paradigma increato che “è” persone in quanto "non è" solo in Sé, ma è cooriginariamente in Sé e nel1'Altro » (p. 181).

Non possiamo non sottolineare una conseguenza importantissima: nella nuova concezione della persona e della libertà che sorge dall'Evento pasquale, l'esperienza moderna del negativo e della morte e l'esperienza di Dio si incontrano. Al di là della « notte oscura epocale e collettiva » di Dio si delinea un nuovo modo di conoscere Dio che, prima di essere esercizio mentale è partecipazione esistenziale al mistero stesso di Dio attraverso l'amore, svelato e comunicato dal Cristo abbandonato.

Concludiamo la nostra presentazione con qualche accenno al metodo. La ricerca è condotta secondo un metodo storico-speculativo che non conosce astrattezza delle idee, ma le vede sempre ancorate alla storia e alle persone che le propongono. Fedele alla definizione dalla persona proposta, l'autore espone il proprio pensiero in un continuo e profondo ascolto-dialogo con chi prima di lui e insieme a lui sta facendo teologia. .

Da questo dialogo emerge, lungo la seconda parte dell'opera, un'originale strumento espressivo del mistero cristiano, che si avvale sia dell'apporto della grande teologia medioevale che di quello del pensiero dialettico moderno, sintetizzati dall'autore in un'«analogia caritatis» articolata attentamente anch'essa alla luce del mistero pasquale (cf la «Mappa dell'epistemologia analogica» a conclusione del 2° cap., pp. 129-132) che, per la sua distinzione avveduta tra i vari livelli del reale e la grande precisione terminologica, appartiene anch'essa ai contributi fondamentali di questa opera che - lo si sarà compreso - non è semplicemente un nuovo testo in teologia. Con la sua ermeneutica pasquale-trinitaria della fede e della cultura, il libro di Piero Coda è segnale inequivocabile e testimonianza illuminata delle dimensioni di una svolta epocale ormai in atto, che - ci pare - è ben più di quella « antropologica » dalla quale nacque l'età moderna.

Hubertus Blaumeiser