La sfida del Concilio: un ricordo di Karl Rahner

SPERANZA UNIVERSALE

 

Il 31 marzo scorso, poche settimane dopo aver celebrato il suo 80° compleanno, moriva il teologo gesuita Karl Rahner. Riportiamo di lui, teologo del Concilio e appassionato promotore del dialogo fra teologia e mondo moderno, alcuni brani da un suo recente articolo.

« Quando studiavo teologia 50 anni fa, a noi giovani teologi veniva proposta come indubitabile la dottrina che un ateismo positivo non può esistere a lungo in un individuo senza grave colpa personale dello stesso. E' facile immaginare quali fossero le necessarie conseguenze di una tale dottrina sul comportamento di un cattolico nei confronti di un ateo (...). Stando a tale dottrina, oggi dovremmo essere convinti di essere circondati da innumerevoli empi e trarne le necessarie conseguenze a livello pratico. Di essa in sede conciliare non si fece parola...

« II Concilio afferma (...) che la provvidenza divina non nega ciò che è necessario per la salvezza a coloro che senza loro colpa non sono ancora giunti all'esplicito riconoscimento di Dio e che, tuttavia, non senza la grazia divina, si sforzano di vivere in maniera moralmente retta (Lumen Gentium, 16). II Concilio dice inoltre che tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore la grazia opera in modo invisibile, sono uniti al mistero pasquale in un modo noto a Dio (Gaudium et Spes, 22). Cento anni fa non si sarebbe trovato, credo, un solo teologo cattolico che osasse sostenere queste e altre affermazioni del Concilio sull'ateismo e sugli atei...

« La Chiesa pensa che possa esistere anche (seppur non unicamente!) una forma di ateismo non colpevole, perlomeno per ciò che concerne il singolo uomo concreto nella sua individuale storia di salvezza (...). Con le affermazioni che stiamo analizzando, (...) essa ha acquisito una posizione a partire dalla quale può entrare in un vero dialogo d'amore con tutti gli uomini...

« (II Concilio) afferma infatti che persino colui che pensa di dover essere ateo è collegato al mistero pasquale di Cristo purché segua il dettame della sua coscienza; afferma inoltre che ogni uomo, in un modo noto solo a Dio, è in rapporto con la sua rivelazione e può effettivamente credere, dando a questo termine il senso teologico di un'azione salvifica. Anche coloro che cercano nelle ombre e nelle immagini il Dio sconosciuto, dice il Concilio, non sono lontani da quel Dio che vuole salvi tutti gli uomini...

« La speranza universale è un dono del Concilio che rimane: come dono e come compito. Non siamo dunque di fronte a compiti tremendi che la teologia è ben lungi dall'aver esaurito ? »...

Karl Rahner

 (Da: Istanze teologiche disattese del Vaticano II, In « Rassegna di Teologia » n. 1, 1984, p. 1-17).