Parola di vitamaggio 1984

L'OPERA PIÙ GRANDE

 

« In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre » (Gv 14, 12).

 

E' questa una di quelle affermazioni di Gesù che appaiono più sbalorditive: come mai i suoi discepoli potranno fare opere come le sue o addirittura superiori alle sue ? Non sono miracoli su miracoli quelli che egli ha compiuto durante la sua vita, come leggiamo nei Vangeli ? Non ha Gesù persino risuscitato i morti ?

Ma forse si può capire quello che egli ha detto approfondendo ciò che qui intende per opere « più grandi ».

Ma andiamo con ordine.

E' la vigilia della sua passione. Durante l'ultima cena, egli, fra le cose sublimi che dice e opera per preparare i discepoli fino alla fine, parla anche della sua unità col Padre, così evidente nelle sue opere. A questo punto afferma:

 

« In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre».

 

Gesù incomincia dunque col suo solenne: « in verità vi dico ». Con esso egli annuncia l'importanza e la profondità di ciò che sta per dire.

E subito si riferisce « a chi crede »: non soltanto dunque ai discepoli presenti o ad alcuni privilegiati, ma ad ogni cristiano. Chi crede in Cristo, chi è unito a lui e vive della sua vita, è in grado di compiere le opere che egli compie, anzi ne farà di più grandi.

Come si vede, Gesù non intende parlare qui di qualsiasi azione, ma di quelle che compie lui, in continuità cioè con tutto ciò che egli ha fatto, per riaprire agli uomini la comunione col Padre, per comunicare loro la salvezza.

E non significa che i discepoli saranno superiori al Maestro, perché, attraverso il loro operare, è Gesù stesso che, anche dopo il suo ritorno al Padre, continua ad agire nel mondo.

 

« In verità, In verità vi dico: anche chi crede in me compirà le opere che lo compio e ne farà di più grandi, perché lo vado al Padre».

 

Quanto alle «opere più grandi», che Gesù farà mediante chi crede in lui, si può pensare ai miracoli compiuti dai discepoli, alle conversioni avvenute per la predicazione in maggior numero di quelle operate da Gesù; o all'annuncio del Vangelo fatto dai cristiani in tutto il mondo, mentre Gesù è rimasto tra i confini della Palestina. Ma, certamente, la grandezza di queste opere non sta tanto nell'aspetto esteriore, nel numero o nella estensione geografica.

Le «opere più grandi» consistono essenzialmente nel dare agli uomini la vita divina, la forza dello Spirito e, quindi, l'adozione a figli di Dio. E questa Gesù la otterrà in pienezza soltanto nella sua morte e risurrezione. Egli comunicherà questa Vita quindi dopo la sua trasfigurazione gloriosa: e lo potrà fare attraverso le opere dei discepoli.

Dice, infatti, Gesù: « Perché io vado al Padre ». La partenza di Gesù non interrompe la sua attività di salvezza del mondo, ma ne assicura la crescita e l'espansione; non significa la separazione dai suoi, ma la sua presenza in loro, reale anche se invisibile. E' l'unità con lui risorto che li fa capaci di compiere « opere più grandi », di riunire gli uomini col Padre e fra loro.

 

In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre».

 

Come vivere questa Parola ?

Dipende da noi che Gesù ripassi oggi sulla terra a compiere l'opera sua: egli agisce mediante noi, se lo lasciamo fare.

Anche per la sua prima venuta sulla terra Dio ha chiesto il consenso di Maria, una di noi. Maria ha creduto: ha aderito totalmente ai piani del Padre. E quale « opera » ha fruttato la sua fede ? Per il suo « sì » « ih Verbo si è fatto carne » (Gv 1, 14) in lei ed è stata resa possibile la salvezza dell'umanità.

Abbiamo anche noi una grande responsabilità: dobbiamo credere in Gesù perché egli possa vivere in noi e operare tramite noi. Dobbiamo accogliere e mettere in pratica le sue Parole, che si sintetizzano nel comandamento dell'amore. Dimentichiamo noi stessi e mettiamoci ad amare come ha amato lui, con un amore che non misura. E, sulla tomba del nostro io, vivrà ogni giorno di più il Risorto, con la sua potenza, la sua luce, la sua gioia, in ciascuno di noi e in mezzo a noi.

II mondo ha estremo bisogno di questa sua presenza. Sia questa l'« opera » nostra, « l'opera più grande »: vivere in modo da offrire, a quanti incontriamo, il Risorto vivo in noi e in mezzo a noi. In lui tanta parte di umanità troverà ciò che fuori di lui è vano cercare: la speranza, il bene, la verità, l'unità, la pace. E con lui lavoreremo alla trasformazione vera del mondo.

Chiara Lubich