UN'ALTRA LIBERTÀ

 

Ceci di Rio de Janeiro (Brasile) ha dato questa sua testimonianza all'incontro svoltosi il 25 marzo scorso nell'Aula Paolo VI, dinanzi al S. Padre, nel quadro delle celebrazioni del Giubileo della Famiglia.

 

Sono nata a Natal, nel Rio Grande do Norte, 38 anni fa. Ho sempre avuto idee libere, pensavo che vivere significasse far tutto ciò che si desidera. E per godere della libertà a cui aspiravo, ben presto decisi di lasciare i miei ed andare a vivere a Rio, da sola.

A Rio conobbi un giovane che divenne il mio ragazzo. Dopo un po' mi accorsi di aspettare un bambino; e la mia prima reazione fu di liberarmi di quella gravidanza. Cercai un medico, e questi mi disse che avrei potuto abortire solo col consenso del padre del bambino. Così raccontai tutto a lui che, con mia sorpresa, mi disse che si sarebbe assunto ogni responsabilità sposandomi subito. Ero contraria all'idea del matrimonio, e ci trovammo d'accordo di andare a vivere insieme. Con altre coppie, passavamo le serate a giocare, o nei nights a bere. Ma, pur stando sempre in compagnia, spesso mi sentivo vuota e sola.

Passarono così 3 anni. Avevamo già 2 figli, e facemmo un viaggio nel Nordest. Fu lì che una sorella di mio marito m'invitò ad un incontro dove si sarebbe parlato di Vangelo. Vi avrebbe partecipato anche lei, e con gioia, sentivo, mentre io non ne avevo alcuna voglia; così le dissi: « Io vado, ma ad una condizione: non mi fido di lasciare i bambini con nessuno, se non con te ». « Certo - mi rispose -, stai tranquilla, rimarrò io con loro ! ». Così dovetti proprio partire...

Arrivando là, presto mi resi conto che se avessi continuato ad ascoltare sarei stata coinvolta. Ma tenevo troppo alla mia libertà, e, pur ritenendo tutto bello e vero, mi venne una gran voglia di andarmene. Lo .dissi ad una persona vicina, che mi chiese se prima di partire volevo confessarmi. Andai a parlare con un sacerdote. Erano anni che non mi confessavo. Gli raccontai tutto della mia vita, e di questa vita nuova appena conosciuta, che mi attraeva, ma che mi chiedeva di lasciare troppe cose a cui tenevo. Egli mi disse di non aver paura, perché non avrei perso niente; al contrario, avevo tutto da guadagnare. Mi suggerì di andare in cappella. Rimasi lì a lungo in silenzio; non pregavo, perché le preghiere non le ricordavo, ma in quel silenzio sentivo il perdono .di Dio... Sperimentavo una pace, una felicità mai provate prima. Ero un'altra persona, una persona nuova.

Tornando a casa provai a mettere in pratica quanto avevo udito. Lavoravano con me due persone, una in cucina e l'altra per la casa e i bambini; e invece di restar sdraiata a vedere la televisione e a parlare al telefono, cominciai ad aiutarle. Capii che dovevo voler bene a mio suocero che vive con noi, e cominciai ad invitarlo alle nostre gite invece di escluderlo sempre.

Mi venne anche il desiderio di andare a Messa la domenica, uscendo presto per non crear problemi in casa; ma non potevo fare la comunione, non avendo ricevuto il sacramento del matrimonio. Così ogni volta che assistevo all'Eucaristia offrivo a Gesù il dolore di non poterLo ricevere. Quando un giorno provai a dire a mio marito che avrei voluto ricevere il sacramento del matrimonio, lui mi rispose male. Stetti zitta, proponendomi di amarlo di più.

Si avvicinava Natale, mi accorsi di aspettare il terzo figlio e, in un momento opportuno, parlai a mio marito di Dio, del valore della famiglia, e gli chiesi infine, come dono di Natale, il nostro matrimonio. Lui accettò ma avanzò alcune esigenze: nessuno avrebbe dovuto saperlo, sarebbe andato in chiesa solo al momento del matrimonio e personalmente avrebbe continuato la sua vita allo stesso modo.

II sacerdote richiese che ci presentassimo almeno una volta prima della cerimonia, e con mio marito fissammo il giorno. La notte prima però lui si ubriacò e rincasò all'alba. Cominciai a vivere momenti d'intenso dolore: beveva sempre di più, mi insultava e mi proibiva di uscire. Finché un giorno mi chiese se avevo fissato la data del matrimonio; gli risposi che volevo che si sentisse libero... Mi autorizzò a fissarla, e arrivò il grande giorno.

Tornando a casa, dopo il matrimonio, mi abbracciò dicendomi che era strafelice, e che sentiva che ora eravamo davvero uniti. Ringraziandomi aggiungeva: « Sai Ceci, quel che mi ha spinto al matrimonio è stato che tu hai saputo essere amore per me, quando io non lo sono stato per te ».

Oggi è molto cambiato: mi lascia del tutto libera, mi valorizza come persona, e rispetta le mie scelte...