parola di vita  (aprile 1984)

 

CREATURE NUOVE

di Chiara Lubich

 

«Togliete via Il lievito vecchio per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E Infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato » (1 Cor 5, 7).

 

Quella che meditiamo e vogliamo vivere è una parola che, se ben compresa, fa esultare ed infonde vigore al nostro cuore perché chiarificatrice dei nostro essere cristiani. Non sempre, infatti, è presente alla mente dei seguaci di Gesù, la loro divina grandezza, ciò che li distingue, la loro eccelsa dignità, grazie all'amore di Dio per essi.

E' quella di questo mese una parola che affascina e può dare un colpo d'ala alla nostra esistenza, forse un po' piatta, per la coscienza che immette nell'anima d'un immenso tesoro che già si possiede, ma spesso inconsciamente.

Per enunciarla san Paolo prende lo spunto dalle feste pasquali. La legge mosaica prescriveva che nella celebrazione della Pasqua si usasse soltanto pane non lievitato. Fin dal primo giorno la casa veniva ripassata da cima a fondo ed ogni residuo di pane lievitato doveva essere eliminato. Nella Pasqua, infatti, gli Ebrei ricordavano e rivivevano la prodigiosa liberazione dalla schiavitù dell'Egitto e il pane senza lievito ricordava loro la fretta con cui avevano dovuto lasciare l'Egitto durante la notte della liberazione. In un secondo momento questo pane era diventato anche simbolo di purità e di integrità.

L'Apostolo vede In tutto questo una figura della Pasqua cristiana. Come gli Israeliti celebravano la loro Pasqua, buttando via il pane lievitato, così i cristiani di Corinto, a cui scrive, dovevano celebrare la nuova Pasqua, cioè la loro risurrezione con Cristo avvenuta durante il battesimo, eliminando dalla loro condotta il vecchio lievito: qualsiasi germe o residuo della vecchia mentalità, qualsiasi inclinazione al male appartenente alla vita precedente.

Questa nuova Pasqua però alla quale si riferiva l'Apostolo, non era quindi la festa databile sul calendario, quanto piuttosto la comunione col Risorto che è in noi e può avvenire ogni giorno; era li passaggio di ogni momento dalla schiavitù dei peccato alla vita nuova in Cristo: una Pasqua che durava tutta la vita.

 

« Togliete via il lievito vecchio per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E Infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato Immolato ».

 

« Poiché siete azzimi ». Se ben si osserva, si vede che da un lato san Paolo esorta a buttar via il vecchio lievito, supponendo quindi che in noi esiste ancora; dall'altro dice che noi già siamo azzimi, cioè senza lievito. E ciò può stupire. In realtà non c'è contraddizione. In forza, infatti, della nostra risurrezione con Cristo e della vita della grazia che abbiamo ricevuto da Lui, possiamo veramente dire che ormai siamo azzimi, cioè nuove creature: le passioni non hanno senz'altro più il potere di soggiogarci e di tenerci schiavi come poteva accadere un tempo.

E' sempre .vero però, che, anche dopo la nascita alla nuova vita, restano in noi le radici dell'uomo vecchio, dei vecchi istinti, i quali, se non stiamo attenti, possono rispuntare e ricondurci al peccato. Di qui la necessità di vigilare e lottare per sradicarli.

San Paolo, in pratica, con questa esortazione vuole dirci: fate in modo che la vostra condotta corrisponda alla nuova realtà che voi siete; mortificando le vostre passioni, fate germogliare, sviluppare e portare alla sua pienezza quella nuova vita che già è in voi.

 

«Togliete via il lievito vecchio per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E Infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato Immolato».

 

Come vivere allora questa Parola ?

Mettendo a fuoco nell'animo tre cose importantissime per la nostra vita cristiana. Innanzitutto una grande fede, e cioè la convinzione radicata che la grazia di Gesù è molto più forte di tutte le tendenze al peccato, che portiamo ancora dentro di noi.

In secondo luogo una grande generosità di impegno nel togliere i germi del peccato, le radici dei vizi che ancora possediamo.

Infine animando questa generosità con una sconfinata fiducia nella misericordia di Gesù; quella fiducia che ci spinge a ricominciare sempre, anche dopo ogni eventuale fallimento.

Non dobbiamo, infatti, farci illusioni: per togliere queste radici occorrerà forse un lungo cammino. Gesù, però, non ci giudicherà in base al tempo impiegato ed ai risultati ottenuti, ma in base alla prontezza, che suppone umiltà e confidenza, con cui sapremo riprenderci ogni volta. In pratica Gesù porterà avanti l'opera della nostra santificazione nella misura in cui sapremo credere al Suo amore.

Chiara Lubich