UN MODELLO PER IL CAMMINO ECUMENICO

di Piero Coda

 

La settimana di preghiera per l'unità dei cristiani - che nell'84 ha proposto il tema «Chiamati ad essere uno mediante la Croce di Cristo» - ha visto svolgersi, a Frascati, una interessante iniziativa. In un breve ciclo di conferenze, dapprima il prof. Rostagno, decano della Facoltà teologica valdese di Roma, ha svolto il tema « La Croce, centro della teologia e dell'esperienza cristiana di M. Lutero »; poi il dott. Zarcone, direttore di "Notizie ortodosse" (Roma), ha parlato su « La Resurrezione e la vita dello Spirito, centro dell'esperienza cristiana nella Chiesa ortodossa »; ed infine don Piero Coda, del Centro del Movimento dei Focolari, ha concluso su « Il mistero della Trinità, centro e modello del cammino ecumenico », col contributo ,della testimonianza di Roy.Poole, ministro anglicano della Chiesa australiana. L'originale impostazione del ciclo ha voluto in certo modo evidenziare la tipicità quasi complementare dell'esperienza e della visione cristiana delle diverse Chiese, per rintracciare la radice di tale dinamica di reciproco arricchimento nella comunione « trinitaria », a cui ci chiama il Cristo crocifisso e risorto. Proponiamo qui i contributi conclusivi, con la relazione di don Coda e la testimonianza del rev. Poole.

 

I1 tema che dobbiamo affrontare può apparire a prima vista astratto e lontano dalla nostra vita di tutti i giorni, ed anche un po' marginale rispetto a quella grande corrente di vita, di iniziative, di idee che è il Movimento Ecumenico suscitato dallo Spirito Santo nella Chiesa del nostro tempo. In realtà, penso che questo tema possa esprimere in maniera particolarmente efficace la prospettiva decisiva e nuova in cui lo Spirito Santo stesso, attraverso il Concilio Vaticano II (per quanto riguarda, in particolare, la Chiesa cattolica) e i sempre più numerosi e convergenti « segni dei tempi », ha indirizzato decisamente le varie Chiese e Comunità cristiane, ponendole in cammino verso la piena unità.

Quello che vorrei cercare di mostrare, senza pretesa di completezza, con questa conversazione si potrebbe riassumere in questi termini: mi pare che lo Spirito Santo indichi oggi con forza alle diverse Chiese, ed anche ai singoli cristiani, la vita di unità trinitaria del Dio-Amore cristiano partecipata agli uomini dal Cristo nel suo Spirito come la via privilegiata e la mèta del cammino ecumenico. Svolgerò qui questa tesi soffermandomi su alcune indicazioni offerte in proposito dal Vaticano II (1).

 

L'unità trinitaria nel Vaticano II

 

Se c'è un'idea centrale che pervade tutti i documenti conciliari, questa è senza dubbio quella dell'unità (2). Il Concilio, che ha voluto soprattutto presentare al mondo l'autentico volto della Chiesa, sin dalla Lumen Gentium pone quale cardine ~.di tutta la sua ecclesiologia questa idea centrale: la Chiesa è, in Cristo e per il suo Spirito, sacramento - cioè segno, e strumento - dell'unità di tutti gli uomini (cf. LG 1).

Ora, l'unità che lo Spirito di Cristo realizza nella Chiesa e, tramite essa, nell'umanità - precisa sempre il Concilio - è proprio quella unità chiesta da Gesù al Padre per i suoi discepoli. «che tutti siano uno come tu, Padre, sei in me ed io in te, anch'essi siano uno in noi» (Gv. 17, 21). L'unità della Chiesa è, in altre parole, un'unità specificamente trinitaria: « I1 Signore Gesù quando prega il Padre, perché "tutti siano uno (...) come anche noi siamo uno" (Gv. 17, 21-22), mettendoci davanti orizzonti impervi alla ragione umana, ci ha suggerito una certa similitudine tra l'unione delle Persone divine e l'unione dei figli di Dio nella verità e nella carità » (GS 24).

L'unità della Chiesa ha dunque la sua « radice » e il suo « modello » nella Santissima Trinità. E' lo Spirito Santo, infatti, - precisa in più luoghi il Concilio - che realizza, in Cristo, il disegno del Padre: la divinizzazione degli uomini, il renderli cioè « partecipi della natura divina » (2 Pt. 1, ), facendoli insieme «figli nel Figlio» (cf., ad es., DV 2). Ed è ancora lo Spirito Santo che effondendo nel cuore degli uomini la carità (cf. Rom. 5, 5) crea fra i membri del Corpo mistico di Cristo dei rapporti a immagine e somiglianza di quelli che intercorrono tra le Persone della Trinità: è lo Spirito che rende gli uomini «nuovi», capaci di amarsi l'un l'altro come Cristo li ha amati (cf. Gv. 13, 34).

L'unità trinitaria che i cristiani sono chiamati a vivere nella Chiesa è pertanto un'unità che li introduce progressivamente nel cuore stesso dell'Uni-trinità divina, e che rende perciò la loro stessa vita - per usare un termine caro ai nostri fratelli orientali - icona del mutuo scambio d'amore vissuto ab aeterno dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo. Proprio perché è una partecipazione dell'Unità trinitaria, l'unità dei cristiani ha due caratteristiche fondamentali: è un'unità che è allo stesso tempo dinamica ed aperta. Dinamica, perché richiede l'attuazione esistenziale di rapporti interpersonali che riflettano costantemente nella carità il mutuo amore delle Persone divine. Ed aperta, perché non cancella nell'uniformità la distinzione delle persone, ma - come avviene nella Santissima Trinità - mostra che la persona umana, « la quale in terra è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa, non può ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé» (GS 24), realizzando la sua piena identità e la sua vera libertà proprio nell'unità.

Comunione. e libertà, unità e distinzione si realizzano nella Chiesa contemporaneamente e in modo direttamente proporzionale, per azione del medesimo Spinto che opera l'unità dell'unico Corpo di Cristo esaltando l'irripetibilità di ognuno e realizza l'identità personale nell'unità generata dal dono di sé. E, in modo analogo, ciò che vale per le singole persone, vale anche - all'interno dell'unica Chiesa per le diverse tradizioni ecclesiali e per il rapporto fra le Chiese particolari e la Chiesa universale.

Cerchiamo di approfondire che cosa significhi questa visione specificamente trinitaria dell'unità ecclesiale per il cammino ecumenico: per far questo scorriamo rapidamente il documento dedicato all'ecumenismo dal Vaticano II, l'Unitatis Redintegratio.

 

L'unità trinitaria centro del mistero cristiano

 

Nell'UR troviamo in primo luogo una chiara indicazione, che fa un po' da sfondo a tutto il documento, che il mistero dell'unità trinitaria di Dio-Amore, cui sono chiamati a partecipare tutti gli uomini, è il centro del cammino ecumenico, perché è il centro del mistero cristiano.

Già sin dall'inizio del documento si afferma infatti che la caratteristica specifica del cristiano è la sua fede nel Cristo Salvatore e nella Trinità: « A questo movimento per l'unità chiamato ecumenico - scrivono i padri conciliari - partecipano coloro che invocano il Dio Trino e professano la fede in Gesù Signore e Salvatore » (UR 1). Il cristiano, di qualunque Chiesa o comunità ecclesiale, è colui che crede nel Dio-Trinità rivelato da Cristo e, come più avanti si precisa, è vitalmente inserito nella sua vita divina attraverso il battesimo. Questa, secondo il Concilio, la base di ogni dialogo e di ogni autentico cammino per il raggiungimento della piena unità fra i cristiani.

In secondo luogo, è proprio nel documento sull'ecumenismo che il Vaticano II formula uno dei princìpi dottrinali più importanti circa il tema che qui ci interessa. I cristiani che vivono il dialogo ecumenico, sottolinea il Concilio, « nel mettere a confronto le dottrine si ricordino che esiste un ordine o "gerarchia" nelle verità della dottrina cattolica, essendo diverso il loro nesso col fondamento della fede cristiana; così si proseguirà la via nella quale - prosegue 1'UR - (...) tutti saranno spinti verso una più profonda e più chiara manifestazione delle insondabili ricchezze di Cristo (Ef. 3,8) » (UR 11). Quest'affermazione ha giustamente attirato l'attenzione di numerosi teologi (Lehmann, Rahner, Ratzinger...) (3), perché sottolinea autorevolmente che c'è un centro del mistero cristiano, una verità fondante dalla quale si irraggiano tutte le altre, e che è questo centro che va messo in luce, innanzi tutto, nel dialogo ecumenico, anzi nella vita della Chiesa tout court, perché solo chi è inserito nel « centro del mistero cristiano », e lo vive, può comprendere ciò che veramente ci unisce e ciò che invece ancora ci divide dai cristiani delle altre Chiese.

Questa indicazione formale della presenza di un centro nella dottrina e nella vita della Chiesa, trova il suo corrispettivo - a livello di contenuto - nella concentrazione conciliare, cui prima abbiamo accennato, sul mistero dell'unità trinitaria di Dio partecipata agli uomini per mezzo del Cristo e del suo Spirito, nell'unica Chiesa. È qui il centro della vita e della fede della Chiesa: vivere la vita divina, che è vita trinitaria, partecipando così alla comunione di vita delle tre divine Persone. « Questo - scrive l'UR - è il sacro mistero della unità della Chiesa, in Cristo e per mezzo di Cristo, mentre lo Spirito Santo opera la varietà dei doni. Il supremo modello e principio di questo mistero è l'unità nella Trinità delle Persone di un solo Dio Padre e Figlio nello Spirito Santo» (n. 2) (4).

Al centro del cammino ecumenico vi dovrà dunque essere l'impegno a rimettere in luce - a livello teologico, ed anche esistenziale questo «centro trinitario» del mistero cristiano. Di qui, dal centro, potrà scaturire una luce nuova che aiuterà ad illuminare in modo più pieno le ricchezze imperscrutabili del mistero di Cristo, non impoverendolo, ma permettendo di coglierlo e di vederlo esprimersi nella sua complessità divina e umana, trascendente e storica, a partire dalla sua più profonda radice di verità e di vita. È quanto il Concilio stesso ha iniziato a fare, sempre al n. 2 del1'UR, rileggendo - per così dire - l'intero mistero cristiano della salvezza in chiave trinitaria: l'incarnazione, morte e resurrezione di Cristo, l'effusione dello Spirito Santo, la nascita della Chiesa e il suo mistero, e l'articolarsi della sua struttura sacramentale e ministeriale - tutto finalizzato alla crescita e alla perfezione della « comunione nell'unità ».

 

L'unità trinitaria mèta dei cammino ecumenico

 

L'Unità trinitaria, divino-umana, come centro del mistero cristiano, e dunque anche del cammino ecumenico. Ma c'è di più. L'Uni-trinità è anche - sempre secondo l'UR - la mèta e il modello del cammino ecumenico. Cerchiamo di vedere in che senso, cogliendo soltanto qualcuno dei ricchi spunti offerti dal documento.

Abbiamo già sopra osservato che l'unità della Chiesa concepita e "vissuta in forma trinitaria ha delle importanti conseguenze sul modo di concepire e di vivere il rapporto fra le diverse tradizioni ecclesiali, ed anche il rapporto fra le Chiese particolari e la Chiesa universale. Anche l'UR accenna a questo importante tema: « Nella Chiesa tutti, secondo il compito assegnato ad ognuno, sia nelle varie forme della vita spirituale e della disciplina, sia nella diversità dei riti liturgici, anzi, anche nella elaborazione teologica della verità rivelata, pur custodendo l'unità nelle cose necessarie, serbino la debita libertà; in ogni caso poi rispettino la carità. Poiché agendo così, manifesteranno ogni giorno meglio la vera cattolicità e insieme l'apostolicità della Chiesa » (n. 4) (5). Unità e libertà sono nella Chiesa correlative (co-originarie, si potrebbe dire teologicamente). Anzi, solo l'unità nella libertà (entrambe doni dello Spirito) manifesta secondo il Concilio la cattolicità - cioè l'universalità vissuta come unità trinitaria della Chiesa nello spazio -, e l'apostolicità - cioè, la forma trinitaria della missione della Chiesa nella storia: «come il Padre ha mandato me, così io mando voi» (Gv. 20, 21).

Inserendo questo tema in un contesto ecumenico com'è quello dell'UR, il Concilio sembra suggerire anche una certa analogia fra il rapporto che intercorre fra la Chiesa cattolica universale e le Chiese particolari, e quello che intercorrerà fra l'unica Chiesa di Cristo (che, secondo Lumen Gentium 8, « sussiste nella Chiesa cattolica ») (6) e le diverse Chiese cristiane quando sarà raggiunta la piena unità. Il principio in ogni caso chiaramente formulato dal Concilio è che - come nota H. Fries « l'unità della Chiesa e nella Chiesa non può sussistere nell'uniformità, ma è un'unità vitale e libera, ricca e multiforme» (7). Finché l'unità non è piena, rimane un ostacolo perché questo tipo di unità trinitaria si possa dire realizzato fra le diverse Chiese cristiane: quell'ostacolo che si ha -- prosegue Fries -- « colà ove risulti minacciata 1 unità che si esige nelle cose necessarie, dove la varietà diventa opposizione e contraddizione, e conduce alla divisione » (8).

Questa prospettiva comporta però un impor-tante cambiamento di mentalità nel modo di concepire l'ecumenismo. L'ha espresso incisivamente J. Ratzinger in questi termini: « Il cattolico riconoscerà che la Chiesa non è affatto equipaggiata per affrontare il fenomeno della varietà nell'unità e che il suo compito è quello di orientarsi verso una simile possibilità e realtà. Egli vedrà quindi la sua Chiesa posta di fronte a un compito di profondo rinnovamento, che non può essere assolto dall'oggi al domani ma che si svolge nel processo dell'aprir-si, esige un periodo di pazienza durante il quale egli non ha alcun diritto di "assorbire" semplicemente gli altri, perché nella Chiesa non è stato ancora creato lo spazio necessario, al quale essi hanno diritto. Al posto dell'idea di conversione - che rimane senz'altro valida per il singolo e la sua coscienza - subentrerà fondamentalmente quella della unità delle Chiese: le Chiese rimangono Chiese e diventano una Chiesa. Se il cattolico osa sperare qualcosa, egli s'attende il momento in cui "le Chiese", che esistono al di fuori della "Chiesa", possano entrare nella loro unità continuando a rimanere Chiese ed accettando quelle, ma solo quelle, modificazioni che tale unità necessariamente esige » (9).

La mèta del cammino ecumenico è dunque quella di un'unità dell'unica Chiesa che essendo vissuta e concepita in modo trinitario conservi e metta in rilievo tutto ciò che, nell'integralità della Verità, promuove la varietà e il pluralismo. Per intanto, nel difficile cammino che conduce a questo risultato, occorrerà già avere sin d'ora « occhi semplici » per cogliere le autentiche ricchezze delle altre Chiese e per accoglierle gioiosamente come un dono dell'unico Spinto: « né si deve dimenticare - sottolinea l'UR - che quanto dalla grazia dello Spirito Santo viene fatto nei fratelli separati, può pure contribuire alla nostra edificazione. Tutto ciò che è veramente cristiano, mai è contrario ai veri benefici della fede, anzi può sempre far sì che lo stesso mistero di Cristo e della Chiesa sia raggiunto più perfettamente » (n. 4) (10). In questo senso, il cammino ecumenico, vissuto in prospettiva trinitaria, può e deve essere un cammino di reciproco arricchimento.

 

L'unità trinitaria modello dell'ecumenismo spirituale

 

Una seconda ,serie di affermazioni dell'UR ci introducono, inoltre, nella dinamica del cammino ecumenico vista come un'espressione particolare dell'amore cristiano, vissuto in prospettiva trinitaria. Si tratta di quello che il Concilio stesso definisce « ecumenismo spirituale», e che costituisce, insieme alla preghiera per l'unità, « l'anima di tutto il Movimento Ecumenico » (cf. UR 8). I1 punto centrale è esposto, in forma sintetica, al n. 7: « Ecumenismo vero non c'è senza interiore conversione; poiché il desiderio dell'unità nasce e matura dal rinnovamento della mente, dall'abnegazione di se stesso e dal pieno esercizio della carità. Perciò dobbiamo implorare dallo Spirito divino la grazia di una sincera abnegazione, dell'umiltà e mansuetudine nel servire e della fraterna generosità di animo verso gli altri ». Cerchiamo di evidenziare alcuni elementi presenti in questo ricchissimo passo.

L'ecumenismo, dice per cominciare il Concilio, nasce dalla conversione del cuore, cioè dal porre il Dio-Amore cristiano al centro della propria vita, e si esprime nel pieno esercizio della carità. La carità, poi, concretamente, è servizio umile, generoso, fraterno, proprio sulla linea di quel « non sono venuto per essere servito,' ma per servire » (Mt. 20, 29) di Gesù,' che il Concilio propone in particolare ai sacerdoti come stile di dialogo ecumenico. Il Concilio parla inoltre di umiltà: per amare e servire veramente l'altro - in questo caso, le altre Chiese e Comunità cristiane - occorre innanzi tutto porsi in atteggiamento di sincera umiltà; il che vuol dire, anche, riconoscere e chiedere perdono delle proprie colpe (si tratta qui di colpe storiche e collettive) contro l'unità (11).

La parola abnegazione, cioè rinuncia ad essere se stessi e a possedere le proprie ricchezze in modo egoistico e chiuso, sembra inoltre alludere a quel dinamismo di kenosi, o «svuotamento di sé» a favore dell'altro, che ci è indicato da San Paolo come la caratteristica specifica dell'«abnegazione» vissuta dal Verbo incarnato per ricomporre l'unità dell'uomo con Dio: « Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce » (Fil. 2, 6-7) (12).

Questa è l'abnegazione cristiana: un'abnegazione d'amore che ha la sua radice nella vita stessa della Santissima Trinità, dove il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo da sempre vivono un totale dono di Sé (la pericoresi dei Padri), e sono con tutto il loro essere in comunione fra di loro. Questo dinamismo profondo dell'amore trinitario è vissuto e ci è rivelato da Gesù in modo culminante sulla croce e nel suo abbandono, dove Egli, per ridonare agli uomini l'unità compiuta con il Padre, «rinuncia» in modo misterioso ma reale a sentire i benefici della sua incomparabile unione d'amore col Padre (tanto da gridare: « Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? » - cf. Mc. 15, 34, Mt. 27, 46).

E' stato questo, in fondo, il cuore del tema della settimana di preghiere per l'unità dei cristiani dell'84: « chiamati ad essere uno mediante la croce di Cristo » (13). Ed è certamente questa la dimensione più profonda di un dialogo ecumenico concepito e vissuto in prospettiva trinitaria. Ci potrebbe essere di modello in questo San Paolo: « Pur essendo libero da tutto - scrive ai Corinti - mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero: mi sono fatto giudeo con i giudei; con coloro che sono sotto la legge sono diventato come uno che è sotto la legge (...); . con coloro che non hanno la legge sono diventato come uno che è senza la legge (...), mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno » (1 Cor. 9, 19-22).

Solo se vi saranno dei cristiani e delle comunità ecclesiali capaci di posporre per amore dei fratelli tutto ciò che non appartiene al centro trinitario del mistero cristiano (cioè alla verità integrale di Cristo e della sua Chiesa) e che può essere di ostacolo alla piena unità, il cammino ecumenico potrà raggiungere il suo scopo. « Vero è che la Chiesa cattolica - scrive il Concilio - è in possesso di tutta la verità rivelata da Dio e di tutti i mezzi della grazia, tuttavia i suoi membri non se ne servono per vivere cori tutto il dovuto fervore, per cui il volto della Chiesa meno rifulge davanti ai fratelli da noi separati e al mondo intero, e la crescita del Regno di Dio ne è ritardata. Perciò tutti i cattolici devono tendere alla perfezione cristiana e sforzarsi, ognuno secondo la sua condizione, perché la Chiesa portando nel suo corpo l'umiltà e la mortificazione di Cristo (e qui si citano in nota 2 Cor. 4, 10: « Portando continuamente nel corpo lo stato di Gesù morente, affinché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo »; e il già citato Fil. 2, 5-8), vada di giorno in giorno purificandosi e rinnovandosi, fino a che Cristo se la faccia comparire innanzi risplendente di gloria, senza macchia né ruga » (UR 4, corsivo nostro).

 

In Cristo risorto verso la pienezza dell'unità

 

Il Concilio, infine, suggerisce ancora una ulteriore dimensione di questo «metodo trinitario» per giungere alla piena unità ecumenica: una dimensione che potrebbe anche esser vista come il frutto, ricevuto in dono, del cammino reciproco di abnegazione che ci è chiesto di vivere nel dialogo ecumenico. Parlando della preghiera ecumenica, il Concilio sottolinea che «queste preghiere in comune (...) sono una genuina manifestazione dei vincoli con i quali i cattolici sono ancora congiunti con i fratelli separati: "poiché dove sono due o tre adunati nel mio nome, vi sono io in mezzo ad essi" (Mt. 18, 20) » (UR 8).

Ecco il frutto dell'ecumenismo spirituale di cui prima abbiamo parlato. Quanto più i cristiani si comprenderanno, si sosterranno fraternamente nel loro cammino di fede e di servizio all'uomo (cf. UR 12), quanto più si ameranno nel nome di Cristo, tanto più Egli stesso si renderà presente in mezzo a loro. .Questa presenza del Cristo risorto fra cristiani di diverse Chiese non solo manifesterà quei vincoli di comunione che già legano i cattolici e i cristiani delle altre Chiese (cf. UR 3), ma, portando con sé lo Spirito di Verità e di Amore, li spingerà verso la pienezza della comunione trinitaria che, una volta superati tutti gli ostacoli, sarà significata e realizzata dalla partecipazione all'unico calice (14). Saranno dunque il Cristo risorto ed il suo Spirito a illuminare e fortificare i cristiani nel cammino ecumenico vissuto in prospettiva trinitaria (15).

Come si è potuto costatare da questi pur rapidi cenni, il tema proposto è tutt'altro che secondario e astratto: tocca anzi le radici stesse nel nostro essere cristiani. Per concludere, vorrei sintetizzare alcune indicazioni che siano oltretutto anche di stimolo per la nostra vita cristiana di tutti i giorni, in modo che l'ecumenismo - come si augurano il Concilio e i vescovi italiani (16) - sia sempre più una dimensione permanente della nostra esistenza cristiana.

1. La prima discende come. una conseguenza da tutto quello che abbiamo sin qui detto, e la possiamo formulare usando. le parole dello stesso Concilio: « Si ricordino tutti i fedeli che tanto meglio promuoveranno, anzi vivranno in pratica l'unione dei cristiani, quanto più si studieranno di condurre una vita più conforme al Vangelo. Pertanto, con quanta più stretta comunione saranno uniti col Padre, col Verbo e con lo Spirito Santo, con tanta più stima e facile azione potranno accrescere le mutue relazioni fraterne » (UR ). E' qui la radice di ogni autentico ecumenismo: dalla vita cristiana come comunione con Dio-Trinità deriva l'impegno a vivere la vita cristiana come vita di unità trinitaria .nei rapporti con tutti i fratelli.

2. Per giungere a una piena comunione trinitaria anche coi fratelli di altre Chiese, i cristiani sono invitati a far proprio il « metodo » stesso vissuto da Cristo per realizzare l'unità di Dio con gli uomini e degli uomini fra di loro, metodo che ha le sue parole-chiave nell'amore come servizio, nel «farsi uno» con l'altro vivendo l'abnegazione-rinuncia alla luce del mistero della kenosi-abbandono del Cristo, per essere sempre più quel «cuor solo» e quell'«anima sola» che «contiene» già sin d'ora - anche se non ancora in pienezza - il Figlio di Dio risorto in mezzo a noi. E' un ecumenismo, questo, a cui tutti, nessuno escluso, possiamo dare il nostro contributo.

3. Infine, questo « metodo » per approfondire l'unità fra cristiani. di diverse Chiese, fino a giungere alla sua pienezza, non solo ci insegnerà come dobbiamo essere, in quanto cristiani, strumenti di unità per ogni uomo, anche non-cristiano, anche non-credente, ma - come ha avuto occasione di sottolineare profondamente Chiara Lubich (17) -, rendendo Cristo presente fra noi per il nostro reciproco amore, costituirà sin d'ora una risposta viva alla ricerca di Dio di tanti nel mondo d'oggi, e cancellerà dai loro cuori lo scandalo delle nostre secolari disunità. Da questo amore reciproco, gli uomini torneranno a riconoscerci per autentici discepoli di Cristo, mentre il volto della Chiesa brillerà sempre meglio di una luce nuovissima: perché sempre più essa diverrà autentica icona della vita trinitaria.

Piero Coda

Note

 

(1)             Su questo tema cf. anche, recentemente, il documento della Commissione mista internazionale di dialogo teologico tra la Chiesa cattolica romana e la Chiesa ortodossa su II mistero della Chiesa e dell'Eucarestia alla luce del mistero della Santa Trinità (in  «Nuova Umanità» 24/25, 1982): e il convegno della Conferenza delle Chiese europee (KEK) su La forza riconciliatrice della Trinità nella vita della Chiesa e del mondo (cf.  «Il Regno» 22, 1982 e 1, 1983), nonché gli spunti offerti da Giovanni Paolo II al V Simposio dei vescovi europei (ne « L'Osservatore Romano » del 7-X-1982).

(2) Cf. M. Pellegrino, L'«Idea centrale» del Vaticano II, Torino 1973; H.P. Heinz, Diagnosi della teologia sistematica alla luce del Vaticano II, in «Nuova Umanità» 30, 1983; K. Hemmerle, Einheit als Leitmotiv In LG und Im Gesamt des II. Vaticanum (nel Festschrift per I'80o di K. Rahner. in corso di pubblicazione presso la Herder); J. Stimpfle, Dia Einheit der Kirche in trinitarischer Sicht (conferenza tenuta alla Scuola Ecumenica di Ottmaring, promossa dal Movimento del Focolari, nell'anno dl studio '83-'84; e, recentemente, B. Forte, La Chiesa Icona della Trinità, Brescia 1984.

(3) Per un'informazione, anche bibliografica, cf. K. Lehmann, Confessione di fede e formule abbreviate di fede, nel suo vol. Presenza della fede, tr. it., Brescia 1977.

 (4) Questa unitrinità divina partecipata agli uomini ha la sua attuazione e vìsibilizzazione sacramentale più piena nella celebrazione eucaristica: in essa - spiega l'UR riferendosi alle Chiese orientali - «i fedeli uniti col vescovo hanno accesso a Dio Padre per mezzo del Figlio, Verbo incarnato, risorto e glorificato, nell'effusione dello Spirito Santo, ed entrano in comunione con la Santissima Trinità» (n. 15).

 (5) Su questo tema cf. M. Cerini, Trinità e Chiesa: una riflessione teologica a partire dall'esperienza di "Gesù in mezzo", in «Nuova Umanità» 30, 1983.

 (6) Come noto il verbo subsistit, che sostituisce l'est esclusivo del testo preparatorio, ha nell'intenzione del Concilio un valore positivo e aperto, e vuole evitare «un'identificazione incontrollata della Chiesa di Cristo con la Chiesa romano-cattolica» (H. Fries); lo stesso verbo è usato anche nel CJC 1983: in questo senso - ha notato A. Joos - «la non identificazione formale di "Ecclesia" e "Ecclesia catholica" ricorda la sfumatura tramite la quale si intuisce che la Chiesa - come mistero di comunione - è una realtà che non si limita formalmente alla configurazione odierna della Chiesa cattolica» (II Movimento Ecumenico e II nuovo CJC 1983, In «Il nuovo CJC », PUL, Roma 1983, p. 317).

(7) Chiesa e Chiese, nel vol. « Problemi e prospettive di teologia fondamentale », Brescia 1980, p. 388.

 (8) Ibid.

 (9) J. Ratzinger, Die Kirche und dia Kirchen, in «Reformatio» 2, 1964, p. 104 (cit. da Fries).

 (10) Cf. anche UR 16: «Una certa diversità di usi e consuetudini (...) non si oppone minimamente alla unità della Chiesa, anzi ne accresce il decoro e non poco contribuisce al compimento della sua missione»; e UR 17: «non fa meraviglia che alcuni aspetti del mistero rivelato siano talvolta percepiti in modo più adatto e posti in miglior luce dall'uno che non dall'altro (Occidente ed Oriente, in questo caso), cosicché si può dire che quelle varie formule teologiche non di rado si completino, piuttosto che opporsi ».

 (11) «Anche delle colpe contro l'unità vale la testimonianza di san Giovanni: "se diciamo di non aver peccato, lo tacciamo dl bugiardo, e la parola di Lui non è in noi" (1 Gv. 1, 10). Perciò con umile preghiera chiediamo perdono a Dio e ai fratelli separati, come pure noi rimettiamo ai nostri debitori » (UR 7).

(12) Da notare che l'inno in questione è introdotto da Paolo nel contesto di una parentesi sull'unità! L'UR fa esplicito riferimento al testo in nota al n. 4.

(13) Cf. l’art. di E. Fortino ne L'Osservatore Romano del 6-1-1984.

 (14) Cf. il già cit. II mistero della Chiesa e dell'Eucarestia al n. 1, 6.

 (15) «Gesù in mezzo», è, come noto, insieme con « Gesù abbandonato », uno dei due cardini fondamentali della spiritualità dell'unità del Movimento dei Focolari: è alla luce di essi che abbiamo proposto la nostra rilettura dell'UR. Sul significato ecumenico di «Gesù in mezzo» cf. J. Povilus, "Gesù in mezzo" nel pensiero dl Chiara Lubich, Roma 1981, pp. 104-112 e 219. Mi pare che la fecondità e l'importanza dell'ecumenismo spirituale perseguito dal Movimento dei Focolari nascano proprio dalla centralità di questi suoi due cardini spirituali: attraverso di essi, la spiritualità dell'unità e la dottrina che ne è il frutto sembrano fornire uno strumento «carismatico» particolarmente efficace al dialogo teologico e alla testimonianza comune dei cristiani, nella tensione verso l'unità trinitaria piena che è la mèta dei cammino ecumenico.

(16) Cf. Comunione e Comunità, n. 52.

(17) Cf. la Meditazione tenuta all'87° Katholikentag della Chiesa tedesca, in « Città Nuova » del 25-IX-1982.