Casella Postale 21

UNITÀ e/o UNIFORMITÀ


«Si può e, se sì, come vivere l'unità di cui Gesù parla nel vangelo evitando il pericolo dell'uniformità » - E.R., Fermo.

Direi proprio che si può, anzi che si deve vivere l'unità di cui parla Gesù senza cadere nell'uniformità: perché un'unità appiattita nell'uniformità cessa di essere vera unità! L'unità evangelica, per la quale Gesù prega il Padre a favore degli uomini, è un'unità trinitaria, cioè un'unità che è partecipazione dell'unitrinità vissuta dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo. Non dunque l'unità di chi è solo con se stesso, o di chi vuol ridurre all'identico (cioè, ancora, a se stesso) gli altri, ma l'unità di una « famiglia », o meglio di chi è se stesso con, per e - come prega Gesù (cf. Gv. 17) - nell'altro: quella di un Dio che è Amore. Tutto è in comune, tutto è dono reciproco tra le tre divine Persone della Trinità: eppure, anzi, proprio per questo, ciascuna di loro è Se stessa con « un'identità personale » - se così si può dire - di cui non è possibile pensare la maggiore. In Dio-Amore unità e distinzione sono direttamente proporzionali: è il mistero della loro mutua inabitazione (la pericoresi dei Padri).

Così deve essere anche per i cristiani, fatte le debite proporzioni. Tant'è che è proprio quello stesso Spirito Santo che ci raccoglie nell'Unico Corpo di Cristo a donare a ciascuno di noi quei «carismi» particolari, che gli conferiscono un ruolo e un'identità specifici nell'unità della Chiesa. L'autentica crescita del cristiano come « persona » si realizza solo attraverso la sua maturazione nel vivere la comunione con gli altri. La « paura » di cadere nell'uniformità mortificante l'io, può nascondere, talvolta, quella « paura » a « perdere la propria vita » per gli altri che è, in fin dei conti, « paura » del costo richiesto alla libertà dell'amore. Certo, una volta fatto questo « salto » libero di voler mettersi a diventare se stessi con gli altri, il pericolo di cadere nell'uniformità rimane. Come evitarlo ?

La tentazione è sempre duplice: quella di fagocitare l'altro riconducendolo all'identità con sé stesso, o quella di lasciarsi assorbire dall'altro abdicando (più o meno coscientemente) a se stesso. Ma, alla radice, il motivo è sempre lo stesso: la tentazione ad abbandonare il difficile cammino del vero amore. Perché chi ama « alla Gesù » deve sempre essere in quell'equilibrio di accoglienza del diverso senza volerlo ridurre all'identico e di dono di sé a fondo perduto (che non è smarrimento ma suprema presenza d'amore) che è la maturità umana: ancora una volta la libertà dell'amore - quella che, al culmine, Gesù ha vissuto sulla Croce e nel suo abbandono. Cadere nell'una o nell'altra tentazione è aver « paura » di essere liberi, cioè di amare come Gesù. Per questo, anche per noi uomini, il culmine dell'unità è la... distinzione !

II ,discorso potrebbe essere ancora ulteriormente approfondito. Ma un semplice consiglio è questo: l'essenziale è cominciare a vivere l'unità, perché questo è essere cristiani, e poi le difficoltà immancabili della maturazione troveranno ciascuna, al momento giusto, la risposta di vita azzeccata.


Piero Coda