Testimonianza

QUELLE DUE ORE INTERMINABILI

a cura di Enrico Pepe

 

Un episodio di violenza come molti altri, in una regione nel sud del Brasile... Ma stavolta, ad essere coinvolto è un prete, un nostro amico. Ecco una testimonianza sull'accaduto.

21 ottobre 1983. Le radio e vari canali televisivi brasiliani diffondono questa notizia: «Giovane sacerdote gravemente ferito da banditi che assaltavano un furgone di una banca».

Anni addietro nessuno avrebbe mai pensato che questo tipo di violenza potesse raggiungere il Paranà, una delle più belle e laboriose regioni brasiliane, dove convivono in piena armonia i discendenti di tanti emigrati europei: polacchi, tedeschi, portoghesi, italiani, ecc. Purtroppo è una regione di frontiera e il contrabbando e la droga hanno attirato qui « uomini per bene » con le loro bande armate. Si dice che hanno grandi amici nel mondo della politica, della polizia e della giustizia. Nessuno fino ad oggi è riuscito a fermarli, e, per esempio, in quindici giorni nell'ospedale di una cittadina dell'interno sono stati ricoverati ben sedici feriti da armi da fuoco. Oggi la vittima è stato un prete: Joào Braz de Aviz, uno dei primi gens.

Era uscito di casa dopo pranzo per celebrare la Messa in una parrocchia, a 130 Km. di distanza. Aveva appena fatto metà percorso, lasciando l'asfalto e imboccando una strada di terra, quando vede su un ponticello una macchina ferma e due uomini chini sul motore. Il tempo minacciava la pioggia, e restar fermi su una strada di terra con la macchina rotta non fa piacere a nessuno. Joào ferma la sua macchina, si avvicina e chiede: « Posso fare qualcosa per voi? ». I due si girano con le armi in pugno, chiedono le chiavi della macchina, l'orologio e i soldi, e lo trattengono con loro.

Le due macchine sono sistemate in tal modo da impedire il transito. Dopo pochi minuti arriva il furgone blindato di una banca e comincia una sparatoria da «Far West». Gli assalitori non sono più due, ma sei. Il furgone, accerchiato dai quattro lati, è subito messo con le gomme a terra, ma i ladri non riescono a far venire fuori le guardie che dall'interno lo difendono.

E' a questo punto che i ladri puntano la rivoltella sulla schiena del sacerdote e gli ordinano: «Metti le mani sulla testa e vai a convincere le guardie a uscire dal furgone». Joào fa notare l'assurdità della mossa, ma inutilmente. O vai, o muori.

Dopo i primi passi parte dal furgone il doppio tiro di una lupara, che lo colpisce in pieno dalla testa ai piedi e lo stende a terra. I ladri allora prendono le due macchine e se la svignano. Dopo un poco intercettano un taxi e lo fermano. Vogliono una terza macchina per dividersi, ed al taxista dicono: «Non farci perdere tempo, perché abbiamo appena ucciso un prete»... Nessuno avrebbe infatti potuto pensare diversamente; invece Joào era ancora vivo. Lui stesso ci ha raccontato come ha vissuto questi momenti.

«Quando sono stato raggiunto dai colpi, ho subito sentito un forte dolore ad un occhio, che mi si è oscurato, poi ai polmoni e all'addome. Mi usciva del sangue dalla bocca, e non potevo muovermi per i dolori, come pure per paura che mi sparassero ancora per finirmi. Intanto, cominciava a cadere una fitta pioggia.

 

Abbracciarlo subito

«In quel momento ho sentito una profonda solitudine, e tutto l'assurdo di ciò che stava accadendo; ma nello stesso tempo sperimentavo la paternità di Dio che mi avvolgeva. Tutto crollava, mi restava la fede: e Dio mi dava la forza di offrire tutto per la Chiesa, e per l'Opera di Maria. Quel senso di solitudine, quella sofferenza umanamente assurda erano un volto di Gesù crocifisso e abbandonato, ed ho avuto la forza di abbracciarlo subito e, per quanto possibile, con gioia. In fondo al mio cuore non c'era la preoccupazione di vivere o morire, ma la certezza che Dio avrebbe fatto di me quello che era per il meglio.

«Due ore sono rimasto per terra sotto la pioggia. Due ore di intensa preghiera, in cui ho chiesto a Gesù il perdono dei miei peccati, ho perdonato di cuore ai ladri e a chi mi aveva sparato».

Finalmente si ode il rumore di una macchina, l'autista rallenta, ma poi ha paura e va via in fretta. Passa un'altra macchina, si ferma e si ode un commento: «Qui c'è stato uno scontro a fuoco molto violento: c'è un morto», e va via anche questa. Infine arrivano ,due poliziotti. Si avvicinano con le armi in pugno. «Capisco che potrebbero darmi il colpo di grazia per finirmi, come a volte fanno per i ladri, e, cercando di alzare un po' la voce, dico loro: Sono un sacerdote, non mi uccidete! ».

In ospedale il medico che lo riceve fa una osservazione scherzosa: « Mi pare che hanno esagerato un po' col piombo... ». Difatti ai raggi X sono stati rilevati 117 piombini, e uno era stato fermato da una penna stilografica di metallo: sarebbe andato diretto al cuore. Un altro ha attraversato un occhio da parte a parte, ma l'occhio non ha perso la sua pressione normale. Un terzo ha attraversato l'intestino e si è fermato in una vertebra, ma senza toccare il midollo spinale. Tre ore di operazione per suturare i fori dello stomaco e dell'intestino. Una tracheotomia per facilitare la respirazione e poi... tutto in mano a Dio. I medici dicono che ha molte probabilità di sopravvivere e che comincerà forse a parlare fra tre o quattro giorni. Mezz'ora dopo l'uscita dalla sala operatoria, invece, Joào prende già a parlare col fratello sacerdote e cogli amici che erano sopraggiunti numerosi. In un clima di serenità il fratello gli amministra l'unzione degli infermi. Più tardi riceverà una lettera di una ragazza presente al rito, che tra l'altro gli scrive: « Da tempo ero lontana da Dio, ma quella sera in ospedale, vedendo la tua pace ho detto: solo Dio può fare questo! Ed ho capito che il resto è resto; solo Dio e chi a Lui appartiene ci dà gioia. Ero venuta per portarti un aiuto, invece mi hai dato Dio... Ho cominciato una vita nuova». « Non sapeva di una Chiesa così... » La notizia dell'incidente si era in breve sparsa dappertutto, dando inizio ad una gara d'amore. Medici, suore, infermieri, parrocchiani, ognuno ha portato il suo contributo. I sacerdoti hanno fatto i turni, di notte e di giorno, avendo cura che ci fosse sempre qualcuno con lui. La ripresa ,della salute è stata sorprendente per gli stessi medici, ma quel che più li ha colpiti è stato l'amore fraterno tra i sacerdoti. Il primario dell'ospedale diceva: «Non sapevo che ci fosse una Chiesa così, dove tutti si amano come fratelli». Il vescovo, sempre presente con amore di padre, il giorno dopo l'incidente comunicava a Joào i saluti e le preghiere di tutti, in diocesi. Le suore dell'ospedale e le infermiere, che erano quasi oppresse e scoraggiate dal clima di violenza che pervade tutta la regione, scrivevano: «Ciò che abbiamo visto ci ha fatto riflettere. Guarda ci siamo dette come è bella la Chiesa nell'unità». Ornai la prova è superata. Joào è già al lavoro nella sua diocesi.

Enrico Pepe