L’ANNO DEL DIALOGO?

1984: le nubi minacciose che si accavallano sui nostri giorni futuri portano con sé - in certa misura - il presentimento di un fallimento "epocale", che getta ombre d'incertezza sul cammino dell'uomo in questo scorcio di secolo. Ma, accanto alle disillusioni del progresso indiscriminato, tra rumori di guerre e politiche di divisione, ecco fermenti e segni "nuovi" di una vitalità storica, che tanto più emergono quanto più profondo è il vuoto attorno: volontà di costruire, unire, dialogare...

"Ci si salva insieme o ci si perde insieme - scriveva Charles Péguy -; non dobbiamo giungere soli alla casa del Padre". Questa la scommessa di chi, soprattutto oggi, vuol dare il suo contributo alla storia. II cristiano non può disattendere questo appello. E non può non accettare, in particolare, la "sfida" di quel mondo moderno in cui vive, che ha finito per voltare le spalle a Dio nel nome della dignità, dell'uomo: quel "confronto tra la concezione religiosa del mondo e la concezione agnostica che - ha detto Giovanni Paolo II - è uno dei segni dei tempi".

E il vero "stile" del suo dialogo non potrà che essere, nel fondo, quello stesso del Verbo di Dio che tanto ha "amato il mondo" da "farsi uno" con l'uomo fino a sentirsi "senza Dio"... Quello di Chi è voluto scendere al fondo della separazione dal Padre per poter riportare a Lui tutta l'umanità.

Dialogare dal di dentro, dunque, nel vivo dello "spacco".

La nostra rivista, che da questo mese si presenta in parte rinnovata, ampliata e - com'è nelle nostre speranze - più leggibile e incisiva, vuol essere anch'essa, nel suo piccolo, strumento e stimolo al dialogo. Come lo scorso anno abbiamo proposto e cercato di realizzare un contatto più profondo con la realtà del mondo asiatico, così vorremmo ora contribuire su queste pagine ad intrecciare quest'altro dialogo: quello con la cultura "atea" del nostro tempo. Con l'augurio, per ciascuno dei lettori, che di tale dialogo si possa scoprire tutta la ricchezza.

La redazione