Il significato di Maria

Silvano Cola

Nel libro dei Numeri si legge questa frase: «Il popolo si fermò a Cades. Ivi morì Maria e l'acqua venne a mancare all'assemblea». (Num. 20, 1-2).

Facendo un'interpretazione allegorica molto semplice potremmo dire che in questo brano Maria raffigura la Madonna, mentre l'acqua si sa che raffigura spesso Gesù. E' chiaro che questa interpretazione allegorica del nostro brano non è la sola possibile, tuttavia mi sembra profondamente significativa. E' noto infatti che Maria viene spesso indicata come la sorgente da cui zampilla l'acqua, da cui viene fuori Gesù, o il pozzo che contiene l'acqua, quell'acqua dissetante che è Gesù. Non solo, ma questa interpretazione allegorica coincide con quelle simboliche della «terra madre» e dell'acqua, dotate di fecondità. Maria insomma è sempre stata vista come colei che contiene la vita, che genera il Vivente; perciò possiamo ripetere: «Maria morì e l'acqua venne a mancare all'assemblea».

Oggi, in un tempo di secolarizzazione, il fenomeno che si verifica è proprio questo: il rifiuto di Maria. Le radici di questa posizione sono chiaramente culturali. Identificando la virilità con l'agire e la creatività, l'uomo considera la cosiddetta passività femminile come un non-valore, al punto che la donna stessa, acculturata per secoli a dar prestigio ai «valori maschili», sta seguendo quasi con frenesia liberatoria la stessa direzione: la donna si sta mascolinizzando. Già in questo senso Maria è morta per la società odierna. Ma a parte la rivendicazione femminile di alcuni diritti, ciò che fa paura è l'equivoco generalizzato che tocca la radice stessa dell'essere creato. L'affermazione (mascolina) che fa coincidere la virilità con l'attività e la femminilità con la passività, già falsa a livello psicologico, ha prodotto una confusione deleteria nel campo spirituale. S'e detto ad esempio che tra la passività femminile e la passività mistica non c'e diversità di natura, che è grazie alla prima che la donna è naturalmente predisposta alla passività dell'anima nei confronti di Dio, divenendo così la sede quasi naturale della religiosità. Se sia questa un'affermazione fatta per ingenua cavalleria, o per creduta scientificità o per uno scaltro alibi alla più frequente irreligiosità maschile, non lo so. Sta di fatto che atteggiamento cavalleresco non è, dal momento che toglie alla donna il possesso del proprio io per renderla un oggetto in balia dei propri impulsi e delle proprie passioni; e che quanto a serietà scientifica nulla c'e di più mistificatorio, se poco poco si conosce la forza di volontà e spesso l'eroismo necessari a percorrere i tratti ascetici della vita mistica, che comportano la pratica delle virtù e la rinuncia progressiva a tutti gli attaccamenti — per l'appunto — egocentrici.

Se questo non è «attività», bisogna allora cambiare il lessico; bisogna allora pensare che Gesù abbia accettato «passivamente» la volontà del Padre quando dice: «non la mia, ma la tua volontà sia fatta» (mentre sta scritto: «è stato offerto perche lui l'ha voluto»), e che anche il passo analogo di Maria («sia fatto di me secondo la tua parola») sia stato condizionato dalla «passività femminile» invece che esprimere quell'altissima attività spirituale che implica la volontaria rinuncia ai propri progetti umani (sempre banali per quanto belli) per aderire liberamente a quelli di Dio (sempre interiormente e socialmente creativi, per quanto a occhio umano possano a tutta prima sembrare banali).

Non sarà forse, allora, l'inesperienza della vita spirituale, o l'incapacità, oppure il rifiuto egoistico di donarsi, di offrirsi, di tendere con la volontà e con tutto il proprio essere all' «unico necessario» che coincide con la vera liberazione interiore dell'uomo — più difficile, ma alla lunga anche socialmente più creativa di qualunque attività tecnica o politica —, non saranno quelli, forse, i motivi che hanno consigliato di interpretare tendenziosamente e di svalorizzare i dati più preziosi della femminilità, e di cancellare Maria dalla società tecnologica?

Effettivamente Maria è venuta a morire e l'uomo si sta spersonalizzando, perché non ha capito, o non ha saputo o voluto capire che quella cosiddetta «passività femminile» nel senso vero di «atteggiamento mariano» è anche la stessa «vocazione» maschile all'unione con Dio, ossia alla pienezza dell'essere, vale a dire a una disponibilità piena nell'amore a Dio e al prossimo.

L'aggiungere: «al prossimo» non è per una condiscendenza di moda, ma perché la vocazione a Dio è nello stesso tempo vocazione all'uomo, e su questo punto — bisogna dire — ogni teologia si trova d'accordo. Ma quando si tratta di delineare quale debba essere il comportamento dell'uomo verso l'uomo, anche se a parole si fa un discorso sull'amore che sembra tratto di sana pianta dal Vangelo, nella prassi il discorso è tutt'altro, poiché I'iniziativa presa per sollevare dalla miseria, per liberare dall'oppressione, resta spesso ancora totalmente estranea al prossimo, tramutandosi facilmente in altra forma di «pressione» sull'uomo o almeno di autocompiacimento psicologico spesso interpretato come spirituale. Ad essere conseguenti, invece, bisognerebbe pensare ed agire nei confronti del prossimo con lo stesso atteggiamento interiore ed esteriore che abbiamo definito «mariano» nei confronti di Dio. E' l'atteggiamento concreto di Maria che corre da Elisabetta, di Maria che interviene alle nozze di Cana; una persona che «patisce» le difficoltà degli altri e senza discorsi vi porge rimedio efficace. Se, oltre a quello di Gesù, si trova nel Vangelo un profilo di personalità coerente in ogni suo comportamento, è certamente quello di Maria nella quale non c'e ombra di dualismo: il suo atteggiamento verso il prossimo ripete esattamente il suo atteggiamento verso Dio.

Si capisce tutta la forza sociale, rivoluzionaria di questa affermazione se pensiamo che, dopo l'incarnazione, Dio non lo incontriamo soltanto in un rapporto personale con Lui, ritirandoci dagli uomini, ma anche, e normalmente, proprio attraverso gli uomini. Ogni uomo cioè può diventare il mezzo per unirci con Dio, perché lo stesso Dio che sta nei cieli lo possiamo incontrare attimo per attimo, nella nostra convivenza, nel cielo dell'anima del nostro prossimo. E mentre prima ci si limitava a fare il vuoto dentro di noi per unirci col Dio del Cielo, adesso dobbiamo fare il vuoto dentro di noi di fronte al prossimo che diventa per noi polo positivo per quella presenza di Dio che in lui abita.

E' soprattutto in questo senso che Maria è il tipo di ogni cristiano, uomo e donna. Ma poiché questa sua figura è stata rifiutata ideologicamente e contraffatta nella prassi, è venuta a mancare l'acqua e il deserto ha invaso la terra.

Nessuno oggi è tanto cieco da non vedere che navighiamo in un deserto, fatto da un vuoto di idee, da una perdita di significato delle cose, dell'uomo e dell'universo. Anche la teologia sembra aver perso significato, e così la morale. Ma una speranza esiste, poiché ad ognuno di noi, calato in questa situazione, Mosè potrebbe ripetere: «Pensi tu che possa uscire acqua da questa rupe? »

Siamo noi la rupe, la pietra, quel cuore di pietra che Dio vuol trasformare in cuore di carne. Siamo una rupe nel deserto e a ciascuno di noi Dio ripete: «Pensi tu che da questa rupe possa sgorgare l'acqua — Gesù —?». Certo ci vuole fede, la fede operosa che aveva Maria, la fede che è il silenzio della creatura che non cerca spiegazioni, ma crede e opera con Dio per il prossimo.

Ma questa cosa Dio ce la chiede anche collettivamente: «Crediamo noi che nel deserto di oggi, dalla rupe che è l'umanità, dalla macchina dell'umanità possa sgorgare l'acqua, possa nascere Gesù, l'Unico capace di dissetare l'umanità? » . Se noi collettivamente riviviamo Maria, possiamo rigenerare misticamente Cristo in mezzo all'umanità di oggi. E' questa l'acqua che l'umanità attende ed appunto questo il compito della Chiesa e dei cristiani.

La Chiesa deve essere oggi precisamente questo corpo che rivive Maria nel suo tipico rapporto verso Dio e verso l'uomo, quel rapporto che permette a Dio di investirci con la sua potenza e a Cristo di rinascere nella società.

L'umanità è evidentemente lontana dal Vangelo se ancora oggi dibatte i problemi del femminismo o anti-femminismo, integrazione o discriminazione razziale, quando da duemila anni Gesù ha dichiarato che davanti a Dio non conta essere maschio o femmina, giudeo o greco, eccetera.

Ma al mondo che ha sete, che chiede acqua, potremmo dire: «Tu credi che da noi cristiani, da questa rupe che siamo, possa sgorgare l'acqua?». E la risposta è sì. Perche questo è il compito di Maria. E noi possiamo essere Maria.