Parola di vita
«Guardate i gigli del
campo come non filano né tessono:
eppure vi dico che neppure
Salomone in tutta la sua pompa
era vestito come uno di
essi» (Lc. 12,27).
Il discorso di Gesù sulla provvidenza (Lc. 12, 22-32) è un
brano molto sconcertante. Ci dice di non preoccuparci di cosa mangeremo, di che
berremo e vestiremo, perché Dio provvederà, così come provvede
agli uccelli che non seminano né mietono e ai gigli del campo che non
filano né tessono.
Sono parole che, nella nostra epoca così sensibile ai problemi sociali e politici,
sembrano contrapporsi alle idee e alle intenzioni di molti, soprattutto di
quelli più aperti ai problemi dell'umanità. E tanti fra di loro, anche cristiani, potrebbero obiettare che qui
abbiamo a che fare con un invito molto netto alia
passività, ad un pietismo disincarnato ed evasivo.
Guardando queste parole di Gesù un po' più da vicino, ci si accorge
però che le cose non stanno cosi: se Gesù invita chi lo ascolta a
distinguersi da quelli che egli chiama « pagani », non
convalida affatto il nonimpegno, l'inattività, la passività.
Propone soltanto un'altra scala di valori. Qui sta la differenza: mentre i
« pagani » si preoccupano del mangiare e del bere (v. 30), i
seguaci di Cristo cercano prima il Regno di Dio (v. 31), nella fiducia che il
resto sarà loro dato in sovrappiù (v. 31). Vediamo così
che il distintivo dell'atteggiamento cristiano è la ricerca del Regno e
la fede nella sua efficacia.
Ora per me cristiano che ho il lavoro
assicurato o la borsa di studio, è
relativamente facile cercare il Regno di Dio, fidarmi della provvidenza, vivere
la povertà.
Ma cosa dire — e qui incontriamo una seconda obiezione, più forte della
prima — di fronte a quei milioni di uomini che non hanno effettivamente
niente da mangiare e da vestire?
Chi di noi avrebbe il coraggio dì dir loro: « Non cercate ciò che
mangerete e berrete, non vi tormentate di queste cose? ». Chi di noi
oserebbe parlar loro dei gigli del campo cosi come ha fatto Gesù? Eppure
Gesù le ha dette queste cose, e le ha dette per tutti gli uomini! E'
forse solo questione di fede, di quella fede, a
proposito della quale Gesù ci rimprovera di averne così poca? (v. 28).
Una cosa è
certa: che Dio sa quanto occorre all'umanità per « mangiare,
bere e vestirsi ». Gesù è esplicito: « II Padre sa
che ne avete bisogno ». Sembra invece che molta strada sia ancora da fare
per sradicare dalla nostra mentalità tutte quelle false teorie che
si portano a intristire la vita — nostra e altrui — nella
convinzione che il possesso sia il segno della felicità, la garanzia del
successo e della sicurezza. Da qui la sproporzione nella distribuzione dei beni
che Dio ha dato per i bisogni di tutti e non di alcuni soltanto.
Se guardiamo ai gigli del campo con l'occhio
di Gesù, impariamo dunque prima di tutto a
non essere « affannati » per le cose materiali. Il che significa
amministrare bene quanto Dio ci ha dato, distribuendolo in modo giusto fra
tutti.
E qui siamo riportati — anche dalla natura — al nostro vero essere:
quello di vivere in comunione con Dio e tra di noi. La
circolazione dei beni e l'aiuto materiale sono un aspetto di questa comunione
e, contemporaneamente, una maniera pratica per renderla sempre più
reale. Al tempo stesso ricercando prima di tutto questa comunione
corrispondiamo all'invito di Gesù a cercare prima di tutto il Regno
di Dio e possiamo fare anche noi l'esperienza di ricevere « in
sovrappiù », poiché la comunione tra gli uomini
sboccherà logicamente anche in una comunione materiale.
Quel poco che già vediamo realizzato ci dà la certezza che
questa è la strada per far si, anche su scala mondiale, che tutti
abbiano il necessario. E allora parlare di povertà non sarà
più parlare di quel distintivo negativo e umiliante di chi ha troppo
poco, ma dell'armonia e della bellezza (« guardate i gigli del campo...
») di un corpo dove ciascuno ha quanto deve avere: né troppo,
né tropo poco.
Felix Heinzer