trovare il proprio ruolo
E' sempre impressionante, leggendo il
Vangelo, vedere Gesù, passare tra gli
uomini e far fiorire ciascuno nella sua rispettiva personalità naturale
e soprannaturale, svelare cioè al singolo uomo il vero se stesso,
ciò per cui è unico e insostituibile e
che corrisponde pertanto al ruolo irrepetibile che è chiamato a svolgere
sulla terra. Di un pressoché anonimo Cefa
senz'altre ambizioni che una famiglia e una barca, ne fa un Pietro; di un gabelliere,
al quale pur di far soldi non importa di essere catalogato socialmente e
religiosamente fra i pubblicani e i peccatori, ne fa uno scrittore e storico
attento, non privo d'arte letteraria, e un notevole predicatore del Vangelo ai
pagani; a una donna al pozzo, che conta gli anni dai mariti che ha avuto,
risveglia il naturale istinto religioso tanto da farle intuire la presenza del
Messia.
Chi non desidererebbe anche oggi incontrare
Gesti e sentirsi fotografare interiormente, e scoprire cosi la vera
fisionomia di sé e di conseguenza
il proprio ruolo nell'umanità? E se tutti gli uomini potessero vedersi come Dio stesso li vede, sarebbe forse
possibile che a milioni si trovino emarginati o inutili o fuori posto,
frustrati nelle loro aspirazioni e quindi senza significato? O sarebbe
pensabile che per determinati ruoli esista un'inflazione di pretendenti
mentre altri ruoli, forse più importanti e urgenti, vengono cosi
superficialmente scartati?
Il fatto è che l'umanità è ancora lontana
dall'essere un vero corpo dove ogni cellula è funzionale per
l'intero organismo, e appunto perché non conosciamo noi stessi come
ci conosce Dio, e perché spesso non veniamo « riconosciuti » da chi su di noi non ha
lo sguardo amoroso di Dio. La vocazione può anche essere un
mistero, perché inconoscibile a noi è la profondità
dell'io che solo Dio conosce, ma dovremmo evitare, di fame
un problema trascendente o pretendere illuminazioni dirette alla
maniera toccata a san Paolo. Se ci amassimo veramente, Gesù sarebbe
presente e ci svelerebbe il nostro disegno, nascosto ora da aspirazioni incontrollate, dettate per lo più da
interessi per pseudo-valori in voga e profondamente frustranti la vera
nostra individualità personale, l'unica creativa espressione che ci
è dato avere nel mondo.
In una famiglia come può un figlio venir preservato da mille
fantasmi artificiali e frammentari che gli si presentano volta per volta come
finalità valide per la propria vita? Come fargli perdere ogni
atteggiamento egoista in vista di una accettazione
dei valori sociali e comunitari? E poiché fino a questo punto non si
tratta che del perfezionamento dell'« uomo naturale », come
fare a risvegliare in lui « l'uomo
spirituale » con quella libertà inferiore e
potenzialità creativa, capace di distaccarlo da situazioni e da ideali
ambientali predeterminati per rispondere liberamente e personalmente
alla sua autentica vocazione, vale a dire alla volontà di Dio su di lui?
Se per la prima parte può essere sufficiente un test attitudinale e una
pedagogia non-direttiva in un clima familiare e ambientale saturo di armonia,
il conformarsi al piano di Dio su di noi e quindi la nostra vera
identità ha bisogno forse di un tocco, di un appello da parte di
Gesù che ci dice: vieni, la tua strada è questa. Simile appello
è percettibile là dove l'amore è di casa; in una famiglia
o in una comunità dove si vive Maria, colei che per la sua « verginità », non ha un suo
punto di vista predeterminato e predeterminante sul Figlio, ma solo quello di
Dio, anche se per la propria « maternità » può
rappresentare una spada.
Ci sarebbe allora proporzione e armonia di
ruoli nel mondo, e meno che meno ci sarebbe crisi
di vocazioni sacerdotali.
Silvano Cola