Documento del Consiglio Pastorale di Gazzo Padovano sulla

comunione dei beni nella comunità parrocchiale

 

« Avendo constatato da parte di tutti una maggiore sensibilità e di­sponibilità evangelica, soprattutto una maggiore attenzione verso gli altri, vogliamo parlarvi dell'Econo­mia della nostra parrocchia, perché sia fatta in modo più cristiano.

Gesù un giorno ha detto: « Chi è mia madre? Mia sorella? Mio fra­tello? Chi ascolta la Parola di Dio e la mette in pratica, questo è mia madre, sorella e fratello».

Ora noi, come parrocchiani, ab­biamo preso l'impegno fondamentale dì ascoltare la Parola di Dio e di metterla in pratica, attraverso la fra­se del Vangelo che ci viene data come Parola di Vita ogni mese.

Ascoltando e vivendo questa Pa­rola, siamo uniti strettamente tra di noi, diventiamo sempre più fratelli con Gesù, formiamo la Sua famiglia.

Noi sappiamo che in ogni famiglia esiste anche l'aspetto economico: ci vogliono i soldi per vivere, e biso­gna amministrarli bene.

Anche la famiglia di Gesù è fatta di persone e di cose, che hanno biso­gno di soldi. La legge fondamentale di questa famiglia è di volersi bene, è di fare comunione: in modo con­creto, pratico, vivo. Perciò anche i soldi servono per aiutare gli altri e per creare comunione.

I primi cristiani hanno capito su­bito che per fare parte della famiglia di Gesù bisognava mettere in co­munione anche le cose, anche i soldi.

Noi viviamo ancora tanto poco la vita della famiglia di Gesù, ma vo­gliamo cercare di togliere alcuni di­fetti e di amministrare i nostri soldi in modo più cristiano.

Per esempio:

— ci sembra doloroso che i più lontani vedano i loro pochi contatti con il sacerdote (battesimi, Ia comu­nione, matrimonio...) come delle tas­se da pagare per servizi resi.

— non ci sembra giusto che i Sa­cramenti e le Messe siano strumen­talizzati, siano cioè visti come dei servizi con delle « tariffe » da pa­gare.

— non ci sembra cristiano che qualcuno si senta come obbligato a dare dei soldi per una famiglia (quel­la parrocchiale), quando non si sente parte di essa: non c'è vera comu­nione, dove non c'è libertà.

Allora perché l'economia della par­rocchia funzioni in modo più cristia­no crediamo giusto prendere queste iniziative:

A - Creiamo un'unica « Cassa Par­rocchiale », dove poniamo tutte le varie entrate e da dove togliamo i soldi per le varie uscite: concreta­mente consisterà in una cassa posta al centro della chiesa.

B - Esaminiamo quali sono le en­trate che verrebbero poste in questa « Cassa comune per le necessità del­la parrocchia » :

1 - Offerte per le messe, uffici, battesimi, matrimoni, funerali ecc. Riteniamo utile, per evitare i difetti sopra elencati, cambiare il modo di donarle.

Perciò si va dal sacerdote per dire l'intenzione della messa o dell'uffi­cio, per annunciare un battesimo o un matrimonio; ma l'offerta, invece di darla a lui, la si pone nella cassa comune in chiesa, possibilmente quando si partecipa alla messa.

Perché questo?

Perché l'offerta non deve apparire come un « pagare la messa o il sa­cramento al prete », ma come « mo­do concreto, pratico per sentirsi più in comunione con la famiglia di Ge­sù»: la messa e i sacramenti ser­vono, infatti, per farci vivere più uniti.

2 - Le offerte raccolte nell'offertorio della Messa.

Non sono per « pagare la sedia », ma sono un modo per fare comu­nione con Gesù presente sì nell'Eu­carestia, ma presente anche nei fra­telli bisognosi del nostro aiuto.

Perciò cureremo la maniera per rendere più spontaneo, più partecicipato, più solenne anche questo atto che fa parte della messa.

3 - Offerta « quartese » di ogni fa­miglia.

Manteniamo il tradizionale termi­ne « quartese » (era un'offerta che i contadini solevano fare in base ai loro racconti), ma ci pare giusto vederla come un contributo libero e straordinario, fatto da ogni famiglia, in occasione del Natale, alla cassa co­mune per la necessità della parroc­chia (e non del sacerdote).

4 - Dono del latte o del lavoro del Venerdì Santo.

Manteniamo anche questa forma tradizionale come un modo (sem­pre libero) per partecipare, concre­tamente ed insieme, alla donazione di Gesù ai fratelli.

5 - Offerte varie, spontanee, stra­ordinarie...

6 - La congrua dello stato per il parroco, e lo stipendio di insegnan­te del viceparroco.

I nostri sacerdoti si sono sentiti in dovere di mettere tutte le loro en­trate nella cassa comune, per vivere ed esprimere più concretamente la loro unione con noi.

Tutte le entrate che abbiamo elen­cato vengono dunque messe sempre

nella cassa comune per le necessità della parrocchia.

C - Consideriamo quali sono, per ora, « le necessità della parrocchia » ossia le « varie uscite della cassa co­mune » :

1 - Gli aiuti ai bisognosi.

Se siamo una famiglia, è giusto avere lo sguardo rivolto a questi fratelli, sia della parrocchia, sia non della parrocchia, perché facciamo parte di una famiglia più vasta. E' naturale che questi aiuti devono es­sere fatti nella carità e nell'ordine.

2 - Le spese per la vita parroc­chiale e per le opere parrocchiali (partecipazione ai convegni, manu­tenzione degli edifici, asilo, oratorio libri, necessità varie...).

3-Il contributo al sacrestano.

4-Il mantenimento dei sacerdoti.

D - Un membro del Consiglio Pa­storale sarà incaricato a raccogliere i soldi della cassa comune, a tenere la contabilità, e a dare ogni mese a tutta la parrocchia precisa rela­zione sia delle entrate come delle uscite.

Ci sembra anche questo un mezzo per sentirci più responsabili e più famiglia. Conclusione:

Queste iniziative sono state pre­parate nell'ultimo incontro dei capi famiglia; ed essi hanno dato parere favorevole.

Avrete osservato che vogliamo fa­re le cose con gradualità e come esi­genza della nostra vita cristiana; e avrete constatato come non ci inte­ressa ricercare il modo che « fa rac­cogliere più soldi », ma « quello che fa essere più cristiani », cioè più li­beri, più distaccati, più aperti, più uniti, più familiari ».

 

linee di attuazione

Cinque famiglie avevano incomin­ciato a fare mensilmente il bilancio familiare, includendo anche la voce «cassa comune della parrocchia».

Ci siamo accorti che questo fatto esprimeva un nuovo atteggiamento di fronte all'economia della parroc­chia: ai membri di una famiglia (la parrocchia), non si fa l'elemosi­na, ma si considera ciò di cui cia­scuno abbisogna e ciò di cui si può disporre.

In aprile i sacerdoti hanno comu­nicato quest'esperienza a tutti i par­rocchiani, perché fosse per tutti una luce nel vivere l'economia parroc­chiale in modo più comunitario e responsabile.

Ci è sembrato di cogliere che altre famiglie mettono ora nel bilancio familiare mensile anche questa voce, cioè sentono più concretamente la parrocchia come famiglia.

Un altro passo di rinnovamento nell'economia parrocchiale è stato il considerare tutta la Chiesa come parrocchia nostra. Quando c'era da fare una spesa ci si metteva sempre più dinnanzi alle necessità di tutta la Chiesa, perché quella spesa non risultasse un egoismo parrocchiale».

In questa luce abbiamo visto l'op­portunità di fare alcune spese in parrocchia e di tralasciarne altre meno importanti, mentre ci è parso logico destinare una somma, vista opportuna dal Consiglio Pastorale, alla parrocchia di Fontem in Africa e un'altra alla tendopoli di Loppiano, come realtà della Chiesa che sen­tivamo particolarmente nostre.

Un altro passo importante è stata la ricerca di ordinare meglio l'ammi­nistrazione della cassa comune. Fino­ra questo lavoro era svolto o dai sacerdoti o da qualche laico, che davano relazione al Consiglio Pa­storale. In una riunione il Consiglio Pastorale ha eletto sette parrocchiani che in collegamento con esso curas­sero constantemente l'amministrazio­ne, liberando totalmente i sacerdoti da questo impegno.

Nella stessa riunione i sacerdoti sono stati liberati anche dall'onere del comitato dell'Asilo parrocchiale, che faceva capo a loro, rinnovandolo completamente e democraticamente, sempre in collegamento e collabora­zione con il Consiglio Pastorale.

Ecco ora alcuni fatti importanti della nostra comunione dei beni a livello parrocchiale:

In Quaresima il Vescovo ha invia­to alla diocesi una lettera, nella qua­le ci invitava a passare quel periodo in comunione con Dio e con i fra­telli.

Come risposta all'invito del Ve­scovo, abbiamo sentito l'esigenza di rinunciare a qualche cosa per condi­videre i nostri beni con una parroc­chia più bisognosa, Palmares del Brasile.

Nei giorni feriali, alla messa che era fatta per gruppi di famiglie, ogni famiglia donava i frutti delle pro­prie rinunce. Il totale è stato di 180.000 lire.

In marzo una famiglia è stata col­pita dalla morte del papa di tre bambini. La parrocchia si è sentita vera­mente unita e parecchie persone hanno espresso subito l'esigenza di essere concretamente vicini a quella famiglia, dove restava una vedova giovanissima e senza lavoro.

Si è riunito il Consiglio Pastorale che ha deciso di inviare una lettera ad ogni famiglia per comunicare che come parrocchia si faceva concreta­mente nostro questo dolore con le sue conseguenze, dando l'aiuto ne­cessario, reale e ordinato.

Fu una gara di generosità e comu­nione: in pochi giorni si raggiunse la somma di L. 845.000 (circa L. 5000 per famiglia, essendo 175 le famiglie della parrocchia).

Allora si è visto che il modo mi­gliore per aiutare con quei soldi la vedova era di consegnarle L. 50.000 al mese, per due anni.

Ci sono stati tanti altri fatti di generosità: durante la riunione del Consiglio Pastorale, Piero, papa di 10 figli, ha sentito dentro di sé la responsabilità di quegli orfani e ha voluto esprimerla impegnandosi a pagare ad uno di loro la retta del­l'asilo per tre anni. I fanciulli delle elementari hanno portato i loro ri­sparmi, una famiglia ha donato delle maglie, il fornaio il pane per tre mesi, altri hanno portato soldi diret­tamente alla vedova.

Abbiamo conosciuto Abramo, un ragazzo dell'Eritrea che studia nella nostra provincia e tiene un contatto frequente con noi. Durante le vacanze desiderava tornare in famiglia, ma gli mancavano i soldi per il viaggio. Abbiamo informato del fat­to i parrocchiani e spontaneamente gli sono state donate L. 145.000, e si è cercato di procurargli un lavoro dì un mese perché, anche lui personal­mente, potesse guadagnarsi qualcosa. Arrivato in Eritrea, dopo pochi gior­ni ci scriveva una lettera in cui, tra l'altro, diceva: «... Grazie a voi sono riuscito a vincere il mio egoi­smo. Io qui ho passato momenti ve­ramente duri, ma pensando che ci siete voi al mio fianco, sono riuscito a superare tante difficoltà ».

Anche i bambini cominciano a sen­tire questo spirito. Per esempio, in preparazione alla loro prima comu­nione, hanno messo da parte dei soldi per comperare un vestito per due amici poveri, rinunciando perso­nalmente a qualcosa di superfluo, come i confetti ecc...

Alcuni giorni fa, una signora che partecipava per la prima volta al Consiglio Pastorale ha colto lo spi­rito che lo anima e ne è rimasta profondamente scossa. Dopo due giorni, ci consegnò L. 100.000 per pagare la retta dell'asilo ad un bam­bino povero di un paese confinante di cui aveva conosciuto le difficoltà familiari.

Nel mese di agosto un signore di Milano partecipò ad una messa par­rocchiale e fu colpito dal clima fa­miliare e semplice.

Il giorno successivo si incontra con il parroco e gli consegna una busta con L. 200.000 da destinarsi ai poveri.