Parola di vita: «Porrò inimicizia fra te e la donna», (Gen.
3, 15).
L'articolo in prima pagina «Cuore dell'umanità», di Chiara
Lubich, ci è sembrato uno splendido e originale commento a questa parola
della scrittura. Ci dispensiamo pertanto, per questo numero, dalle solite note
esplicative.
I frutti che nascono quando
ci si Impegna non solo a conoscere ma a
vivere la
parola
Vangelo vissuto alla lettera
Non saprei dire esattamente quale era il
mio atteggiamento di fronte alle parole della Scrittura. Certamente di rispetto
e di interesse. Era anche motivo di studio perché sapevo che su di essa
si basava la mia fede. Molte volte forse non ero lontano dalla posizione di
quei manuali di teologia dove la Parola di Dio veniva citata come «
autorità » per « confermare » le proprie
posizioni. Una cosa mi pare certa: di non aver avuto la coscienza profonda che
bisognava cercare di tradurrla in vita giorno per giorno. E' curioso come uno
possa leggere venti volte il passo del Vangelo dove si parla di amare i
nemici senza pensare di andare a riconciliarsi con tizio e caio dai quali
ci dividono forse delle difficoltà banali; o « non giudicate mai
nessuno » e continuare a parlare ironicamente degli
altri; o « siate membri gli uni degli altri » e
continuare ad usare egoisticamente delle proprie cose senza badare mai
agli altri, ecc.
Il fatto è
che la prima volta che sono andato ad un raduno dove si parlava di queste
cose con schiettezza, mi sono proprio meravigliato. Quando
sentivo dire: «
il marito deve mettere Dio al primo posto, prima anche della moglie e dei
figli; i figli devono amare Dio più di tutto, anche dei propri genitori...
», lo sapevo che stavano ripetendo delle parole del Vangelo, ma mi
dicevo: « Questi esagerano. Sono fanatici. Prendono il vangelo troppo alla lettera... ».
E quando poi ho avuto una
loro pubblicazione dove si parlava di come realizzare la comunione
dei beni, ho chiuso la rivista. Non perché
non mi interessasse. Ma perché per la prima volta — io che ero
stato dirigente nazionale degli studenti cattolici ed altro —, ho avuto
paura. Se continuavo a leggere mi compromettevo. Cominciavo a capire che
erano loro ad avere ragione. Il mio cristianesimo si basava si sul vangelo, ma anche su tanti ragionamenti umani, a
volte intelligenti, ma lontani dalla radicalità
e dalla sapienza delle parole di Gesù. Capivo l'amarezza di Kierkegaard quando rimprovera alla "scienza
cristiana" di « essere l'invenzione dell'umanità per
difendersi contro il Nuovo Testamento, per assicurarsi di poter continuare
a essere cristiani senza però che il Nuovo Testamento ci venga
troppo vicino ».
Allora ho cercato di cominciare anch'io. Prendevamo
una frase del Nuovo Testamento e cercavamo di viverla per qualche settimana. All'inizio mi ricordavo di rado. Poco a poco però ho constatato con sorpresa che tutte le
parole della scrittura potevano essere vissute. Non c'erano di quelle inutili o
senza importanza, e vivendo fino in fondo una parola, quella mi portava a
vivere implicitamente tutte le altre.
La cosa più
forte è stato sperimentare la potenza che esse avevano per
trasformare la vita, e l'abisso di profondità e di senso che schiudevano. Ho
capito meglio i Padri della Chiesa e gli antichi che parlavano di "diversi
sensi" nella Scrittura. Anche con le loro ingenuità e debitori della cultura del loro tempo, avevano
capito che non basta uno studio "scientifico" per capire la Parola di
Dio.
Oggi questo si afferma normalmente negli
studi biblici: è necessaria la
scienza per capire cosa esattamente dice o non dice il testo. Ma poi ci
vuole la vita della comunità. E' quello che si è chiamato
"circolo ermeneutico": capire per credere e credere per capire. In
altre parole: è necessario capire per amare, ma solo amando capiamo
di più.
Però
queste cose restano a livello di bei principi e
idee se non si impara a vivere giorno per giorno, una ad una, quelle
parole.
Non basta "saperle". « Tra il dire e il fare c'è di mezzo il
mare », dice la saggezza popolare. Io, almeno, sperimento ogni
giorno sempre più chiaramente che un discorso sull'amore non
è ancora amare.
Enrique C.
Ho visto che eri cambiato
L'incontro con il Movimento dei Focolari è stato per me inizialmente l'incontro con la
Parola di Vita. Avevo capito che Dio mi amava: la ricerca di come rispondere a
questo amore mi ha fatto scoprire la Parola di Vita. Cosi quando incominciai
ad incontrarmi regolarmente con altri sacerdoti, quegli incontri avevano
per me questo scopo: andavo per capire la Parola di Vita del mese e per imparare
a viverla. Alla fine del mese mi trovavo a sommare quasi costantemente le
occasioni mancate. Innumerevoli volte si era presentata l'occasione favorevole
e non l'avevo colta. Però quell'attimo, forse uno solo in tutto il
mese, in cui l'avevo vissuta, mi riempiva di gioia lasciandomi la speranza che
avrei potuto viverla intensamente. L'incontro con i sacerdoti continuava ad essere il mio
allenamento.
In una parrocchia poco lontana si
incontravano settimanalmente alcuni giovani con
il viceparroco. Ho incominciato a frequentarli, quasi ad intensificare la mia
scuola. Ho invitato in seguito anche alcuni giovani della mia parrocchia.
Dicevo loro: « Andiamo ad imparare come si vive
il Vangelo e diventeremo un pò più
cristiani ». Speravo di uscire così dal mio fallimento
pastorale e di rompere la solitudine che mi pareva quasi una condanna nella mia
parrocchia di 200 abitanti. Sono venuti, ma è stato un fuoco di paglia.
Dopo pochi giorni ero di nuovo solo.
Ho capito dopo che Dio mi amava tanto da non
lasciarmi accomodare in facili e false illusioni. Per questo aveva messo a
nudo l'egoismo delle mie aspettative pastorali. E' stata una lunga sofferenza,
con la tentazione di sedermi nella disperazione. La nebbia dell'inverno mi
teneva isolato in parrocchia. Ho asciugato gli occhi, ho radunato tutte le mie
forze e ho ridetto il mio "si" a Dio, che voleva dire impegnarmi io a
vivere per primo.
In primavera ho ripreso gli incontri con
i sacerdoti. Dio mi spingeva li, mi faceva capire che lo incontravo
li.
Dopo poco tempo eravamo due in parrocchia a
vivere la Parola di Vita: un giovane la viveva con me. Ci incontravamo quasi
ogni giorno per comunicarci ciò che Dio ci aveva
dato di vivere. Un giorno mi ha detto: « Ho deciso di seguirti, perché
ho visto che tu eri cambiato ». Più tardi eravamo già in
sei a vivere lo stesso impegno. Cercavamo di
ricordarci l'un l'altro la Parola di Vita e di donarci
ogni esperienza vissuta.
Sempre più
Dio mi spingeva a cercare Lui insieme con i sacerdoti con cui mi incontravo e a donarmi
pienamente a Lui nei fratelli in parrocchia...
La sala della casa parrocchiale incominciava
a diventare troppo piccola per ricevere quanti venivano per stare una sera con
noi. Erano giovani di diversi paesi e ci interrogavano sulla nostra vita. Noi
cercavamo di esprimere cos'era per noi seguire Dio e vivere concretamente
la sua parola.
Questa esperienza si è approfondita e continua. Ricordo uno degli
ultimi episodi. Tre giovani che venivano da una
esperienza di impegno nell'estrema sinistra maoista sono venuti nella
nostra comunità per tutta l'estate. Una volta ho chiesto loro: «
Perché continuate a venire? ». Uno mi ha risposto: « Non ho
mai avuto la fede, e vorrei trovarla come la vedo nei giovani che
incontro qui ».
d. Giuseppe
Capire con la misura della vita
Per me l'incontro con la Parola di Dio ha
avuto diverse fasi.
Appena diventato sacerdote era soprattutto un
modo di pensare che dovevo trasmettere agli altri, del quale mi sentivo sicuro
nella misura in cui lo conoscevo, anche se presto mi è apparsa evidente la non-incidenza che esso aveva
nelle situazioni concrete della gente.
Allora ho iniziato, con degli amici, lo
studio particolareggiato del Vangelo, cercando di riflettere in esso la mia vita. Il Vangelo mi interrogava. Era
interessante, però mi accorgevo che
il Vangelo diventava una ricchezza: lo coglieva di più chi aveva
più intelligenza. Ma la Parola di Dio poteva essere motivo di
discriminazione?
In questa situazione anche per me è stato decisivo l'incontro con
persone che mi hanno fatto vedere come il Vangelo poteva tradurrsi nella storia
della mia vita.
Ho incominciato. Le prime volte erano solo
tentativi, ma in questo ultimo anno la Parola di Vita è diventata una realtà che ha cambiato
la mia vita.
Sono andato in un piccolo paese con
l'intenzione di approfondire la conoscenza che già avevo della Bibbia, poiché ne avevo il tempo. In
realtà le circostanze mi hanno portato a non poter mai studiare, ma
a fare della Parola di Vita l'unico programma per me e per la
pastorale.
Cerco di esprimere alcuni aspetti di questa
esperienza.
Ho colto ad esempio, e vissuto per la prima
volta con profondità, la realtà che
noi formiamo la famiglia di Dio. Mi hanno aiutato
le parole di Gesù: « Mia madre e miei
fratelli sono coloro che
ascoltano la Parola di Dio e la osservano ».
Io sapevo che c'erano nel mondo, accanto e lontano da me, quando ero solo o con
qualcuno, persone che ascoltavano e mettevano in pratica la parola di
Gesù. Con loro potevo dire di avere lo stesso sangue, eravamo
realmente membri di una nuova famiglia umana. Perciò guardavo agli altri
con amore, con occhi nuovi e criteri nuovi.
Pian piano mi accorgevo di far mie le Parole
del Vangelo con la misura della vita, non della testa e che, se non potevo
studiarlo, pure riuscivo a "comprenderlo" molto di più. Certo anche lo studio è utile, ma secondario, ed esso stesso ne guadagna molto per
questa strada Succedeva che, mentre prima avevo gruppi che
"scoprivano" il Vangelo, ora vedevo persone cambiare vita. A
scuola, per esempio, non c'era solo una crescita di conoscenza, ma un
cambiamento di vita che si esprimeva in esperienze.
Un aspetto nuovo che inizio a scoprire è la trasformazione che la Pa rola di Dio porta
nel vivere la confessione. Senza fare lezioni sul rinnovamento della
penitenza, vedo che le persone che vivono la Parola si confessano in un modo
nuovo, più vitale, più positivo, e meno formalistico.
d. Lorenzo
L'esegesi non bastava
Ero abituato a considerare la Scrittura come
un libro molto affascinante, interessante da studiare e da meditare. Quasi
la ponevo sullo stesso piano di altri libri qualificati: come il Manzoni nei
Promessi Sposi mi trasmetteva il suo animo, i suoi ideali, così Dio attraverso la sua Parola scritta, mi
comunicava il suo modo di vedere la realtà, la sua azione salvifica.
L'atteggiamento che avevo
di fronte alla parola di Dio era di meraviglia, di rispetto, di ascolto, ma il
suo messaggio mi appariva talmente elevato da farmi pensare che nulla avesse a
che fare con le normali situazioni di ogni giornata, nelle quali dovevo
cavarmela da solo, con le mie capacità
umane.
Andava bene per quei momenti particolari in
cui primeggiava l'elemento soprannaturale: nelle pratiche
di pietà, nell'attività pastorale
ecc...
Per questo a proposito di certe frasi che mi
stimolavano a « cercare prima
di tutto il Regno di Dio...», a « anteporre a
tutto la carità », a vivere per Dio in ogni situazione,
avevo cercato attraverso l'esegesi di coglierne il "senso lato",
senza afferrarne il messaggio immediato, chiaro, concreto e accessibile a
tutti.
Quando ho incontrato delle
persone che mi hanno fatto vedere come la loro vita si era trasformata
al contatto vivo, quotidiano col Vangelo, ho incominciato piano piano a fare
anch'io altrettanto.
Quella stessa vita di prima mi è apparsa più dinamica,
ogni giorno nuova. E' Dio stesso, che attraverso la sua Parola mi
aiuta a vedere chiaro in me stesso, che dà
la spiegazione ad ogni "perché"
che si accumula nella mia vita, che dà significato ad ogni rapporto con
i fratelli.
Sforzandomi di vivere giorno per giorno una
Parola di Vita, sperimento come la mia vita si unifica, si semplifica e si
trasforma. E trovo la conferma che la Parola di Dio è veramente come la pioggia che non cade invano:
è Lui stesso, è la sua volontà manifesta, adatta per ogni
situazione della giornata.
Luigi