CRONACA GEN'S:

incontro di delegati europei

a cura di Luigi Bonazzi

 

La cronaca del raduno è pre­sto fatta: Eravamo 87 semina­risti di tutta l'Europa occidenta­le, dalla Jugoslavia al Portogal­lo fino a Malta e alla Germania; coi tempi che corrono ci pareva una piccola ma reale rappresen­tanza di una nuova gioventù chiamata al sacerdozio. Quattro giorni di incontro, dopo una o più giornate in treno, dopo set­timane di preparativi per orga­nizzarsi economicamente, per ar­rivare ad incontrarsi con altri ma anche per mettere subito mano alla scopa, dopo i saluti, e sistemare la casa, o alle pen­tole per preparare i pranzi e tutto il resto. E assieme a questo lavorare gli uni per gli altri, portar dentro profonda una con­vinzione che ha poi animato tutto il raduno: cioè la convin­zione che in Dio già ci sono le risposte a tutti gli interrogativi che oggi si agitano tra i cri­stiani e per noi in particolare, e che noi potevamo conquistar­cele: bastava mantenere l'amore reciproco per meritare la pre­senza di Gesù in mezzo a noi, che sarebbe stato la luce. Era forte l'esigenza che la parola di Dio, parola viva, trovasse in noi quell'incarnazione che la rende oggi attuale e credibile. Per que­sto abbiamo parlato di aspetti molto concreti, ma ugualmente importanti per una vita cristia­na che voglia essere armonica. Non tentiamo una sintesi dei principali temi sui quali assieme ci siamo confrontati, ma lascia­mo la parola ed alcune esperien­ze su due degli argomenti che ci hanno interessato.

La prima è di un gruppo di Maltesi sulla comunione dei be­ni: « La nostra esperienza di co­munione dei beni è ancora gio­vane — racconta Adrian —. Tutti però siamo arrivati a que­sto passo dopo aver deciso di mettere al primo posto, prima di ogni altra cosa, Dio. Dopo que­sto si, ci siamo vuotati anche le tasche. E una conferma di come sia vero che, quando si cerca il regno di Dio, poi arriva anche il resto, è stata la preparazione del viaggio per arrivare all'incontro. Dopo aver visto chi di noi do­veva partecipare, io ho preno­tato il posto in aereo prima an­cora di sapere quanti soldi ave­vamo. E abbiamo potuto pagare tutto senza dipendere dalle fami­glie, che sono la nostra normale fonte di entrate ».

Due fatti sull'« apostolato ».

E' Francesco che racconta: « Il primo riguarda un certo Giorgio che fa il quinto anno di teologia e ha deciso di vivere in unità, cioè in comunione to­tale con noi. A questa decisione non è arrivato perché abbiamo cercato di convincerlo... è stato soprattutto perché lui ha visto un pò come si viveva tra noi cinque. Quando ha voluto par­lare con me, gli avevo detto: « Guarda, noi viviamo così... Se te la senti puoi incominciare ». E lui qualche volta veniva, stava con noi. Si parlava cercando di comunicarci le nostre esperienze. Un giorno mi ha detto: « Vedi, questi incontri mi danno la forza di poter andare avanti per una settimana senza mai andare giù ». Poi è arrivato un periodo in cui Giorgio, per delle preoc­cupazioni in famiglia e sue per­sonali, si è un po' allontanato da noi. E l'abbiamo lasciato fa­re, preoccupandoci noi di vivere.

Alla fine di novembre, sono venuti a trovarci Zeno, Gior­gio e Silvano che fanno la no­stra stessa esperienza studiando a Roma. Per una serie di mo­tivi pratici non si era potuto avvisarlo e lui era rimasto male. A cena mi ha detto, un poco ar­rabbiato: « Voi mi trattate co­me un fanalino di coda. Io vedo che tra voi c'è una bella vita e non mi dite niente ». Non sa­pevo che fare. L'ho invitato a fare due passi e gli ho detto: « Senti Giorgio, io non sapevo fin dove tu eri interessato alla nostra vita. L'importante è che, se tu devi dire una cosa, la dica semplicemente. Certe scelte devi farle tu ». Lui mi ha risposto: « Sono contento che tu mi dica questo, soprattutto sono con­tento di arrivare a questa scelta personalmente, perché se tu mi avessi detto: « Giorgio, fa que­sto, fa quello... », io ti avrei mandato a quel paese ».

Continua ancora Francesco: « Si tratta di Oriol, un giovane spagnolo, ora in Svizzera per motivi politici. Aveva 16 anni quando ha lasciato la Spagna. Il rifiuto dello Stato era coinciso con il rifiuto della Chiesa. Noi l'abbiamo conosciuto a Pasqua dello scorso anno, tramite una amica che ce l'aveva presentato. Siamo rimasti con lui una setti­mana. Abbiamo fatto tante cose insieme, senza mai parlare di Dio, soltanto volendogli bene.

Per esempio, sapevamo che fu­mava tabacco, allora siamo an­dati a comperargli quello che gli piaceva. E' rimasto colpito quando l'ha ricevuto. Spesso ci chiedeva: « Come mai fate tut­te queste cose?... ».

Poi è ritornato a Ginevra.

Ci siamo tenuti in contatto mediante lettere. In giugno sia­mo andati a trovarlo con la « 500 » e siamo rimasti con lui tre giorni, anche lì senza mai parlare di Dio.

Sarebbe bello leggervi le sue lettere e scoprire il suo cammi­no spirituale. Comincia col dire che sente l'amore, che sente che gli altri gli vogliono bene. Co­mincia a dimenticare tante cose, e dopo tre mesi dice: « La Chie­sa l'ho ritrovata in voi... ».

In luglio siamo venuti a Ro­ma per lavorare e l'abbiamo in­vitato: « Se vieni a trovarci, ve­drai cosa facciamo ». E' rima­sto tre giorni con noi e si è messo subito a lavorare, come gli altri. Al mattino veniva alle meditazioni e al terzo giorno ha fatto la sua prima comunio­ne. Ci diceva: « Perché non mi avete mai parlato della vostra vita? ». E noi: « Sai, non è che si debba parlare, importan­te è vivere ».

Dopo due mesi, in ottobre, nelle sue lettere incominciava a parlare di Dio, dicendo d'averlo trovato. Tra l'altro: « Adesso capisco cosa significa essere cri­stiani — scriveva — e la Chiesa che avevo in testa io, non era quella vera ».

Siamo andati a trovarlo ad ottobre a Ginevra. Siamo stati con lui e una sera l'abbiamo por­tato in Focolare. Ricordo che, alla nostra partenza, ci diceva: « Adesso ho trovato qui la mia famiglia ».

A questo punto il nostro com­pito era finito. Aveva ritrovato la sua strada ».