un documento della diocesi di Palmares - del
nord-est brasiliano - sulla
evangelizzazione
Abbiamo letto con grande interesse il
documento della Commissione Teologica Internazionale inviato dalla Santa Sede a
tutte le Chiese particolari del mondo.
All'inizio di detto documento incontriamo
questo suggerimento: « E' oltremodo utile
che si faccia la comunicazione delle esperienze positive e negative nelle
chiese tra loro e con la Sede Apostolica, affinché l'azione coordinata
del popolo dì Dio, a partire da questo, possa essere orientata con
maggior efficienza per l'evangelizzazione ». (Introd.
n. 5).
Sensibili a questo orientamento, desideriamo
presentare la nostra esperienza per dare il nostro piccolo contributo allo
studio dell'evangelizzazione del mondo moderno.
Non partiamo da punti di vista teologici, ma
semplicemente da una esperienza concreta di comunione
tra sacerdoti, come esige il Vaticano II (Presb. Ord. n. 7 e 8) rifacendosi
evidentemente al Vangelo (Gv. 17, 21; Mt. 18, 20).
Fin dal 1969 stiamo facendo questa esperienza
di comunione passando per molte difficoltà e prove che, grazie a Dio, finora siamo riusciti a superare. Anzi
ci sembra che siano state le difficoltà la parte più
autentica ed importante della nostra esperienza, essendo servite per chiarire
in noi una idea: non si può vivere la comunione se non si è
Vangelo vissuto. Infatti tutte le difficoltà
erano originate dalla mancanza di vita, per parte di alcuni e di tutti,
di qualche aspetto del Vangelo. Partendo da qui si è sviluppata in noi
l'idea che l'esperienza di comunione tra noi potrebbe costituire una vera
evangelizzazione.
Non solo, ma i risultati ottenuti e la nostra
riflessione su di essi ci hanno fatto pensare che
questo tipo di esperienza forse è
la semente, la base, l'anima, l'elemento fondamentale di ogni tipo di
evangelizzazione.
Per questi motivi: a)
evangelizzare significa portare a conoscere il Vangelo: far conoscere il
messaggio cristiano. Ma conoscere in senso biblico non è solo un sapere teorico, ma una
esperienza di amore. Si tratta di trasmettere un'esperienza. Ed è
logico che la possiamo trasmettere solo se l'abbiamo.
b) Nella prima lettera ai
Tessalonicesi 1, 5 si dice: «
...perché il nostro Vangelo non è stato annunziato solo in
parole, ma anche nel potere, nello Spirito Santo...». Non è forse
la vita di comunione l'ambiente e la condizione ordinaria dove lo Spirito
Santo può esprimersi e manifestare la sua forza operante?
Molte frasi del Vangelo ce
lo confermano:
—
« In questo conosceranno che siete miei discepoli, se vi amate gli uni
gli altri » (Gv. 13, 35): Comunione =
condizione per essere cristiano.
—
«Che tutti siano uno, perché il mondo creda» (Gv. 17, 21): Comunione = condizione per generare la fede
nel mondo.
—
«...li mandò due a due...» (Mt. 6,
7): Comunione = condizione necessaria per esercitare bene la funzione di
evangelizzatori.
— « Andate e fate miei discepoli tutti i
popoli... ed io starò con voi tutti i giorni... » (Mt. 28, 19-20):
In che modo starà con noi, se non: « Dove due o tre stanno uniti
nel mio nome, là sarò io in mezzo a loro» (Mt. 18.20)?
La comunione è la condizione necessaria per generare la presenza di Cristo, in
modo che l'evangelizzazione porti i popoli a fare un'esperienza col Cristo
(diventare suoi discepoli) e non a fare l'esperienza di una determinata
civiltà (colonialismo).
E' cosi essenziale
la comunione per fare una vera evangelizzazione che, secondo la nostra
impressione, per Gesù evangelizzazione e
comunione
sono sinonimi che dicono la stessa realtà,
cioè la vita trinitaria Vissuta sulla terra.
In questi anni di esperienza si è andata sempre meglio chiarendo in noi la figura
del sacerdote come animatore dell'evangelizzazione. E ci sembra che questo vale
per qualsiasi evangelizzatore. Il sacerdote, il pastore, deve avere una
caratteristica: essere leader di comunione, possedere cioè una tale
esperienza di comunione che possa creare l'unità tra i fedeli, e creare
la vera comunità. Noi sacerdoti infatti siamo
inviati per evangelizzare, cioè per fondare comunità, ma mai
riusciremo a formare autentiche comunità, se non siamo noi per
primi sementi di comunione, se non abbiamo una vera esperienza di
comunione tra noi. La comunione dei fedeli tra di loro
e con noi presuppone sempre la comunione tra noi sacerdoti, come l'esperienza
del collegio apostolico è stata la semente delle comunità
cristiane dei primi secoli e di tutti i tempi.
Infatti come risultato di
questa comunione tra noi, abbiamo visto nascere vere comunità parrocchiali. La risposta è stata
così superiore ad ogni aspettativa che ha confermato in noi la
convinzione che gli uomini vogliono solo quel Cristo che genera la comunione
tra loro. Abbiamo persino constatato che gli alti e bassi della vita delle
nostre comunità corrispondevano in modo impressionante agli alti e bassi
della comunione tra noi. E siamo arrivati a questa conclusione: « L'efficienza
pastorale o di evangelizzazione di un sacerdote è direttamente
proporzionale alla sua vita di comunione coi confratelli nel sacerdozio e col
suo Vescovo»»
Abbiamo fatto anche un'altra esperienza, che
ci ha aiutato a capire che questo tipo di evangelizzazione eleva anche il
livello sociale del popolo che, evangelizzandosi, si umanizza.
In linea con la mentalità della nostra regione (Nordest del Brasile), ci
siamo mossi in due opposte direzioni:
a) Promuovere socialmente per evangelizzare.
b) Evangelizzare nella speranza che si
promuovano... dal di dentro, con iniziative personali,
partendo dalle loro possibilità concrete.
a) Promozione sociale per poi evangelizzare.
Siamo nel nordest brasiliano, nella zona della canna da zucchero, della
monocultura e del latifondo. I lavoratori della terra vivono raggruppati in
piccole casette in mezzo ai campi. In uno di questi raggruppamenti abbiamo
promosso l'iniziativa di un orto che, coltivato nelle ore libere, avrebbe dato
il necessario in verdure per le famiglie. Ottenuto il terreno, un gruppo di
parrocchiani lo ha recintato e preparato per la piantagione, ma poi tutto è morto... Gli abitanti
del posto hanno lasciato crescere le spine in quell'orto,
perché noi non avevamo creato prima lo spirito comunitario evangelico
in loro.
b) In altri raggruppamenti umani che vivono
nelle stesse condizioni di sottosviluppo, ma dove alcune famiglie hanno
cominciato questa esperienza di comunione evangelica, è avvenuto quanto segue:
1) I lavoratori hanno preso coscienza di
essere persone umane, perché facenti parte di
una grande famiglia, dove trovano amore concreto.
2) Essi si sentono liberi e sereni e si
aiutano mutuamente, riuscendo a risolvere i problemi della loro vita con
maggior facilità.
3) Hanno capito spontaneamente che un mezzo
per avere un'alimentazione più
conveniente e meno dispendiosa è coltivare ortaggi. Aiutandosi
mutuamente hanno organizzato tanti orti, di modo che oggi si
possono distinguere quelli che vivono una vera vita parrocchiale dall'orto
attorno la casa.
Concludendo vorremmo dire come frutto della
nostra piccola esperienza che l'elemento fondamentale di qualsiasi tipo di
evangelizzazione è fare un'esperienza
di comunione. Anche perché la comunione crea l'equilibrio
tra le varie tendenze e metodi, dà la capacità di sensibilizzare
il popolo all'essenziale del Vangelo, e infine aiuta a capire le esigenze delle
persone, onde rispettarne la crescita graduale, evitando il pericolo di «
dare le perle ai porci » (Mt. 7, 6).
Siamo coscienti di non aver detto niente di
nuovo, perché tutto questo lo dice il Vangelo e ci
è stato ricordato dal Concilio, ma abbiamo voluto portare solo la nostra
esperienza. Abbiamo sperimentato che è necessaria una evangelizzazione
integrale che cominci però dalla testa, che siamo noi preti, per passare
poi efficacemente nel corpo, che sono i fedeli.
Abbiamo constatato di fatto che il nostro
migliore contributo per evangelizzare il nostro popolo è stato l'impegno di evangelizzare prima di tutto
noi stessi, sforzandoci di vivere come viveva la prima comunità di
Gerusalemme, come vivevano gli apostoli.