conoscere insieme
Senza luce non si vede. E ci sono luci
diverse per vedere in situazioni diverse o oggetti diversi, ma è sempre essa, la luce, una condizione essenziale
per la conoscenza. Nessuno pretende di vedere i colori senza la luce fisica,
come nessuno pretende di conoscere l'essenza razionale delle
cose senza l'intelletto, o le multiformi correlazioni della realtà
vivente senza la ragione. Ma già per arrivare alla conoscenza
dì una persona si richiede una partecipazione intuitivo-affettiva
al suo mondo psichico, ossia una conoscenza comprensiva dei suoi
stati psichici cosi come essa li sente. In questo
genere di conoscenza l'estraneità all'altro è impossibile, a meno
di accontentarsi di una descrizione dell'altro che non è, di fatto,
conoscenza. Conoscersi, tra persone, implica una qualche comunione di
vita, una partecipazione alla vita dell'altro che non può risultare
mai unilaterale. Pertanto, come la luce fisica o intellettuale è
condizione essenziale per la percezione dei rispettivi oggetti, la comunione
lo è per la conoscenza della vita.
Ma conoscere Dio è un'altra cosa ancora. Poiché, per la « distanza », la conoscenza detta
vita di Dio cosi com'è in sé non è naturalmente possibile,
è giocoforza che sia Dio a fare il primo
passo svelando se stesso, in modo che la nostra ragione illuminata da
questa rivelazione possa averne una qualche conoscenza,
per quanto teorica e astratta (Dio visto ancora come oggetto estraneo). Ma in
questi limiti non si può dire di conoscere il Dio vivo, a meno che ci venga data la possibilità di partecipare in qualche
modo alla sua stessa vita in una comunione interpersonale.
Tutti sappiamo che in Gesù questa possibilità ci è stata
data, avendo lui assunto l'umanità e rendendo con ciò
possibile anche la reciprocità tra Dio e l'uomo e — di conseguenza — tra gli
uomini. Ciò vuol dire che la conoscenza di Dio e la conoscenza dell'uomo
— cosi com'è conosciuto da Dio — è
mediata da Gesù. In Gesù è la compiutezza e la
totalità del divino e dell'umano, e pertanto è Gesù la
luce di ogni conoscenza divina e umana. Non per nulla san Giovanni afferma che
Gesù è la luce che illumina ogni uomo, e san Paolo lo definisce «
sapienza di Dio ».
Ma quali riflessi può avere tutto questo sulla metodologia della conoscenza?
Che chi non ama rifiuta la reciprocità, rifiuta la comunione, e si pone
di conseguenza al di fuori della possibilità di ogni conoscenza vitale
poiché al di fuori dal vero rapporto
conoscitivo; mentre là dove c'è reciprocità di amore
c'è la condizione adeguata per ogni conoscenza divina e umana,
poiché c'è lo Spirito di verità che ci guida verso « tutta la verità ».
Amare non è soltanto un comandamento morale; amarsi non
è soltanto un'attuazione spirituale; è anche avere fra
sé Gesù, e quindi il presupposto e la condizione e la mediazione
del conoscere.
Silvano Cola