di chiara lubich

pensieri sulla santità

 

Lumicini e stelle

Se il giorno dei morti ti rechi al Veruno vedi una distesa ster­minata di tombe. E verso sera, al palpitar della notte, s'accende per ogni salma un lumicino. Una tomba comune raccoglie un nume­ro senza numero di morti e per ogni morto una favilla. Numero sen­za numero quelle luci, simili ad uno squarcio della via lattea calato in terra.

Passano i giorni ed ogni di' conta a migliaia quelli che più non sono.

C'è un giorno stabilito per ognuno. E verrà il giorno mio, il tuo, quello per tutti.

Un lumicino in più accanto ai tanti. Qualche giorno di pianto e di cordoglio dei vicini, poi torna la corsa della vita uguale a prima. E accanto al pianto tuo uno sfrenato jazz nel bar; un bianco fiocco sulla casa di fronte; l'urlo della sirena della croce rossa che dice pericolo, e il botto d'uno champagne che annuncia nuove nozze. Vecchi randagi, appoggiati a portoni tarlati, signore imbellettate, emblemi di vanità.

Questa la vita.

Ma se le stelle hanno il loro nome, non molti lumicini del Vera­no dicono una voce. Son morti! morti... ben presto senza nome.

Son morti perché vollero la vita.

Son morti perché in vita non morirono.

C'è invero il coraggioso che affrontò la morte e fu pronto sul

suo nulla a lasciar vivere il Signore.

Quegli vive nella gloria eterna e nella imperitura memoria dei mortali.

Quanti contemporanei d'una Teresa d'Avila, d'un Francesco, d'un Vincenzo. Ma chi ricorda i nomi? Passarono e non rimase orma.

I santi sono fulgori che accesero le notti del loro tempo e quelli appresso, perché lampade vuote, piene di Luce eterna.

Essi in vita si donarono a Dio perdutamente e giurarono di non lasciarLo mai.

Allora Lui, artefice divino, li lavorò limandoli, piallandoli, sfon­dandoli, con quelle dure prove che fanno rimanere l'uomo inattivo: vivo solo al dolore, vivo all'amore.

Finché purgato il cuore, l'anima, la mente, Dio dona ai santi un compito celeste.

E fanno e fanno, ma non fanno più essi. Fa Dio in loro e il mondo si converte.

I cuori attratti dal lume tanto atteso, tanto sognato, quasi incon­sciamente, seguono la luce, a turbe, e trovano col santo lo stesso Dio. E in Lui la legge che fa rivoluzione e dal di sotto sorregge e crea la società divina che è l'umanità cristificata.

I santi non son luci del Verano, son stelle accese in Cielo eter­namente.

 

La prova

Quante volte, Signore, mille elementi s'uniscono a comporci un qualcosa di doloroso che ci sembra Tua volontà.

« E' cosi diciamo sarà cosi; non potrà essere che cosi... per questo e per questo motivo ».

Ed un disegno di sangue si staglia nella nostra vita futura, orrido e luminoso, che inchioda l'anima in una sola risoluzione: versare quel sangue nel Tuo calice e dirTi, ridirli, ripeterTi quante volte all'anno il nostro si di martirio lento alla Tua volontà, che sembra inequivocabile!

Poi passano i giorni, ed il rosso s'arrosea, il temporale si schiarisce, il sereno rispunta.

Cosi, proprio sempre cosi.

Perché?

E' la prova. Sono le prove. Tu ci provi, ma una volta provati, non serve consumar l'olocausto.

E queste prove che noi sentiamo sono, forse, la partecipazione a noi della Tua grande prova, centellinata.

 

Il Santo di oggi

Nei santi, nelle epoche più varie, nelle personalità più diverse, nei luoghi e costumi più disparati, è sempre Cristo che torna in mezzo al suo popolo a riportargli un'eco delle sue parole.

Quando il mondo smarrito, stonato, batte false strade per tro­vare soluzioni ai suoi problemi e forza nel lottare contro le avver­sità, ma particolarmente contro colui che, principe di esso, gira attorno < cercando chi divorare », il Signore gli dona il santo, che canta nel concerto dell'umanità la sua nota, ed accorda, in mezzo a confusione e rumore, un concerto, un'armonia superiore, eppure umana, di idee, di uomini, di opere.

Arriva lui e attorno si fa pace, la luce riaffiora nella nebbia, fer­vono i cuori di amore e le volontà di costruzioni solide, sempre più numerose e più ampie, anche se battute da mille venti e minacciate da mille uragani.

Il santo è una parola di Dio detta a quell'epoca. Per questo non è mai estemporaneo, mai astratto, mai banale.

Durante la sua vita potrà essere misconosciuto, e anche torturato nello spirito e nel corpo, lui che, come gli altri, si serve proprio della vita, ma per la gloria di Dio.

Però la sua parola, le sue parole, l'eco divina delle sue ispirazio­ni, che svelano il Vangelo ai cuori degli uomini e lo fanno ripal­pitare vivo, vivificante, nel complesso e in ogni parte, fanno breccia nelle anime vicine e nelle moltitudini lontane.

Dio non si frena. Si voglia o non si voglia, la luce andrà sopra il moggio e tutti quelli che sono di casa la potranno vedere. Perché la luce è Cristo, portato magari da uno strumento indotto, meschino, squalificato, ma scelto da Dio, per far luce all'umanità della sua epoca e dell'avvenire.

Anche oggi il mondo ha bisogno del suo santo. E chissà quanti santi in formazione ci sono nei divini cantieri del Corpo mistico, che lo Spirito Santo si va plasmando. Li vedremo un giorno, quando Dio avrà stabilito.

Certo che se è vero, come è vero, perché l'ha detto il Papa, che il male d'oggi vuol gareggiare direttamente con Dio e questa è tale assurda pazzia, che fa intravedere al Vicario di Cristo il prossimo crollo dell'Avversario e delle sue diaboliche impalcature si può supporre che, se Dio ha pensato di suscitare un suo santo per que­st'epoca, questo santo debba essere del tutto particolare. Particolare per la potenza della sua luce, che deve vincere quella tenebra; per l'ardore della sua fiamma d'amore che deve riaccendere i cuori, ragge­lati dall'odio; per delle caratteristiche che lo facciano medicina di quel male, esercito schierato contro quell'esercito, fondatore di un'o­pera proporzionata « alla divina » all'opera immane, estesa universalmente, da chi combatte Cristo.

'E allora chi sarà il santo che lo vincerà, chi sarà colui che farà crollare, come già David con una fionda, il Golia dei nostri tempi?

Ci sembra che Gesù, se sempre ha detto la sua parola attraverso i santi, che hanno arginato il male e riportato gli erranti, oggi debba Lui stesso in qualche modo mettersi in testa ad uomini, strumenti preparati dalla Provvidenza, suscitati come suoi collaboratori più diretti, che trascinino dietro a loro un esercito immane di persone di buona volontà, per questa specifica battaglia che ridia a Dio il suo posto e ai suoi figli la libertà di servirlo, senza difficoltà e perse­cuzione.

Tutta questa massa di popolo attorno al Condottiero divino, fusa in un'unità infrangibile, docile alla voce di Colui, che sempre si fa sentire a chi Lo teme e Lo ama, dovrebbe combattere ai suoi ordini, dare la vita all'occasione, perdere ogni desiderio se non quello di servirLo, di seguirLo, attendere magari e superare l'insidia con la semplicità della colomba e l'astuzia del serpente.

E la Parola di oggi Gesù la dirà, come già sta facendo, attraver­so il suo Vicario, Capo visibile dell'esercito del Dio invisibile, e l'attuerà attraverso una collettività di persone. Gesù darà la forza di mettere in pratica ogni particolare della sua Volontà con intelletto d'amore, con la prontezza degli angeli e la veemenza degli arcangeli.

Infatti qui occorrono dei S. Michele, che gridino con la vita: « Chi come Dio? », e facciano arrivare la loro voce fino agli estremi confini della terra; uomini di fuoco, uomini angelici, che travolgano con un soffio il regno imbastito dall'errore, che è la città di Satana, e facciano splendere il sole dell'amore, dovunque, nella città di Dio, la Chiesa, la quale uscirà da questa lotta più splendente e più ricca, più una e più varia, più dolce e più forte, più immagine di Maria e più simile a Cristo.

Una collettività di uomini, uniti nel nome del Santo dei santi,

lanciati dalle pacifiche parole di lotta di Chi, « inerme ma impavido ». Lo rappresenta in terra.

Ecco ciò che occorre, ecco l' « acies » che forse Maria si va for­mando di nascosto, come nel silenzio più perfetto ha formata l'Uomo-Dio.

Lei saprà dare a questi figli il Suo spirito, il Suo timbro, e Lei otterrà dallo Spirito Santo, per essi, quel soffio potente che li inve­stirà e li farà atti al compito: ad estendere cioè sulla terra una rete d'amore, dove gli uomini trovino salvezza, gli ingannati scampo e luce vera, i tormentati pace, i superbi resistenza.

Nell'era di Maria si può aspettare da Lei qualunque cosa.

 

Come lume di candela nel sole

L'uomo è assetato di compagnia. Per questo cerca l'amicizia e, alle volte, qualsiasi amicizia. E anche quando è ammalato di misan­tropia, cerca in fondo la compagnia di se stesso, o dei suoi libri, o della sua stanza, o della sua solitudine: perché l'animo umano è fatto per amare. L'uomo trova degli amici, si lega a dei compagni, e fra essi vi è anche chi più difficilmente lo possa ingannare: l'a­more della madre, del padre, dei figli, della moglie. Egli però molto spesso s'aggrappa ad essi e cerca nel loro conforto l'appoggio per camminare.

E viene, allora, per quasi tutti, l'ora del distacco.

La Provvidenza suprema di Dio, che ama senza dar illusioni, scava dei vuoti, che sembrano, all'occhio adombrato dell'uomo, vuoti crudeli. Si spegne nella morte il più caro amico o il più vicino parente. Allora, sotto quella scossa, ci si ravvede. Si sposta, almeno per il momento, l'obiettivo della propria anima, s'introduce Dio nella scala dei valori, si dà bando alle vanità, si dimenticano i diver­timenti e ci si riequilibra nel « porro unum ». Il dolore ha attratto l'anima nel vortice della verità tremenda, ma bella, irresistibile, suprema e consolante, per chi ha il coraggio di guardarla in faccia.

Tutto cade, Tutto è vanità. E, camminando su questa terra, si comprende ben presto e bene: che passa in fretta la scena di questo mondo...

Solo chi, al di là del tutto, si rivolge a Te, Signore, e, osservando le Tue parole, Ti cerca dietro la croce, non resta ingannato.

Sei un Dio d'amore ed hai offerto un piatto di dolore per chi Ti vuol seguire. Non era possibile che quell'amaro non nascondesse un nettare, perché non era concepibile che Colui che è pura Bontà sapesse preparare la crudeltà. E questo lo sanno coloro che Ti seguono con interezza di cuore, senza riserva nella mente e nell'anime; coloro che, misurando il tempo con l'eternità, hanno deciso di dare il tempo al sacrificio per riservare l'eternità alla beatitudine che Tu vuoi parteciparci.

Chi Ti conosce un po' sa quant'è vuota la gloria delirante del mondo e quanto spoglia la casa ammassata di gente.

Conosce infatti, dopo esser passato attraverso il vestibolo della

croce, la Tua presenza dolcissima, tangibile e sonora ai sensi del l'anima.

L'anima, l'essere tutto, pur prodigandosi in una attività senza tregua, chiede di poter rimanere in Te, in cui riposa come nel suo elemento, perché ha trovato in Te quella sostanza vitale che è vita della sua vita, principio d'ogni sua vita: umana e spirituale e divina.

Allora ogni altro desiderio di compagnia scompare, perché il più alto desiderio di amicizia che l'animo umano potesse concepire è inabissato lume di candela nel sole nell'amore che Dio Amore ci ha preparato.

Chiara Lubich