da una conversazione con Igino Giordani

II monachesimo dei tempi nuovi

 

Abbiamo trovato Igino Giordani, sposato, ex deputato, scrittore di fama mondiale. Con lui abbiamo fatto una conversazione familiare, a cuore aperto. Trascriviamo alcu­ne parti di questa conversazione, rispettando il calore e la sponta­neità con cui ci sonò state dette.

 

Come vede lei la santità del cristiano nel mondo d'oggi?

Mi pare che la santità d'oggi si stia orientando verso l'unità delle due componenti: la divina e l'uma­na. Per me una scoperta decisiva, che ha capovolto la mia concezione sulla santità, è stato il capire che dovevano crollare le barriere fra re­ligione e vita, consacrati e non con­sacrati, vergini e sposati, preti e laici, la Chiesa e « gli ammessi » alla Chiesa che erano i laici, ecc. Ho ca­pito che non potevo essere cristiano fuori e poi andare al Parlamento solo a fare politica, ma dovevo esse­re un cristiano che fa il deputato, come altri facevano, da cristiani, l'artista, l'operaio, la mamma di fa­miglia, ecc. Tutti, con diverse man­sioni, apparteniamo totalmente a Dio. Il dilemma del cristiano è: tutto o niente. Quando io lavoro debbo ri­cordarmi che sto costruendo il Regno di Dio. Questo è un ideale affasci­nante nel mondo d'oggi: essere con­templativi in mezzo al mondo. Ora un tipo di cristiano cosi realizza un'ascetica moderna ed allo stesso tempo antica perché nei Padri della Chiesa si trova già questo. S. Gio­vanni Crisostomo diceva: i laici de­vono vivere come i monaci tranne il celibato. E S. Agostino diceva che all'inferno ci si può andare con tutti

e sette i sacramenti, ma non con l'amore. Amare vuol dire vedere nel prossimo Gesù, e questo possono far­lo tutti. Non esistono da una parte quelli che sono uniti a Dio e, dal­l'altra, gente superficiale che si occu­pa « delle cose mondane ». Tutti sia­mo chiamati alla santità ed alla più alta contemplazione. I giovani ed i movimenti di oggi (Jesus People, Pen­tecostali, carismatici, eco.), sono il segno di questa esigenza: stanchezza di una società che è solo tecnica, da­naro, sesso, droga, lavoro... L'uomo moderno diventa scettico, arido, ma­gari criminale, e si abbandona magari a frivolità e orge e suicidi, perché non gli si dà uno scopo degno dello sviluppo tecnico scientifico della sua civiltà. Il materialismo massiccio esige di riscontro una spiritualità totale. Esige la santità, « e il cuore nostro è inquieto fino a che non riposi in Dio ». L'inserimento di professionisti e madri, « contemplativi », nel dina­mismo del mondo odierno, non può che concorrere a ridare un'anima a un mondo disanimato, materializzato, che patisce frustrazione noia e di­sperazione.

Io ricordo che andavo in Chiesa spesso, ma uscito ero un altro, face­vo un'altra cosa. Mentre bisogna im­parare ad essere sempre in Chiesa, perché dovunque andiamo possiamo essere in relazione con Dio. Prima avevo una grande cultura del cristia­nesimo, scrivevo e parlavo di reli­gione, ma ho capito che dovevo vive­re la religione, soprattutto la frater­nità. Noi abbiamo sempre a che fare con Dio perché abbiamo sempre a che fare con l'uomo. Come bibliotecario leggevo tanti libri, scritti di altri se­coli sugli itinerari per andare a Dio. Quella della santità in genere appa­riva una strada difficilissima. Inve­ce il fare bene la propria volontà di Dio, facendo ogni cosa per amo­re al prossimo, è una strada per tutti. In fondo il problema dell'u­manità è questo: non sa più come trovare Dio perché non conosce più la strada. E non bastano i nostri li­bri, le nostre dottrine e teorie per mostrargliela. Bisogna puntare sul Vangelo. Molti hanno paura del Van­gelo, perché il Vangelo è bello quan­do riguarda il cielo, ma quando ri­guarda la terra comincia ad essere incomodo. Quando dice che bisogna dare il di più ai poveri, che bisogna vedere il fratello anche nell'antipa­tico, nel lebbroso, che bisogna dare la vita per il prossimo, allora diven­ta incomodo. Cristo è venuto per i peccatori, non è venuto per i giusti che non esistono. Oggi si produce una specie di « proletarizzazione del­la santità » : la santità fatta per tut­ti, alla portata di tutti, attraverso il Vangelo vissuto. Cadono le mura tra religione e vita, come ho letto in un tempietto in India: « Qui si entra per amare Dio, da qui si esce per amare gli uomini ».

 

In questa prospettiva, qual è il ruolo degli sposati, della fa­miglia?

Per gli sposati si aprono le stesse prospettive: prima eravamo nell'anti­porta del Tempio, oggi siamo intro­dotti nel Tempio, con ardimento, pari alla carità e alla verginità. 1 laici coniugati sono introdotti nel cuore della santità, nel centro della Chiesa. L'impegno è grande, e se riesce, da­rà alla Chiesa la forza decisiva per instaurare il dialogo col mondo. Co­si com'è assurdo pensare ad un con­trasto tra santità e lavoro, perché l'una è anima dell'altro, non solo non intralcia il lavoro, ma lo stimo­la, lo sorregge, lo valorizza —, co­si anche con la famiglia. Se la spi­ritualità di oggi fa dei genitori santi, non vuol dire che li menoma come genitori: anzi li innalza e li fa mi­gliori genitori.

E' la risposta dello Spirito Santo alla provocazione, di giorno in gior­no  più audace, del demone della lus­suria e dell'avarizia.  La gente più efficiente è considerata oggi, nei roto­calchi, la gente che spende di più e si sollazza: l'orgia, lo scempio del­la castità, sembrano i vertici del suc­cesso. Si vuole opporre, dentro quel mondo in disintegrazione per vizio e per egoismo, un drappello di an­geli, di santi, madri oneste e pure, padri casti e diritti, che sconfiggono il male col bene, la lussuria con la castità, la sfrenatezza con l'obbedien-za, l'egoismo con la comunione dei beni morali e materiali, nella legge di Dio.

E' la rivolta radicale del bene con­tro il male — « virtù contro furor » — in un'epoca critica nella quale sembra che Satana s'appressi a pre­valere. Ma non prevarrà. In questa azione della grazia e della fede, la famiglia non può che riportare bene­fici di purezza, amore, fedeltà.

E' la più originale iniziativa, a mio parere, per l'uomo d'oggi, per la Chiesa d'oggi: un « monachesimo » dei tempi nuovi, non barricato in conventi, ma lanciato per le strade del mondo; non limitato a categorie, ma aperto a tutti i desideri di do­narsi al Signore.

In questo Maria ci è modello. Lei che è insieme vergine, sposa, madre, vedova... « la Sede della Sapienza, madre di casa ». Nella « Ecclesiam Suam» Maria è mostrata quale « mo­dello di perfezione ». Ella porta an­che noi coniugati a vivere la vergi­nità dello spirito, e la maternità di Cristo nel senso contemplato da Agostino: di generare Cristo. E' quello che sognarono S. Paolo ed i Padri della Chiesa.

 

Qualcuno potrebbe temere che in una tale concezione venga sottovalutata la vocazione dei consacrati e dei vergini?

Tutt'altro. Questo ci porta a valo­rizzarla più che mai. Proprio perché un'altra caratteristica fondamentale della santità di oggi dovrebbe esse­re il viverla « a corpo ». Se gli spo­sati vivono cosi, ci dev'essere l'unità perfetta proiezione dell'unico Cor­po mistico senza menomare, anzi innalzando, i valori della Gerarchia e delle diverse mansioni nel rispetto e nell'obbedienza.

S. Caterina ad esempio, che in questo campo è stata una precorri­trice, faceva consistere nella gratitu­dine verso i sacerdoti e vergini la sostanza prima della santità dei cate­rinati coniugati. Nell'unità del Corpo è la forza dei cristiani.

In questa concezione quello che viene in luce non sono tanto i « nuo­vi diritti» degli sposati, ma la loro parità di doveri con i consacrati, so­prattutto quello immenso di amare.

Siamo corresponsabili della vergi­nità e del sacerdozio nella Chiesa, co­si come siamo partecipi delle grazie congiunte alla verginità e al sacer­dozio. Valutiamo più che mai la loro vocazione, perché ci sentiamo solidali con loro.

Anche agli sposati è rivolto l'in­vito del Signore: «Siate santi per­ché io son santo », ed il precetto di Gesù: « Siate perfetti... ». Una delle cause della scristianizzazione va ri­cercata nella separazione tra religiosi e laici. Bisogna che anche di noi spo­sati si possa dire come S. Paolo della sua comunità: « Ti ho sposata, ver­gine casta, a Cristo ». Noi, laici co­niugati, portiamo quei tesori in am­bienti dove di solito né sacerdoti né suore arrivano.