il dono totale

di Pasquale Foresi

 

Quello che conta, nella nostra vita, è mettere Dio al centro della nostra anima, al centro di tutte le attività della giornata. E questo è il vero atto di amore a Dio: quando la nostra volontà soprannaturaliz­zata e divinizzata dalla grazia, diventa padrona di tutto il nostro essere e ne fa un dono totale a Lui.

Si tratta infatti della donazione totale della propria volontà e della propria intelligenza, e non va confusa neppure col sentire affettivamente un trasporto verso Dio, cosa che può essere utile ma sempre accidentale e secondaria. Questo atto di carità verso Dio dev'essere compiuto, in una forma o nell'altra, da tutti i cristiani, ed è un passo che dobbiamo fare e rifare ogni giorno, perché tutto il mondo che ci circonda cerca di appannarlo, di sminuirlo, di deviarlo.

Si può essere effettivamente buoni cristiani e non aver presente durante il giorno che quello che conta è centrare la propria vita in Dio. E succede allora che anche i frutti che possono nascere dalla vita spirituale sono languidi e in un certo senso marginali.

I santi hanno visto giusto. S. Francesco non ha scelto la povertà, ha scelto Dio; la povertà gli è servita come mezzo per mantenersi in unione con Lui. Così hanno fatto S. Chiara, S. Ignazio di Loyola, gli altri santi.

Voglio dire che spesso facciamo confusione, poiché all'autentico atto teologale di amore a Dio cerchiamo di sostituire magari le pratiche di pietà, le rinunce, le penitenze, l'elemosina ai poveri, atti che rischiano di diventare come tutti gli altri della nostra vita, senza aver più niente a che fare con Dio. Mentre dovrebbe essere evidente che se da parte nostra c'è il dono totale di noi stessi a Lui, così come da parte di Dio c'è il dono totale di Sé a noi, le rinunzie diventano intrinseche a questo amore. E' evidente, ad esempio, che se divento possesso di Dio non posso, io, possedere. Alle volte sembra invece di aver fatto chissà che cosa perché per la povertà ci si è privati dei nostri beni, mentre è proprio perché Dio si è fatto vedere da noi come il Tutto che di conse­guenza non vogliamo altro.

Lo stesso è nei riguardi della castità: è evidente che se vogliamo possedere Dio totalmente ed essere noi posseduti da Lui nell'anima e nel corpo, rinunziamo anche al matrimonio. Ma non è che rinunziamo a qualcosa: è che vogliamo Dio, e se vogliamo Dio non vogliamo altre cose.

Ne segue poi che questa scelta, questo atto di carità, porterà a fare mille altre cose buone: farà pregare meglio, farà mettere in atto le opere di misericordia... ma non ci verrà tanto da mettere in risalto questi aspetti particolari della nostra vita che di per sé potrebbero non ancora presupporre e non ancora inquadrare l'anima nella carità verso Dio.

La religione è Dio, la SS. Trinità. Qual è il contenuto, allora, del­l'atto di religione? Appunto questo atto di amore verso Dio che prende tutto il nostro essere, cuore intelletto e volontà.