Parola di vita

 

«Ave, piena di grazia» (Lc. 1,28)

 

In una lettera alla Madre di Chantal, S. Francesco di Sales chiama il saluto dell'angelo a Maria « il saluto più fortunato che sia mai stato rivolto ad una persona ». Lo chiama così, penso, perché vorrà dire che nel momento in cui l'angelo rivolse queste parole a Maria, ella divenne madre: non soltanto madre di un uomo, ma madre del redentore, Ma­dre di Dio. Ma allora avrebbe dovuto aggiungere che questo saluto fu anche il più sconcertante che mai fosse stato rivolto a qualcuno. Infatti, Maria stessa, come ci dice l'evangelista, « a queste parole si turbò e si domandava che cosa potesse significare un tale saluto ».

Anche a Zaccaria e Elisabetta è stata promessa da un angelo la nascita di un figlio. E fu sconcertante anche questo annuncio, data l'età ormai avanzata dei due. Ma il figlio, promesso a loro, sarà pur sempre un uomo, anche se straordinario, Giovanni Battista; mentre colui che nascerà da Maria sarà il «Figlio dell'Altissimo, il cui regno non avrà fine », come le annuncia l'angelo. E' dunque la promessa messianica, data ad Israele per mezzo dei profeti, che si compie in Maria. E' il Messia e Redentore che viene in terra, e lei è stata scelta per essergli madre.

Essere Madre di Cristo: questo favore che Dio le concede è tal­mente grande, talmente inspiegabile e gratuito che fa tacere chiunque volesse domandare con che cosa Maria si sia meritata una tale cosa. Tace anche l'evangelista, mentre aveva messo in risalto, nei confronti di Zaccaria e Elisabetta, che « erano giusti davanti a Dio e irreprensibili nell'osservanza di tutti i comandamenti e precetti del Signore ». Certa­mente avrebbe potuto dire altrettanto di Maria, e con maggior diritto forse, ma non lo fa, e verrebbe da dire: non lo può fare. Poiché qui non è più questione di Giovanni Battista ma di Dio stesso che vuol venire in questo mondo! E quindi non c'è spazio per considerazioni sulla perfezione morale della persona scelta. Dio e non l'uomo sta al centro dell'interesse. Ed è come se questa prospettiva così inaudita, il fatto cioè che Dio stesso si immerge nel creato, avesse offuscato gli occhi dell'evangelista per tutto ciò che non è Dio e gli impedisse di vedere Maria, la creatura, se non come sfondo di vuoto e di silenzio per Dio.

Per cui sembra quasi che Maria ricada nell'anonimato, che perda cioè il suo nome, poiché ciò che la distingue come persona dalle altre non è più la sua qualità di essere « Maria » ma il fatto che Dio l'abbia scelta e ricolmata della Sua grazia: il suo essere « piena di grazia » quindi. Non conta chi è lei, ma conta che Dio è in lei, che egli abbia « rivolto il suo sguardo alla sua umile serva ». E infatti l'Angelo non le dice: « Ave, Maria », ma: « Ave, Piena di Grazia ».

Ma è proprio così, in questo « anonimato », che Maria viene in risalto in maniera straordinaria e che ci si svela nella sua grandezza: vuota di sé e perciò piena di Dio. E' qui la chiave di quella dialettica misteriosa che dà l'impronta caratteristica a tutto il Vangelo, alle beati­tudini per esempio o al Magnificat.

Ed ecco che risplende in Maria la vocazione di tutti gli uomini. L'« ave, piena di grazia » dell'angelo si rivolge, attraverso Maria, a tutta l'umanità. Noi tutti siamo stati « eletti da Dio per essere ricolmati della sua grazia» (cfr. Ef. 1, 4-6), come dice S. Paolo.

Viviamo dunque per essere vuoti di noi e pieni di Dio, canali e strumenti che trasmettono il Suo amore al mondo. E in ciò, Maria, la Piena di Grazia per eccellenza — e potremmo dire anche: la Piena di Amore — ci è modello, guida e madre.

Felix Heinzer