esperienze di comunione ecclesiale

 

Dal Brasile

- corrispondenza di Dom Acacio Rodriguez Alves

 

Dal settembre 1972 si vive in Palmares un'esperienza ecclesiale nei suoi aspetti di comunione dei beni, di apostolato e di opere di carità. Si decise di fare in tutte le messe del sabato e della domenica, la colletta di generi alimentari per aiutare i poveri. Fu scelto un quartiere tra i più miserabili della città per trovare le persone da assistere, e si iniziò con l'assistenza a tre famiglie; in quest'ultimo periodo le famiglie assistite sono venti. Un gruppo di persone della comunità divide i generi alimentari; col denaro offerto vengono comprati i generi che mancano e le medicine. La domenica sera, quelle famiglie assistite sono sempre visitate da alcune per­sone della comunità che cercano di portare loro un po' di conforto spiri­tuale. Si ripassa il giorno dopo, al lunedì, per distribuire i viveri e quanto occorre; diverse persone assistite si sono dichiarate molto felici, perché sentono di essere amate e di far parte, ora, di una nuova famiglia.

Una donna, Doralice, con una figlia di 13 anni, versavano in gravi difficoltà. Lei, ammalata di asma, non poteva più chiedere l'elemosina né pagare l'affitto della casa in cui abitavano. Venne assistita: ora ha i viveri e le medicine necessari per tutta la settimana. Con le visite delle signorine della comunità che puliscono e ordinano la casa, si è sentita felice ed ha chiesto di confessarsi. Il vescovo è andato per confessarla, ed il giorno seguente lei ha fatto la sua prima comunione a 56 anni. Le persone della comunità le hanno fatto festa e non sono mancate la torta tradizionale e le bibite.

Una signora era stata abbandonata dal marito, che parti per il Sud del Brasile, lasciandola con sei figli. Lei viveva con questi in una sola stanzetta, e tutti si ammalarono. Il maggiore dei figli, di 17 anni, mori dopo pochi giorni. La mamma era disperata; non mangiava né voleva parlare con nessuno, ed in questo stato l'hanno trovata le persone della comunità. Queste cominciarono a curare i bambini ammalati e la signora

stessa, dando loro anche da mangiare. Dopo alcune settimane il vescovo è andato a visitarli: tutti avevano recuperato la salute, la signora sorrideva ed era meno disperata. Una sua figlia di 15 anni ha già trovato lavoro e tra poco lavorerà anche un'altra figlia di 13 anni. Gli altri bambini stu­dieranno. Sembra che tutti abbiano acquistato una nuova dignità.

Un'altra signora conduceva una vita di stenti con i suoi quattro figli. La sua macchina da cucire si era rotta e lei non poteva lavorare. Durante alcune settimane fu assistita dalla comunità, che fece anche riparare la mac­china da cucire. Il giorno in cui il vescovo la visitò, lei era tanto contenta e già aveva ripreso il lavoro. Tra poco non avrà più bisogno di aiuti.

Il signor Antonio era ammalato. Non poteva lavorare, e senza assicu­razione sociale non guadagnava nulla, e bisognava aiutarlo. Fu assistito dalla comunità per più di un mese: è guarito, lavora e non solo non ha più bisogno di aiuto materiale, ma è lui che ora aiuta gli altri.

Erano arrivati a Palmares disperati, dopo un fallimento commerciale in cui avevano perduto tutto, costretti dalle circostanze a lasciare la città dove abitavano, un signore con la moglie ed una bambina di due anni. La sposa, ai suoi ultimi giorni di gravidanza, era quella che più soffriva. Alcune persone della comunità andarono a visitarli, diedero gli aiuti neces­sari, comprarono il corredo per il nascituro e portarono la donna alla clinica ostetrica. La signora ebbe un parto normale, ma il bambino, troppo debole, mori subito dopo il battesimo conferito dall'infermiera. Non tro­vando lavoro, il signore decise di ritornare a Bahia, dove risiedono i geni­tori della sposa. La comunione di beni di alcuni parrocchiani ha permesso loro di comprare il biglietto del pullman e se ne sono partiti contenti.

E' un'esperienza che continua. Tutte le domeniche, nelle messe, viene comunicata la somma delle offerte della settimana precedente, e come sono state utilizzate. E le offerte vanno aumentando.

 

Da Trento

- cronaca parrocchiale del presbiterio di Zambana -

 

Domenica, 11 febbraio, due giovani della parrocchia vengono urgen­temente ricoverati in seguito ad un incidente stradale. Sergio di 21 anni, con prognosi riservata; Paolo di 22 anni, con paralisi progressiva.

Alla messa delle 10,30, la comunità parrocchiale viene informata del­l'accaduto e invitata a pregare, perché Dio voglia concedere ai due giovani, ai familiari e a tutta la comunità la grazia di vivere cristianamente questo dolore. Quando don Giulio, nel pomeriggio, si reca all'ospedale, la sua presenza e le sue parole dicono ai due giovani e ai familiari che tutta la comunità è lì con loro.

Al lunedì sera c'è un raduno parrocchiale: e i frutti della presenza di Gesù in mezzo sono particolari. Le due mamme, infatti, che erano pre­senti, constatata la gravita del caso, andavano a gara nel chiedere a Dio la salvezza dell'altro figlio, disposte a perdere il proprio. Paolo stesso, completamente paralizzato, offriva il suo dolore per la guarigione di Ser­gio. La mamma di Sergio ripeteva più volte: « Questo è un dono parti­colare. Ho sempre avuto pochissima fede: ora sento che Dio mi è più vicino ». Anche la mamma di Paolo, saputo della paralisi totale del figlio, mi diceva: « Se Dio lo vuole con sé, glielo do fidandomi del suo amore; se me lo lascia, lo circonderò di carità, spostando ogni altra preoccu­pazione ».

Venerdì sera una forte bronco-polmonite complicava il caso di Paolo:

ogni speranza di guarigione e di salvezza veniva meno. Saputa la cosa, raggiungo subito l'ospedale. La mia sola preoccupazione era rimanere li accanto a Paolo come espressione di Gesù presente nella comunità. Na­sceva cosi tra me e lui un rapporto molto profondo: ha voluto che pregas­simo insieme, poi si è confessato. Nella messa della sera, concelebrata con don Giulio, chiediamo all'Eterno Padre di concedere a Paolo la grazia di incontrarLo prima di morire.

Alle 4 del mattino, la mamma ci avvertiva che Paolo era entrato in agonia. Appena don Giulio entrava nella sua stanza, Paolo invitava gli altri ad uscire, ripeteva la confessione con la chiara consapevolezza di essere giunto alla fine della vita terrena e riceveva poi l'unzione degli infermi, rispondendo ad ogni preghiera. Don Giulio ha poi chiesto al papà, parti­colarmente chiuso nel suo dolore, se avesse qualche risentimento verso Dio, o verso Sergio, il giovane che guidava la moto, non ancora completamente fuori pericolo. Il papà ha risposto: « Né verso Dio, né verso Sergio. Al contrario questa prova mi ha avvicinato maggiormente a Dio».

Dopo il funerale di Paolo — un'esperienza di fede e di carità vissuta per tutta la comunità —, un giovane mi ha detto: « Ho sempre avuto fede in un Dio " morto ", la morte di Paolo mi ha fatto credere in un Dio che vive e ama».

Pio e Giulio - Trento