Maria e il pluralismo teologico

 

La Chiesa ha visto in Maria la « sede della Sapienza », quindi il modello per tutti quelli che amano la Verità e aspirano a possederla in modo sempre più pieno. Per que­sto abbiamo rivolto al teologo Klaus Hemmerle questa domanda:

Cosa significa oggi Maria come Madre della teologia? Cosa dobbiamo imparare da Lei per affrontare in modo costruttivo il pluralismo che caratterizza il pensiero teolo­gico attuale?

Una volta ho letto in una medi­tazione di Chiara Lubich su Ma­ria: «canta le litanie e cerca di rispecchiarti in quelle» {Meditazio­ni, Roma 1970 p. 42).

Perché Maria è la consolatrice de­gli afflitti e, allo stesso tempo, l'aiuto dei cristiani? Perché è tutta in tutto? Proprio perché ha perdu­to tutto, perché attraverso il suo non-essere vuole donare ad ognuno Gesù, così come di Gesù ciascuno ha bisogno.

La miglior madre di famiglia non è certo quella che possiede la per­sonalità più forte, che s'impone ai figli e che li costringe a diventare simili a lei, ma quella che li lascia liberi; per questo fa in modo da tenere sempre un orecchio aperto per ascoltarli. Il saper ascoltare per la mamma è più importante del parlare. E' proprio in questo atteg­giamento che può dare a tutti la sua parola e unire i figli anche con i caratteri più diversi.

Nel Nuovo Testamento avviene qualcosa di simile. In esso viene annunziato lo stesso messaggio di Gesù Cristo. Ma, pur nell'identità dell'annuncio, la nuova esegesi ha messo in luce la molteplicità delle teologie del N. T. Si dice, perciò, che non è affatto possibile scri­vere una teologia del N. T., ma sol­tanto delle teologie. Queste diverse teologie, inoltre, non sono deduci­bili una dall'altra. C'è per esempio una teologia caratterizzata da ele­menti giudaico-cristiani, un'altra dalla Gnosi greca, un'altra ancora da speculazioni ellenistiche. Ci so­no poi all'interno della corrente giudaico-cristiana diverse teologie, co­me quella della lettera agli ebrei, del Vangelo di Matteo, e della let­tera di Giacomo.

Da cosa è stato determinato que­sto pluralismo teologico?

I primi cristiani hanno sentito che la parola di Gesù è la risposta alle domande su ogni piano e in tutte le dimensioni della vita. Per questo, il cristianesimo si è incar­nato nel Nuovo Testamento in diversissimi modi di pensare. Questa pluralità non è in contrasto con l'unità ma è semplicemente la pie­nezza dell'unità. Tempi addietro si pensava che nel N. T. ci fosse stato uno sviluppo a partire da Marco, considerato più povero di idee, fino a Giovanni, ritenuto il più in­telligente. L'esegesi attuale ha fatto giustizia di questa concezione: il N. T. è un insieme di testi com­piuti in sé stessi, che rappresen­tano cioè non una fase di uno svi­luppo, ma lo stadio finale. Marco perciò non è il punto di partenza ma è già un punto d'arrivo, così come Luca, Giovanni e tutti gli al­tri. Tale compiutezza e pluralità so­no originate dal fatto che l'unico messaggio di Cristo è stato tradot­to nel N. T. in orizzonti dello spi­rito nuovi e diversi. Questa tradu­zione è avvenuta nella Chiesa che in tal modo si è fatta tutta a tutti. E' per cosi dire l'esempio delle li­tanie lauretane, perché nella Chiesa Gesù ci viene dato sempre nella sua completezza ma sempre in modi di­versi. Così è necessario che anche a noi sia data sempre la stessa parola di Gesù da custodire, affin­ché possiamo annunziarla in modo sempre nuovo. Il che esige da noi un ascolto carico d'amore di tutto quello che si muove nel nostro tem­po. Dobbiamo perdere una volta per tutte la paura delle formule che sono fuori del normale, cosi come non dobbiamo temere svilup­pi imprevisti, perché anche in que­sto caso siamo di fronte a proble­mi ai quali Gesù ha dato una ri­sposta. E questa risposta è sem­pre una contraddizione e nello stes­so tempo una corrispondenza. Oc­corre farci uno con coloro che pon­gono delle domande e si trovano al di fuori delle nostre categorie, e questo deve avvenire sempre nel­l'unità con Gesù e la Chiesa.

Come Maria sotto la croce, anche noi dobbiamo essere rivolti com­pletamente a Gesù e cosi essere pronti a diventare non soltanto ma­dri del figlio di Zebedeo, ma an­che la madre dei ladroni e di quelli che hanno crocifisso Gesù. Credo che proprio il perdere tutto è la legge fondamentale di questa tra­duzione, non per diventare in que­sto modo infedeli a Gesù, ma per essere pronti a dare testimonianza della sua morte e risurrezione

E cosi in questo diventare Ma­ria, la Desolata, abbiamo la possi­bilità di capire la nuova teologia in modo tutto nuovo.

Klaus Hemmerle