Sul valore umano
della Rivelazione
La compiuta verità
Pasquale Foresi
La vera conoscenza
La conoscenza ha un significato esistenziale.
Non ci può essere una vera conoscenza che non attinga pienamente l'io profondo di chi pensa. Così
è stato infatti per ogni contributo veramente
decisivo nella storia del pensiero umano. Lo si
potrebbe mostrare attraverso tutta la storia della filosofia, dai cinesi, dai
greci ai nostri giorni.
Questa è
precisamente una delle grandezze del cristianesimo, che si presenta come
realtà esistenziale, un'esistenza pensata o un pensiero che determina
un'esistenza. Però con novità assolute. La prima novità
è che se prima del cristianesimo una concezione filosofica implicava una
scelta dell'esistenza, perché non era solo un pensare
ma un esistere, con il cristianesimo le filosofie vengono superate.
Cristo presenta l'esistere ed il pensare in una sintesi completamente nuova,
che è la sintesi rivelata. La rivelazione spiega all'uomo che cosa lui
veramente sia, il significato ultimo dell'essere, del
suo convivere, del suo soffrire, del dolore, della morte, dell'avvenire, ecc.
La rivelazione si presenta con un patrimonio enorme di mistero, ma allo
stesso tempo con delle verità aperte, chiare, che svelano tanti segreti
dell'esistenza umana.
Un'altra novità fondamentale è che il cristianesimo non propone una
dottrina astratta, ma una Persona. La sintesi assoluta, la verità del cristianesimo, si trova nel Cristo, il Verbo di Dio
che s'incarna nell'umanità, la Verità in una persona. Per questo
lui è il Maestro, cioè non solo il portatore di una
religiosità, ma anche la nuova « scuola » alla quale bisogna
andare.
Fede che fa vedere
Altra differenza che distingue il
cristianesimo da qualunque altra dottrina è
che mentre prima la filosofia era frutto del pensare e della vita umana, il
cristianesimo è arricchito dalla rivelazione e dalla grazia di Dio. Le
verità che Gesù ci offre vengono
presentate come dette dall'autorità divina. E ci vengono
dette non soltanto delle verità comprensibili dall'intelletto umano, ma
anche quelle che richiedono la fede. Si tratta di verità che non si
capiscono non perché non sono vere, ma perché esprimono delle
realtà troppo grandi perché noi possiamo coglierle pienamente.
Possiamo percepire la loro verità, possiamo capire che al di là
di quelle formulazioni c'è una realtà, veniamo illuminati anche
razionalmente, umanamente, da queste verità, ma ci accorgiamo che
riusciamo a comprenderle solo parzialmente, in un'intelligenza oscura. Per
questo Dio ci ha dato la fede, che ci fa aderire a delle verità anche
quando non si riesce a capirle pienamente.
Noi cristiani però abbiamo spesso fatto degli sbagli nel parlare
della fede. Uno di essi è stato l'aver
sottolineato troppo l'oscurità delle fede senza dire abbastanza della
luce che ci dona. Certo, se la fede non viene vissuta
diviene una cosa morta, un credere in realtà strane. Mentre, se vissuta,
fa partecipe la nostra intelligenza della intelligenza divina, aprendoci degli
orizzonti impensati, donandoci una visione nuova e superiore.
Un altro sbaglio è stato il credere che la rivelazione avesse
esclusivamente un valore soprannaturale, ignorando, o quasi, i valori e le
ricchezze enormi che conteneva anche da un punto di vista
umano e naturale. Questo è il punto che qui vorremmo sviluppare.
Aspetti umani della rivelazione
Quando diciamo « la verità ci viene da Gesù », «
Gesù è la Verità », significa che Gesù non ci
dice una verità parziale o mista a qualche errore. Lui ci dice solo la
verità compiuta. La rivelazione è superiore a tutti i pensieri
anche sul piano della conoscenza naturale e sul piano
filosofia). Molte volte si è pensato che servisse solo ad illuminare
il pensiero umano, mentre non ci si è accorti che, oltre ad essere
fonte per la teologia, la rivelazione ha anche una filosofia. E' una vera
presentazione dell'essere, di come l'essere è. Quando Gesù ci
rivela ad esempio Dio Uno e Trino, non ci dice affatto « credete una cosa
assurda ». Ci dice: « credete a una realtà cosi logica che
non la capirete del tutto ». Non ci rivela soltanto la vita divina, ma ci
dà inoltre tanti elementi per capire il significato della vita umana.
La rivelazione ci presenta l'unica metafisica
esistente che possa risolverci i problemi del pensare
e della vita. Proprio perché si tratta del
divino che s'incarna, non del creato che da solo tenta di andare a Dio.
Normalmente, in una storia del pensiero umano
si tratta di Platone, di Aristotele, e dopo si continua con i pensatori
cristiani, S. Agostino, Scoto e tutti gli altri, ma si tralascia Gesù. Questo è ignorare il contenuto anche
filosofia) della rivelazione. Se io trovo una soluzione filosofica in Paolo di
Tarso che mi soddisfa, perché non devo accoglierla? Per il fatto che
è rivelata? Ciò interessa, sì, la teologia, ma dal
punto di vista filosofia) io la assumo anche
perché dà una soluzione al pensare che sazia profondamente
l'anima umana.
Quando Paolo dice: « non conosco che Cristo e Cristo crocifisso
», perché li trova la vera sapienza, non vuole soltanto dire
che « noi dobbiamo amare la croce ». No, dice qualcosa di
profondamente vero: che l'unica vera cultura è quella, e che il resto
è stoltezza. Ma non sarebbe stoltezza agli occhi di Dio se sulla terra
avesse valore. Se agli occhi di Dio è stoltezza, lo è anche per
gli uomini, perché è stoltezza reale.
Il Vangelo non va preso perciò soltanto come un libro di meditazione e di vita
spirituale, ma anche come vero libro di pensiero. Il Vangelo è il libro
dei libri; li c'è la vera scoperta filosofica,
la vera scoperta culturale della nostra epoca.
Si tratta, è vero, di passare da un piano di studio — nel senso di
erudizione e di nozioni astratte —, al piano della vita come cultura,
come sapienza, come saggezza, come profondità. E' in questo senso che il
Vangelo va preso come libro contenente la cultura, la sapienza. E' un tipo di
cultura diverso dall'altra, però non per questo
è minore: è maggiore. E' un tipo diverso perché anche
umanamente più ricco.
La verità che è Cristo
La crisi del pensiero moderno è questa: ci siamo dimenticati che ad un certo
momento il Verbo si è incarnato, e che quindi lui è l'uomo
completo, il vero filosofo. Da lì bisogna ripartire per trovare le vere
soluzioni, non solo nella vita spirituale, ma nel pensiero, nella soluzione dei
problemi umani.
L'unica soluzione è il Vangelo perché è il libro
dell'uomo, e perché non c'è nessun altro libro nel quale l'essere
coincida con la parola. In tutti gli altri libri degli uomini, l'essere non
coincide con la parola. Le parole sopraffanno l'essere. E ci sono delle frasi
che dicono tanto o poco o nulla dell'essere, ma non tutte le parole sono
essere, e quindi vita, esistenza, pensiero, cultura,
saggezza. Esiste un solo libro nel quale
l'essere coincide con la parola: è
il Vecchio e il Nuovo Testamento.
Questa maniera di concepire le cose va contro
il modo di pensare di tanti: ma non si può
andare contro la verità, contro l'unico punto di partenza della conoscenza
vera. La verità è Gesù, la verità è il
Vangelo, e in esso v'è tutto effettivamente,
sia pur in modo implicito. Da lì bisogna ricavare la luce per tutto, e
se non si riesce a trovarla bisogna avere un po' di pazienza: continuare a
vivere la parola della Scrittura e la luce arriverà.
Bisogna che scopriamo nel Vecchio e nel Nuovo
Testamento la metafisica, la psicologia, in un certo senso la sintesi del
pensiero orientale, del pensiero greco, e di tutto il pensiero contemporaneo.
Il concetto di essere nella Scrittura è
l'unico giusto, ed è quello a cui è
arrivato in parte Aristotele — e per questo è grandissimo —;
ma v'è anche, nel Vangelo, il positivo delle altre filosofie. Questo
è un compito fondamentale dei cristiani d'oggi: riscoprire la metafisica
del Vangelo, la teoria della conoscenza del Vangelo, la sua concezione
dell'essere, eccetera.
In altre parole, noi cristiani dobbiamo
convertirci e riscegliere Dio anche in filosofia, in tutto il nostro pensare.
Fondare una metafisica perciò significherà
mettersi ad attendere Dio che parli e di là rivedere tutta la creazione
con un occhio nuovo. « Attender Dio che parla » non significa
negare il valore dell'intelligenza umana, ma affermare che anch'essa deve
aprirsi alla rivelazione.
Solo cosi riusciremo, d'altronde, a fare la
sintesi di tutto il pensiero che ci è
stato dato finora; sapremo tener conto di tutto quel pensare giusto che
c'è stato nella Grecia e di quello che è venuto dopo.
Perché sul piano umano abbiamo bisogno di tutti i pensatori, dal momento
che ciascuno ha portato il suo contributo, nella storia del pensiero, alla
scoperta e al progressivo arricchimento della verità. Ogni
filosofia, in tutto quello che ha di vero, è cristiana,
perché nel cristianesimo è contenuta la verità sul
cosmo e sulla realtà. I diversi aspetti della verità che i
filosofi ci offrono, sono come pezzi di Vangelo sparsi. Adesso bisogna
ricomporli in unità, con tutta l'esperienza umana che si è
acquisita, perché niente vada perduto e tutto diventi di Dio.
Naturalmente, è ovvio che chi pretende di studiare la filosofia così,
cioè di trovare nella Parola di Dio la luce e la soluzione per ogni
problema umano, non può non essere cristiano e vivere profondamente come
tale, perché altrimenti sarebbe un'impresa impossibile. E' una attitudine da prendere con Dio, perché accostarsi
alla Sacra Scrittura da un punto di vista soltanto umano non è
possibile. Per capire i valori e le profondità anche umane delle
Scritture, bisogna che abbiamo in noi la stessa vita da cui quelle parole sono
sgorgate. Bisogna che abbiamo, cioè, anche un punto di vista divino.
Fede o ragione?
A questo punto una domanda si pone
necessariamente: allora qual’è la differenza fra la teologia e la filosofia?
Non dobbiamo negare quanto è stato acquisito finora. Non possiamo ad es.
rinnegare la distinzione che è avvenuta tra filosofia e teologia. Tanto
meno pretendere di ritornare semplicemente al medioevo né a nessun'epoca storica passata. Non dobbiamo annullare nessun'acquisizione legittima della storia, ma imparare la
lezione positiva che ci offre tutta la tradizione e ogni epoca storica.
La distinzione che potrebbe farsi tra
teologia e filosofia, è forse questa: che
per scoprire la filosofia cristiana contenuta nella Bibbia, questa deve essere
considerata « sub specie rationis », mentre
per fare teologia la Scrittura va considerata « sub specie fidei
». Cioè fare teologia sarà accettare la rivelazione e
studiarla in quanto ci viene rivelata da Dio. La
filosofia sarà studiare il pensare, anche quello rivelato, in quanto
è accettabile e comprensibile dalla mente umana. Quindi la
filosofia ha implicita l'accettazione della rivelazione, però una
rivelazione studiata col solo lume della ragione, e spiegata non in
virtù dell'autorità di Dio che rivela, ma in virtù del
fatto che l'esperienza del cosmo e dell'umanità ci fa capire come nella
rivelazione ci sia la soluzione vera, ultima, completa, che dobbiamo
approfondire.
Quindi con la
filosofia dirai: « ecco, io capisco
questo »; con la teologia dirai: «io credo tutto». Però già con quello che io capisco posso
fare molto, andare tanto avanti.
In sintesi, quello che si voleva rilevare — e che speriamo d'essere riusciti a fare in
qualche modo — è che la crisi dell'umanità attuale, e
quanto di negativo c'è stato anteriormente, è
dovuto al fatto che gli uomini non hanno saputo comprendere
adeguatamente il valore, in tutto il pensare, della rivelazione.
Per queste conversazioni abbiamo pensato di
mantenere lo stile parlato e intuitivo: non solo per lo spazio che non consente
una trattazione più estesa ed
elaborata, ma anche perché più diretto e ricco di suggerimenti.