Parola di vita

 

«Non hanno bisogno del medico i sani ma i malati;

non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori»

(Mc. 2, 17)

 

Questa frase di Gesù conclude l'episodio della chiamata Ai Matteo e della cena nella sua casa con i pubblicani e i peccatori.

A quel tempo, in Israele, i pubblicani erano una classe sociale che una persona per bene non doveva frequentare. Erano gli < outsiders » di allora, i malfamati, gli emarginati che, sotto vesti diverse, esistono anche nella società di oggi.

Gesù, che poco prima, nella guarigione del paralitico, si era mani­festato come il figlio dell'uomo « che ha il potere di rimettere i peccati in terra» (2, 10), chiama, ora, uno di questi pubblicani a entrare nel numero degli intimi che lo seguono. Anzi, entra nella sua casa e siede a tavola con lui e i suoi amici — un segno, questo, per la sensibilità semitica, di intima comunione.

Questo fatto, allora come oggi, non poteva e non può non suscitare scandalo. Allora erano i farisei a sdegnarsi. E, come succede spesso in casi del genere, non avendo il coraggio di parlarne direttamente alla persona interessata, si rivolgono ai discepoli, non senza una certa punta polemica: « perché il vostro maestro mangia con i pubblicani e i pec­catori? >. Gesù li sente, e con parole chiarissime risponde: • Non hanno bisogno del medico i sani ma i malati; non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori ».

Si può vedere dietro questo episodio, ristretto a poche persone (a Matteo appunto e ai suoi compagni), un anticipo reale di quanto Gesù compie al culmine della sua missione, nel momento cioè della sua morte in croce. Li, egli si fa uno con tutti gli uomini, con tutta l'uma­nità malata e peccatrice, fino al punto di diventare egli stesso scan­dalo, peccato per la nostra giustificazione.

Cosi le parole che egli rivolge ai peccatori sono sigillate e con­fermate dalla sua morte in croce, e come tali valicano anche la soglia del momento storico in cui sono state pronunziate: assumono una dimensione universale, si rivolgono agli uomini di tutti i tempi.

Ciò vuol dire che tutti sono chiamati a seguire Gesù, a entrare in intimità con Dio, e questo non perché siano « sani e giusti », ma degli « ammalati e peccatori », che diventano giusti per mezzo di lui. In altre parole: è proprio perché abbiamo « bisogno del medico » che siamo nella condizione di entrare in comunione con lui e di averlo con noi.

E vuol dire un'altra cosa ancora: tutte le volte che noi cristiani avviciniamo un « pubblicano », uno dei cosiddetti lontani, un peccatore, dobbiamo farlo come ha fatto Gesù: non con parole e prediche che lo allontanerebbero ancora di più, ma con quell'amore che ci impegna a farci uno con l'altro fino allo scandalo, sapendo che in quella persona ci aspetta qualcuno che ci ha già preceduti su questa strada: Gesù crocifisso e abbandonato.

Felix Heinzer.