Realizzare la comunione cristiana ritornando sem­pre,

di nuovo, al punto zero del proprio io.

 

per unificare l'umanità

Klaus Hemmerle

 

Comunicare è tutto, si dice. Ma per la comunicazione occorre l'infor­mazione. E subito ci si imbatte nelle difficoltà. Fino a che punto basta il solo essere informati per poter co­municare? E inoltre, è possibile una informazione completa?

Chi infatti ha a che fare con i « mass-media » si è accorto fin trop­po che non c'è niente che si lasci manipolare cosi facilmente come l'in­formazione. Il motivo è semplice: la combinazione degli elementi dell'in­formazione, l'ordine e il contesto in cui vengono presentati, offrono delle possibilità infinite di influenzare e programmare il giudizio del destina­tario.

Sarebbe tuttavia troppo semplici­stico prendersela con i « manipolato­ri ». Infatti, volere o no, l'informa­zione è necessariamente interpreta­zione.

 

La crisi dei contatti

Tanti di noi avranno fatto forse questa esperienza: si legge qualche articolo su una determinata persona, se ne sente parlare e la si vede per­sino in televisione, quasi a « tu per tu », ma poi, se si arriva ad un in­contro personale, si scopre che è tut­ta diversa dall'immagine che si ave­va di lei.

Perciò si vorrebbe conoscere diret­tamente tutti, per rendere più auten­tici i contatti sociali. Ma è chiaro che questo non è possibile. E se anche lo fosse, sarebbe troppo poco, perché la realtà dell'uomo non si esaurisce nella sua sfera personale e nella sua vita privata, ma si esprime anche nella società. Anzi, è proprio questo intreccio sociale che oggi di­venta sempre più predominante. E di fatto fa poi calare la qualità dei singoli rapporti. Questi diventano sempre più neutri e formali, e cosi il « boom » dei contatti si rivela un'inflazione.

 

Vie d'uscita?

Si va in cerca di vie d'uscita. C'è chi evade nel guscio del piccolo grup­po dove si sente bene, e ne fa il suo rifugio per proteggersi da un mondo cosi avverso. Ma proprio que­sto chiudersi crea uno spacco invali­cabile tra lavoro e vita, tra attività pubblica e attività privata, e danneg­gia la persona sia nella sua sfera so­ciale che in quella personale.

Un altro tentativo di uscire dall'in­comunicabilità è quello dell'impegno umanitario. Ma spesso, senza nem­meno accorgersene, si rischia di non raggiungere i lontani e di trascurare i prossimi. Il che accade perché un

tale impegno diventa sempre più dif­ficile. Infatti bisognerebbe essere im­mersi nei problemi per conoscerli dal di dentro con tutte le loro implica­zioni, e avere, allo stesso tempo, quel distacco che consente di giungere a dei concetti d'azione limpidi e chiari. Ma dove si potrà trovare l'uomo che sia aperto e informato a livello-mondo, e, allo stesso tempo, capace di un incontro umano col suo pros­simo? Non si sa davvero dove an­dare a cercarlo, se non sul piano del­l'umanità stessa, tutta intera, chiama­ta, oggi quanto mai, a diventare or­ganismo, soggetto collettivo.

 

La risposta

Ma rieccoci all'esperienza quotidia­na. Spesso mi capita di andare per una strada molto frequentata in cit­tà, tutto preso dai miei pensieri e dai miei programmi.

Poi, ad un certo punto, mi rendo conto che accanto a me passano tan­ti altri per la stessa strada. Altri che sfiorano per un attimo la mia sensi­bilità e poi svaniscono subito.

E pensare che ognuno di loro è il centro del proprio mondo cosi come io lo sono del mio! E che io per loro sono altrettanto secondario co­me loro lo sono per me! Mi doman­do: che succederebbe se potessi al­l'improvviso trasferirmi nell'altro? Il mio mondo è forse tutta la realtà? Non ne fa parte anche quello del­l'altro? E in fondo, dov'è questa realtà?

Gesù Cristo è la risposta. Sì, per­ché Dio non si accontenta di « sin­cronizzare » tutti gli avvenimenti del­la realtà in un'onniscienza meramen­te quantitativa. In altre parole, la sua onniscienza non è soltanto di carat­tere per cosi dire informativo, non si esaurisce cioè nel registrare ogget­tivamente le cose, ma vi partecipa e le fa sue, e quindi è comunicativa. Perciò, in Gesù, si è formato un cuo­re umano per collegare in esso tutti i mondi e tutti i tempi nello stesso patire e nello stesso amore che ab­braccia tutti e tutto.

 

L'aggiornamento di Dio

A questo punto ci è aperto l'ac­cesso a quelle grandi proclamazioni, come ad esempio nella lettera agli Efesini, nelle quali si afferma che Dio ha riassunto tutto in Cristo, dan­do alla creazione un nuovo capo e un nuovo senso. Quindi si potrebbe dire che Gesù è l'« aggiornamento di Dio ». Attraverso Lui infatti tutti i tempi e tutti gli spazi della storia del­l'umanità comunicano con l'amore di Dio e sono incorporati nell'unico gior­no di Dio.

Di più: Dio stesso, attraverso Ge­sù, si immerge nell'unica notte del­l'umanità, in tutte le sue domande aperte, in tutte le solitudini incol­mate, in tutti i perché senza rispo­sta, in tutto quanto gli uomini han­no sperimentato e sperimentano di separazioni e di lacerazioni.

Recentemente il card. Suenens ha detto che oggi non c'è bisogno sol­tanto di « aggiornamento », di ripor­tare cioè tutto al giorno attuale, ma occorre soprattutto l'« annottamen­to », e ciò vuol dire il coraggio di affrontare la notte di oggi, in comunione con la notte di Colui che era abbandonato sulla croce, di Colui che ha preso su di sé la notte di tutti noi.

Suenens ha detto questo, riferen­dosi alla Chiesa. E di fatto anche secondo la lettera agli Efesini la Chiesa è chiamata ad incarnare nella storia ciò che si potrebbe chiamare la « contemporaneità » di Gesù con tutti i tempi dell'umanità. Perciò la Chiesa ha il compito di riunire in sé ogni divisione e rottura, di riunire « Giudei e Greci ».

La Chiesa è il luogo d'incontro dei tempi, delle tradizioni e delle gene­razioni. Essa è, nella dimensione del­lo spazio-tempo, l'unificazione del mondo, dell'umanità. Così forma il Corpo del Signore del quale può di­ventar membro ogni uomo che si doni nella fede.

 

Vivere da Gesù

Chi sente sul serio l'ansia di comu­nicazione non si accontenterà di un accenno soltanto astratto a Gesù e alla Chiesa. Infatti, queste verità non servono a niente se non vengo­no tradotte e diventano accessibili al­l'umanità di oggi.

Pertanto dobbiamo vivere la realtà di Gesù e della Chiesa, se vogliamo far si che si possa riconoscere in Gesù e nella sua Chiesa « l'aggiorna­mento e l'annottamento di Dio ».

Ma come fare? Il primo passo, cer­tamente, va fatto da ogni singolo. Egli deve immedesimarsi con il mo­do di vivere di Gesù, per realizzare un contatto con tutta l'umanità e, allo stesso tempo, con ogni uomo.

Infatti è questo, forse, l'aspetto più straordinario di Gesù: Egli è l'uomo « per tutti » e, proprio come tale, lo uomo « per me ».

Ma anche a noi è offerta la possi­bilità di vivere come Gesù: l'attimo presente. Ciò significa affidare a Dio tutto il passato e tutto l'avvenire per essere completamente libero dinanzi a chi mi si presenta in ogni momen­to come prossimo.

L'attimo presente è il denomina­tore comune che ci consente di vi­vere per tutti e allo stesso tempo per ogni singolo. Non è una « tec­nica », ma esige l'entrare in comu­nione con Gesù, condividendo la sua autospogliazione, la sua disponibilità di vivere l'« ora » che il Padre gli manda. Questo stile di vita ci chie­de un continuo distacco, ma, allo stesso tempo, dona quella libertà e semplicità che Gesù ha indicato nei bambini, negli uccelli e nei gigli del campo.

Solo cosi il nostro mondo stanco straprogrammato e quindi annoiato di se stesso, si risveglierà e diventerà spazio d'incontro e di vicinanza.

 

Comunione vera

La misura del distacco resta sem­pre Lui, Gesù: Colui che si fa vuoto e si perde radicalmente per aprirsi alla volontà del Padre, ubbidendo fino alla morte in croce (cfr. Fil. 2, 1-11), modello in ciò del rapporto interper­sonale. Allora anche noi dobbiamo vivere lo stesso atteggiamento di Gesù, gli uni verso gli altri, per diventare co­munione in Lui. Ad ognuno è chiesto pertanto di farsi vuoto, di essere in ascolto e disponibilità di fronte al­l'altro, cosi come il Figlio dinanzi al Padre.

La comunione cristiana si costrui­sce nella misura in cui chi vuol rea­lizzarla ritorna sempre di nuovo al punto-zero del proprio io, a quel li­mite cioè in cui avviene il distacco dalle proprie opinioni e dai propri interessi e giudizi che ripete l'abban­donarsi del Signore nel Padre.

Abbandonare dunque noi stessi agli altri e negli altri, ma non per fer­marci sugli uomini, ma per avere Lui in mezzo a noi. Egli ci permetterà di non perderci nel vicolo cieco delle simpatie umane che rischierebbero di far della nostra comunità un club chiuso.

 

Chiesa-mondo

La vera comunità cristiana perciò non è fuori del mondo ma aperto ad esso. E l'amore scambievole, esercita­to e perfezionato continuamente sul modello dell'amore di Gesù verso di noi, ci spingerà ad amare con la stessa intensità anche quelli che stan­no « fuori ».

Infatti la comunione cristiana, per natura sua, non può chiudersi in una cerchia di persone, perché la comu­nione che ha veramente il Signore come unico centro può e deve allar­garsi a chiunque sia disposto a sce­gliere solo Lui.

Così, pian piano, l'umanità entre­rà nella comunione di coloro che so­no già riuniti in Gesù e nel suo nome.

Per diventare realmente lievito nel­l'umanità, una comunità cristiana de­ve essere Chiesa nel senso completo. Evidentemente la realtà vitale della Chiesa si esprime nella singola comu­nità concreta, riunita qui ed ora at­torno al Signore.

Ma ciò non toglie che Chiesa signi­fichi allo stesso tempo l'insieme di tutti i credenti di qualsiasi cultura e di qualsiasi condizione umana e cristiana.

Ed è altrettanto evidente che que­sta unità estesa non debba esaurirsi solo nell'organizzazione, nell'identità della fede e della liturgia, ma che debba costruirsi anche attraverso la comunicazione viva.

E questo è il compito fondamen­tale delle singole comunità che qui ed ora vivono una comunione con­creta, aperta ed inserita però nell'in­sieme della Chiesa.

Allora l'umanità diventerà una real­tà concreta e diventerà «concreto» anche Colui che ne è l'unità e la contemporaneità.