Parola di vita
«Chi avrà perseverato
fino alla fine, questi sarà salvato»
(Mt. 10,22)
Tutto il capitolo decimo del Vangelo di
Matteo delinea le caratteristiche che deve possedere colui che vuole
impegnarsi nella diffusione del Regno dei Cieli.
Volendo riassumerle in una sola si potrebbe
dire che la condizione essenziale che Gesù
esige è: essere uguali al Maestro. « II discepolo non è da
più del Maestro né il servo da più del suo padrone. Basta
al discepolo essere trattato come il maestro e al servo come il padrone »
(vv. 24-25).
L'essere come il Maestro non è mai una realtà pienamente acquisita,
un possesso ormai pacifico che, mentre siamo impegnati nella lotta per il
Regno, ci dia la sicurezza di essere arrivati alla meta.
Al contrario. La vita cristiana è un lungo camminare. Un cammino che incomincia quando ognuno di noi si decide per Dio, ma che si
realizza nella storia man mano che Dio accetta l'offerta.
I nostri buoni propositi però coesistono con la realtà di ogni giorno,
e non c'è peggio della monotonia giornaliera per distruggere anche gli
ideali più belli.
Di fronte a questo fatto insorge il pericolo
dello scoraggiamento.
L'abbattimento può sopraffarci e indurci a ritornare al punto da
cui eravamo partiti, magari con slancio. Può
succedere anche l'opposto: credersi già arrivati e perciò liberi
da ogni sforzo, sentirsi sicuri e dormire in pace. E' l'imborghesimento sia
spirituale che materiale al quale ognuno di noi è attratto da tanti
richiami interiori ed esteriori.
Gesù
Abbandonato vissuto e amato per se stesso è il segreto per scuoterci dal
sonno o per trovare la luce e la forza di non fermarci a metà
strada.
Per Gesù
l'abbandono inizia quando annientando se stesso prende
la natura di schiavo, diventando simile agli uomini (Fil.
2, 7), e continua nella sua costante apertura alla volontà del Padre
(Gv. 4, 34). E' Dio, ma conosce le tentazioni e le difficoltà che
implica l'essere fedele sino alla fine (Mt. 26, 38-39.42). Poi, nel momento
culminante della vita, in mezzo a dolori inimmaginabili, sentendosi come
respinto dal Padre grida quel misterioso, ma non meno vero: « Dio mio,
Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mt. 27, 46). Aggiunge
subito, con quell'atteggiamento di fiducia che aveva
contraddistinto la sua vita: < Padre, nelle tue mani raccomando lo
spirito mio» (Lc. 23, 46).
Gesù
Abbandonato è il Dio Fedele. Il Dio Fedele alle sue promesse, l'Uomo-Dio
che nell'uomo Gesù resta fedele sino alla fine. Gesù ha
perseverato sino all'ultimo perché era stato fedele in ogni attimo della
sua vita.
Se siamo veri cristiani non mancheranno
difficoltà proprio per il nome di Cristo, ma la
nostra perseveranza ci assicurerà il definitivo trionfo.
Le difficoltà tuttavia non provengono soltanto dal mondo, hanno purtroppo
origine in noi stessi, nel nostro uomo vecchio. Vengono soprattutto dal fatto
che non impariamo mai ad amare bene la croce di ogni giorno. Per questo
sciupiamo grazie e compromettiamo il disegno di Dio.
La nostra fedeltà sarebbe garantita se amiamo Gesù
Abbandonato e se ci buttiamo ad amare il prossimo, credendo nell'unità
con i fratelli.
L'amore fraterno infatti
è il fuoco che brucia tutto e lascia
in piedi solo la verità, elimina cioè quei difetti dei quali
nemmeno ci accorgiamo ma che rallentano la nostra corsa.
L'amore fraterno è il crogiuolo che ci purifica da tutto ciò
che nell'incontro col mondo non credente e dimentico di Dio ci può aver
intaccato. Anche nel lavoro o nello studio acquistiamo o vengono a galla idee,
iniziative, che ci spingerebbero a fare chissà cosa, ma nell'unità
col prossimo purifichiamo il nostro cuore, la nostra mente, la nostra
volontà.
Nell'unità
coi fratelli infine ritroviamo una maggiore oggettività nei pensieri
perché anche gli altri ci portano la voce di Dio. Così ritroviamo
noi stessi e il posto che veramente dobbiamo avere nel piano di Dio.
Saldi in questa unità col prossimo e con Dio possiamo perseverare con
fedeltà in ogni attimo, così che Lui possa
un giorno dirci: « Bene, servo buono e fedele, tu sei stato fedele nel
poco: entra nella gioia del suo Signore» (Mt. 25, 21).
Attilio Gimeno