spazio per dio

 

Abbiamo popolato la terra, ma non abbiamo lasciato sufficiente spazio a Dio né in noi né fra noi. L'uomo s'è moltiplicato, secondo il comando del Signore, ma già dal­l'inizio ha trovato il modo di cac­ciare Dio dalla terra come una presenza incomoda, come uno di troppo, anche perché s'è dimenti­cato di essere stato fatto a imma­gine e somiglianza sua, ossia amo­re. Accecato dall'euforia dell'esi­stenza, ha creduto di poter essere Dio; ma per troppi dèi non c'è spazio bastante, e s'è ritrovato uo­mo in lotta con l'uomo nel tenta­tivo di ottenere sugli altri una supremazia almeno relativa: Ada­mo, infatti, cerca subito di squa­lificare « la donna che tu mi hai dato per compagna », e Caino non sopporta la presenza del fratello. I rapporti sono rotti, l'armonia di­venta stridore, l'Eden viene chiu­so, e l'uomo, prendendo coscienza di se stesso staccato da Dio, si tro­va nudo. Brutto, insomma.

Questa pagina della Genesi trova purtroppo riscontro nella nostra cronaca quotidiana. La terra è di­ventata inabitabile come nell'anno zero di Cristo, quando il Verbo non trovava un luogo, uno spazio degno di sé per posare la sua tenda fra gli uomini. Questo spazio ha dovu­to crearselo: l'immacolatezza della Vergine, unica « degna abitazione per il Figlio di Dio ». Bella questa preghiera dell'otto dicembre. In una creatura s'è verificata la tota­le apertura a Dio; la totalità dello spazio inferiore di Maria può ve­nire riempito dallo Spirito: «Pie­na di grazia ». Su un punto della terra Dio si è preparato uno spa­zio dove poter esistere cosi com'è in cielo, senza diminuzione da par­te sua, perché senza riserve da parte di Maria. Poi è Gesti stesso che si adopera ad allargare lo spa­zio per la sua presenza nel mondo, immacolatizzando gli uomini con l'a­prirli all'amore; e dà inizio alla Chiesa per prolungare in essa, nel tempo, il luogo della sua fraterna convivenza spirituale e sacramen­tale.

Eppure anche oggi la terra sem­bra farsi inabitabile. La frenesia di assoggettare il cosmo in modo mec­canicistico distrae l'uomo, e dando­gli l'impressione di essere onnipo­tente gli fa cancellare dall'universo quell'incomodo che è Dio, quasi che lo spazio che gli accordiamo sia usurpato al progresso.

Persino nei « buoni cristiani » lo spazio inferiore riservato a Dio è fortemente ridotto in modo che il Cristo che vi traspare è contratto e distorto, e la Chiesa poco attraente.

Mentre basta un santo per rendere più accogliente l'umanità, più splen­dente la Chiesa; perché il santo si immacolatizza col dono totale di sé, svuotandosi di per farsi spazio a Dio.

Converrebbe in realtà, « lasciar vi­vere in noi Colui che oltre ad essere vero e buono e santo è anche il bello. Allora compiremmo attorno a noi atti e fatti e ordineremmo ogni cosa con tale superiore armonia da far del mondo, in cui viviamo, un angolo simile alla natura che, con la sua sola silenziosa presenza, ele­vando, conduce l'anima a Dio » (Chiara Lubich, Frammenti, pag. 252).

Questo sul piano individuale. Ma se succede che due o tre si uni­scano nel nome di Gesù, allora è il Paradiso in terra. (cfr. ibid. p. 212). E' in questo senso che i Padri pos­sono identificare la Chiesa col para­diso (Cipriano); o dire che Gesti è la sorgente del Paradiso (Ambrogio), di cui lui stesso è il dono più soave poiché ci fa vivere in amicizia e inti­mità con Dio (Teodoro di Mopsuestià); o esclamare: « fortunati, Si­gnore, coloro che, seppur in terra, hanno saputo trovare in essa uno spazio per il tuo paradiso » (Odi di Salomone). Si, con l'amore possia­mo trasformare la terra in Paradiso.

Silvano Cola