più grandi insieme

 

Mi ha sempre fatto impressione l'affermazione di Gesù: « chi crede in me compirà anche lui le opere che io faccio, anzi ne farà di più grandi» (Gv. 14, 12). C'è di che non capire, ed è avvilente se si pensa che anche queste parole del Vangelo sono per noi. In chiave individuale non vedo soluzione né per me né per altri. La storia non registra fat­ti del genere, neppure nelle miraco­listiche biografie di santi popolari.

Forse l'interpretazione va fatta in chiave collettiva, perché ciascun cri­stiano non può che riconoscersi « membro » di un corpo e pertanto inadeguato, come solo individuo, ad agire in persona del Cristo totale. Mi viene in mente la moltiplicazio­ne dei pani: sfamare cinquemila uo­mini è da Gesù, non da me indivi­duo; o anche da me ma solo in proporzione di quanto sono in co­munione e faccio corpo con altre membra di Cristo, in proporzione cioè della grandezza del Corpo di Cristo che realizziamo assieme.

A Trento durante l'ultima guerra cinquecento persone sull'esempio delle prime focolarine hanno messo i beni in comune e di fatto hanno sfamato tanti affamati della città. Se tutta la cristianità oggi si sen­tisse veramente Corpo di Cristo e agisse di conseguenza, realizzando, fra altre cose, la piena comunione dei beni, sarebbe  forse in grado di risolvere il problema della fame nel mondo compiendo un'opera mate­rialmente più grande della molti­plicazione dei pani operata da Gesù.

Gesù ha guarito un piccolo nume­ro di lebbrosi; ma tutti sanno che la lebbra potrebbe scomparire dalla faccia della terra se l'intera cri­stianità operando a corpo in per­sona di Cristo mettesse in comune quel tanto di beni materiali e di capacità (carismi) mediche che vir­tualmente possiede. E cosi via.

Camillo di Lellis, Giovanni di Dio, Don Bosco, Madre Cabrini e mille altri santi avrebbero realizzato po­co da soli; operando a corpo con quanti sono entrati in comunione con loro, hanno risolto e risolvono problemi sociali in proporzione di quanto Cristo « collettivo » hanno realizzato.

E' di me individuo, certo, la con­versione interiore, la decisione sempre presonale — alla scelta di Dio e a vivere le cosiddette virtù ne­gative della povertà, castità e obbe-dienza, della pazienza, della perse­veranza... i supporti e le condizioni della carità, insomma. Ma essere Gesù e operare « come » Gesù ha operato non è possibile se non di­ventando, insieme, corpo suo, co­munione totale tra noi e con lui.

 

Silvano Cola