Liturgia viva
Un'ordinazione come tante altre: il Vescovo
ausiliare di Torino conferiva il Presbiterato, il Diaconato e il
Suddiaconato a tre giovani. Tuttavia si sentiva nell'aria che c'era
qualcosa di diverso. Vi contribuiva senz'altro il fatto che per la prima volta
si vedeva una ordinazione in quella parrocchia. Anche
l'internazionalità degli ordinandi
(Rudi della Germania che andrà in Cile, Paco
della Spagna, Enrique argentino) era una nota
singolare. Il Vescovo rimarcando il fatto vi scorgeva — e lo diceva a tutti — un segno dell'unità e della
cattolicità della Chiesa. Ma non era solo per questo. C'era anche
qualcosa di più, che ad esempio avvertirono sin dal primo momento la mamma e le
sorelle di Rudi venute dalla Germania: « Che bello, dicevano, vedere diventare
sacerdote il figlio in mezzo ad una comunità cosi ». Quella
però non era la comunità naturale
di Rudi, giacché eravamo a Torino e lui ha fatto la teologia a Roma.
Anche là tuttavia la stessa famiglia, lo stesso timbro di vita, in cui
Rudi aveva cercato di vivere questi anni a Roma. E questo si vedeva. Dopo
la cerimonia, semplice e profonda, con la concelebrazione di una
quindicina di sacerdoti amici, il rinfresco, i saluti, la cena con un gruppo
più ristretto... Anche 11 in rilievo non tanto questi aspetti esterni, ma
l'amore di cui tutto
era espressione. E alla sera ci si ritrovava più uniti e con la gioia e la pace aumentate in cuore.
Al giorno seguente la prima Messa, nella
comunità di Vallo Torinese. La nota
caratteristica qui è stata una circostanza "casuale". Era il
secondo anniversario della morte di Maria Orsola (cf. S. Cola, La storia di
Orsola, Roma 1971). Per questo motivo
erano venute a Vallo persone delle diverse comunità torinesi legate dallo
stesso ideale di vita. Al mattino raduno di 200 persone — quelle
più impegnate. Si leggono dei brani del diario di M. Orsola. Poi
comunicazione d'esperienze: questa volta non tanto
individuali quanto cercando d'esprimere i passi che le comunità
hanno realizzato dopo l'ultima volta che ci si è trovati. L'applauso che
chiudeva
le diverse esperienze, gioioso, sostenuto, parlava chiaro della unità che si era creata tra tutti. Poi il pranzo ed
una passeggiata, anche qui pretesto soltanto per essere insieme e
fraternizzare. Al pomeriggio la prima Messa. La liturgia non era qualcosa di
staccato ma continuazione normale di tutta la
vita. Lo si vedeva nei sorrisi dei volti, nei toni
delle parole, nell'aria di famiglia tra tutti. Forse in quelle comunità
incomincia ad attuarsi un fenomeno tanto auspicabile tra i cristiani:
il superamento della dicotomia tra i momenti religiosi e quelli
« profani ». Li tutta la vita aveva
acquistato un timbro di sacralità, solennità, e la liturgia
esprimeva la gioia, la semplicità dei rapporti e la carità
che correva tra le persone. In questo clima il saluto della pace
non era una formalità,
e la comunione acquistava il suo senso più pieno, essendo espressione e
vincolo d'unità di un Corpo che si costatava vero e vivo. Partendo alla
sera ci erano rimaste diverse esigenze dentro. Una, quella
di chiedere a M. Orsola di aiutarci a raggiungere la santità. La sua presenza
è ancora — e sempre più — così viva e stimolante in mezzo alla comunità, che ci
sembrava un ideale spendere la nostra vita come lei. Un'altra, la coscienza che
meritasse la pena dare la vita in questo carisma
di servizio che è il sacerdozio, per generare Cristo nella
comunità.
E. C.