Il tema centrale dei Congressi Gen 1972:
la nuova dimensione
richiesta all'uomo
per una svolta dell'umanità
di Chiara Lubich
Nell'epoca della bomba atomica, del frantumarsi
di quell'unità che si credeva inscindibile,
cioè dell'atomo, il Cielo ci ha fatto scoprire una atomica
divina e cioè una potentissima arma d'amore che, anziché
distruggere, anziché radere al suolo l'umanità, la esalti al
massimo, dandole la più alta dignità: quella di sentirsi, non
solo un insieme di popoli giustapposti, che spesso litigano e si
minacciano come ragazzoni sgarbati e pericolosi, ma un sol popolo: il popolo di
Dio.
Io slogan divino per la nostra rivoluzione
Un'arma che porti l'unità sulla terra. E non un'unità solamente umana, ma divina: quella appunto invocata da Cristo
quando, accingendosi a morire per tutti, pregò: « Padre, che tutti
siano uno ».
«
Che tutti siano uno ». Ecco il grande, divino slogan della nostra
rivoluzione che, uscito dalle labbra di Cristo, in quel solenne momento, riecheggia
anche oggi, sotto il potente soffio dello Spirito Santo, in varie maniere, in
diversi punti del globo, dalla cattedra di Pietro, dall'assemblea conciliare,
dal dilagante movimento ecumenico, a migliaia e migliaia di cuori della prima,
seconda e — con il recente congresso gen-3 — terza
generazione del nostro Movimento.
E «
che tutti siano uno », motto dei gen, è scritto appunto su quella
simbolica bandiera che tutto il Movimento innalza. Esso è la tensione,
l'aspirazione, il programma che il Movimento Gen sprigiona dal suo seno.
«
Che tutti siano uno » è stato il segnale di partenza che ha dato il
via alla nostra rivoluzione cinque anni fa.
Ricordate?
«
Giovani di tutto il mondo unitevi », è stato il primo grido, il
primo vagito del Movimento Gen nascente.
Ma sin d'allora e soprattutto dal '68, i gen
non si nascosero che quella meta si poteva raggiungere con un unico mezzo,
che quella vittoria poteva un giorno ottenersi con un'unica arma.
Ed ecco che dietro la bandiera che portava
quel motto, stava scritta una frase forse per i più misteriosa ed oscura.
In questi giorni vorremmo che quella frase
prendesse tutto il risalto, svelasse tutta la sua potenza.
Se Costantino
credette di vedere in cielo una croce e di leggervi: « In questo segno vincerai », i gen sanno che con
un solo mezzo vinceranno: questo mezzo si chiama Gesù abbandonato: e cioè Gesù in croce
agonizzante che grida: « Dio mio, Dio mio, perché mi hai
abbandonato? ».
E' appunto Gesù abbandonato l'atomica divina che il cielo ha affidato al Movimento
Gen.
E' Dio colui che grida: Dio mio, Dio mio.
In quel grido, lanciato dall'Uomo-Dio verso il
cielo, verso Dio, sembra — anche se non è — che l'unità di Dio si infranga. In
realtà è proprio in quel dolore e per quel dolore di Gesù
che noi possiamo trovare la soluzione, ogni soluzione, per ricomporre in
unità, in armonia, tutte le disunità che travagliano noi, ogni
altro uomo, gli uomini, i gruppi, i popoli.
Attraverso Gesù abbandonato è proprio l'unità
del mondo che può ricomporsi.
Ma prima di tentare di spiegare come possa
applicarsi questa medicina al mondo di oggi che dovunque reclama unità, comunione, pace, vorrei vedere con voi
com'è il mondo d'oggi.
l'esigenza di comunione
tra le civiltà
Non intendo parlare della contestazione che,
a quanto sembra, sta perdendo di intensità
ed anzi, in certi casi, cede il passo ad una rinascita dello spirito, e spesso
proprio attraverso i giovani. Voglio parlare piuttosto della situazione in
cui siamo venuti a trovarci dopo l'incontro ormai irreversibile tra i popoli e
le civiltà del mondo intero, reso possibile e sollecitato da una vera
esplosione dei mezzi di comunicazione sociale, e dall'immenso sviluppo
tecnologico. Questo incontro ha portato certamente un gran bene
perché ha fatto circolare notizie, conoscenze,
fatti, avvenimenti, tradizioni, mentalità, mettendo tutto in
comunione, spingendo ogni uomo fuori delle proprie vedute culturali e nazionali
nelle quali era vissuto finora. Questo incontro ha portato un gran bene proprio
perché tra il resto ha fatto notare come queste vedute non sempre
corrispondevano a verità, ma spesso erano assolutamente parziali,
perché frutto della mancata comunione tra i popoli. Basta pensare al
modo con cui gli stessi fatti della storia erano e sono tuttora visti ed
insegnati nei diversi paesi, modo a volte del tutto contraddittorio, per cui una personalità creduta in una nazione un
eroe, è vista, non di rado, da un'altra come un traditore; e un
periodo della storia considerato, da pensatori illuminati dalla verità
superiore della fede, un'epoca d'oro, di grande luce, è visto da altri,
che hanno camminato con la sola luce dell'intelligenza,
prescindendo volutamente dalla luce che è Dio, come un'epoca oscura.
Oggi, si sa, nessuno più può accettare queste visioni parziali,
chiuse e contrastanti.
Se la contestazione ha avuto un merito,
questo è proprio quello di aver fatto
crollare molte maschere nel sincero desiderio di conoscere la verità
denudata dalle varie interpretazioni degli uomini.
Questa comunione mondiale è stata ed è dunque un bene.
Ma c'è
anche un'altra faccia della medaglia.
Non sempre l'uomo di oggi è preparato a questo incontro. Vi porto un
esempio. E' di questi ultimi tempi il contatto più aperto fra il
mondo occidentale e il mondo cinese; noi tutti abbiamo letto sui giornali
la meraviglia, piena insieme di ammirazione e di sorpresa, dei vari
visitatori di quell'immenso e lontano paese. È'
stata, per tutti loro, la scoperta di un mondo diversissimo dal
nostro. E per stare in un campo più vicino a noi, vi comunico
l'espressione di un focolarino che ha visitato qua e là varie nazioni
dell'Asia. Egli, tornando, ha detto con espressione efficace: E'
più vicina agli occidentali la luna che non l'oriente.
insufficienza dei nostri schemi
Questa diversità, in realtà, solo adesso possiamo veramente affermarla,
perché solo ora cominciamo ad accostarci a quelle genti
— e a tante altre — non più in veste di colonizzatoli
che vanno ad imporre il proprio modo di vedere il mondo e la vita,
considerandolo logicamente come unico giusto e valido.
Solo adesso cominciamo ad avvicinare quei
popoli col dovuto rispetto, con l'umiltà
di chi sa che deve sempre imparare e per questo ci accorgiamo che
c'è tutto un altro modo di vedere le stesse cose, diversissimo dal
nostro, di noi occidentali, ma non per questo meno giusto e valido.
Tutti noi, chi più chi meno infatti, siamo cresciuti alla
scuola della mentalità greca e romana. Socrate, Platone, Aristotele, Cicerone,
Tacito, Giustiniano, sono stati i nostri maestri di pensiero. Il linguaggio, il
vocabolario che adoperiamo è stato nella più gran parte, formato
da loro. Non solo: ma da noi nell'epoca attuale domina una cultura
tecnologica.
Ebbene, ora siamo di fronte a popoli che non
sanno nulla della Grecia, di Roma, della nostra mentalità, ma poggiano le loro grandi civiltà su
altri nomi, su altri pensatori grandi pure loro e a noi sconosciuti.
Che cosa sta succedendo allora? Ci
accorgiamo che le nostre strutture mentali, il nostro modo di pensare non è più il solo, l'unico. Questa constatazione,
specie se ripetuta in più casi, può far tale impressione da lasciare
l'animo dell'occidente molto perplesso. E' come se egli scoprisse che
aveva nella sua testa un cristallo attraverso il quale vedeva ogni cosa e che questo cristallo sta
andandogli in pezzi.
Concezioni, tradizioni, mentalità, al confronto veloce con altri
modi di pensare, altre tradizioni, non resistono più come prima. Subentra un senso di incertezza penosa,
una sofferenza che l'umanità tutta più o meno sente e certamente
sentirà allorché i vari punti del globo saranno scossi
da questo impatto con i popoli diversi e sconosciuti.
E perché
questo? Perché la struttura mentale degli occidentali è
nella maggior parte legata con i valori che essa contiene ed esprime
— come l'etica, l'estetica, la metafisica, la libertà, la
giustizia ecc. — da far credere che questi valori ne siano compromessi.
la crisi dell'impatto
con le altre culture
L'uso dilagante dei mezzi di comunicazione
sociale, legando un po' tutto, minaccia dunque a volte di mettere in crisi non solo ciò
che andava messo sotto giudizio, perché parziale, ma fa dubitare,
all'uomo impreparato, che presto o tardi vengano a vacillare anche i
grandi valori assoluti ai quali le generazioni passate avevano sempre
fortemente creduto.
Non solo, ma nel campo della religione l'uomo
con una fede infantile (non rafforzata da un profondo studio e soprattutto da
una profonda esperienza personale di quella verità assoluta che vive nel centro della sua anima e
si manifesta a chi la mette in pratica) può trovarsi egli stesso
leggermente disorientato, dubbioso in ciò che crede. Infatti la Chiesa, portatrice della verità
trascendente e assoluta, e Chiesa universale per vocazione e nei
fatti, ha dovuto usare non di rado per esprimersi, per farsi intendere, il
linguaggio, il vocabolario, le strutture mentali tipiche del mondo in
cui si è più sviluppata. E molti hanno pensato che queste
espressioni esaurissero la verità che la Chiesa portava.
Il fatto è
che la verità ed i valori umani assoluti,
come la verità eterna, e cioè il regno di Dio, non vanno
assolutamente confusi con le nostre strutture mentali che come un guscio le
contengono. Il vacillare del modo di pensare e la mancanza di fiducia che ad esso si può dare, non deve, non dovrebbe dare
l'impressione che siano gli stessi valori assoluti da esso espressi
ad esser compromessi.
Può
esser vero che il pensiero umano, le strutture umane, sono cosi
collegate con le verità che esse esprimono, da crederle indistinguibili.
Ma non è
assolutamente cosi.
Tuttavia in questa situazione nuova che è venuta versificandosi, l'incertezza c'è,
il disagio aumenta e gli uomini cercano di salvarsi da tale terremoto ideologico
riparandosi or in un modo or in un altro.
C'è
chi, spaventato, si ancora alla cultura da lui appresa
e vuole morire in pace, lasciando alle future generazioni la soluzione di
tale problema.
C'è
chi presumendo nelle sue sole forze umane s'avventura alla
scoperta delle nuove civiltà, delle nuove idee e, anche, delle altre
religioni, con la presunzione di trovare una sintesi del tutto, che lo
soddisfi, cadendo spesso invece — seppur ne è capace — in un
ibrido sincretismo in cui la verità assoluta non è
più a fuoco, le altre verità scoperte assumono posizioni varie
dipendenti dall'umore, dal carattere e dal beneplacito individuale. Ne nasce
con ciò un misto di nozioni che non hanno più nulla di assoluto,
di solido, di valido, e crollano nel più assurdo, demolitore
relativismo, nel più vario soggettivismo.
C'è
chi vorrebbe affrettare la distruzione del vecchio mondo quasi che la nascita del
nuovo derivasse di conseguenza dalla fine di un mondo superato.
C'è
chi ancora non volendo scomodarsi troppo a pensare, lasciando agli altri la
fatica della generazione di un mondo nuovo,
si getta in un cieco pragmatismo.
Il gen che non può nascondere la faccia di fronte alla
realtà, e anche lui sente in sé questo travaglio, avverte in
più casi che la terra gli trema sotto i piedi, e oltretutto non
può ancorarsi, come la generazione precedente, ad un modo di pensare
unicamente occidentale, anche perché il gen, essendo giovane, non
è in grado di possedere ciò che la generazione precedente
possiede. C'è quindi nel gen un motivo di più per soffrire e per
entrare coscientemente nella gestazione del mondo nuovo che deve arrivare.
Il gen oltretutto ne è responsabile, non può chiudere gli
occhi ed evitare la fatica per la nascita di quel mondo che domani
sarà suo.
Come allora vivere questo terribile oggi
in cui sembra che per un misterioso cataclisma i più alti valori tremino come enormi grattacieli che si
curvano e si frantumano?
il tipo
"uomo-mondo": Gesù
abbandonato
C'è
una risposta pratica adatta al gen, un mezzo sicuro di cui il gen
può far calcolo per concorrere a generare
il mondo che sarà? C'è in pratica un tipo di uomo-mondo che
sente, che sa sentire in sé, questo terribile maremoto che minaccia
di nulla salvare di ciò che finora s'è creduto intangibile, e che
pur quasi dubitando che la stessa verità assoluta lo abbandoni al
proprio destino, gettandolo nella più grande confusione, ha saputo però nello stesso tempo superare tale immane
prova pagando così un mondo nuovo che ha ritrovato in sé e ha generato per gli altri?
Si, esiste.
Ma s'intuisce subito che quest’uomo
non poteva essere assolutamente un uomo, ma doveva essere l'uomo:
Gesù abbandonato.
La sua umanità perfetta, ma pur debole e soggetta al dolore e alla morte,
è simbolo di ogni struttura umana che pur nei suoi limiti è
riuscita a contenere, in circostanze diverse, qualcosa di illimitato, come le
verità umane assolute, e la Verità sovrumana:
il Regno di Dio.
Sulla croce, prossimo alla morte fisica e
nell'abbandono, sua morte mistica, Gesù
avverte il crollo di tutta la sua umanità, del suo essere
uomo, per così dire della sua struttura umana e al culmine di quel
crollo il Padre permette misteriosamente che dubiti che in lui anche la
presenza di Dio quasi vanifichi. Per questo grida: « Dio mio, Dio
mio, perché mi hai abbandonato? ».
Ma proprio in questo stesso grido, Gesù, perché è Dio, ha la forza di
superare questo infinito dolore e dà alla sua carne passibile la potenza della immortalità,
inserendola risorta nel seno della Trinità immortale.
Non solo, ma con questo fenomenale atto
di accettazione della più spaventosa
distruzione che cielo e terra abbiano conosciuto,
Gesù dà agli uomini la possibilità di risorgere nell'altra vita, con la risurrezione corporale, e in
questa vita con la risurrezione spirituale da qualsiasi morte, da
qualsiasi distruzione, in cui l'uomo venisse a trovarsi.
E' Gesù
abbandonato che si pone davanti ai gen quale Leader sicuro anche in questo
secolo.
Egli, amato, offre a chi lo segue lo
Spirito di Verità come, dopo il suo
abbandono sul Calvario, fece piovere sugli apostoli lo Spirito Santo.
I gen seguendolo troveranno la possibilità di pop tremare di fronte a qualsiasi situazione,
ma anzi di affrontarla nella sicurezza che ogni verità umana e il
regno dei cieli, cioè la verità, potrà trovare, anche per
il loro concorso, le nuove strutture mentali a livèllo mondo.
Non solo: ma il gen sa che Cristo vive nella
sua Chiesa la quale ha saputo affrontare tutte le vicende della storia spogliandosi
via via di costumi, di usanze, di metodi
particolari per tener salda la verità
che non muta. Il recente Concilio Vaticano II è un esempio luminoso
di questo sforzo di aggiornamento e rinnovamento.
Star saldamente uniti alla Chiesa, dunque, e
seguire Gesù abbandonato.
A voi gen il conoscerlo profondamente,
il riviverlo in voi, per dare un avvio indispensabile e
decisivo alla svolta che va operata dall'umanità.
A voi accoglierlo nel cuore come la
perla più preziosa che oggi vi si possa
consegnare.