tempo di ri-creazione

 

E' già passato quasi un anno dalle due settimane di vacanza che abbiamo vissuto insieme, un grup­po di gens svizzeri, l'estate scorsa.

Mi sembra tuttavia che, a un anno di distanza, questa esperienza conservi ancora la sua attualità.

 

complemento e collaudo

L'anno scolastico sta ormai chiu­dendo i battenti e si avvicina il periodo delle vacanze. E' questo un tempo aspettato da molti con tanta ansia; non solo per il fatto piut­tosto banale di uscire finalmente dal « meccanismo » della scuola, quanto per la convinzione ormai acquisita che questo periodo sia altrettanto importante per la forma­zione al sacerdozio quanto i due semestri di scuola, come elemento di complemento e collaudo a que­st'ultima.

Oggi poi si fanno sempre più insistenti le voci che parlano di casi di esaurimento di persone re­sponsabili di comunità e opere so­ciali ed ecclesiastiche a tutti i li­velli, persone che non si sentono più di affrontare il compito immane affidatogli.

E' un problema abbastanza gra­ve, soprattutto perché questo fe­nomeno sembra aumentare di pari passo con la diminuzione del nu­mero di persone disponibili e il crescere delle esigenze, nel mondo moderno. Il risultato è che si è portati a strafare, andando a sbattere spesso in un esaurimento, specie per chi è più dotato e più attivo. E si tratta sempre di una crisi del­l'uomo intero, psichica e fisica allo stesso tempo.

 

una proposta

In questo contesto l'esperienza accennata all'inizio mi sembra pos­sa essere come una proposta che colloca al suo giusto posto il mo­mento della vacanza e ne indica il fondamento vero.

Il luogo scelto: una deviazione della « kleines Walsertal » in Au­stria, in fondo ad essa un paesino sperduto, con una piccola chie­setta, due o tre ristoranti, un nego­zio e un paio di casette per i turi­sti. La nostra abitazione è una vera e propria baita, dotata di regolare stalla con tre o quattro manzi, e dista una buona mezz'ora dal paesino. Si trova in un pascolo alpino, presso un piccolo torrente, circondato da un panorama mera­viglioso di prati, di abeti e di montagne rocciose. Corrente e gas naturalmente non ci sono, e per preparare i pasti dobbiamo ricorre­re al fuoco. Ci sembrava di esser tornati indietro di cento anni, anche perché a far da luce c'erano solo lumi a petrolio e per attingere acqua bisognava arrivare ad una sorgente alquanto distante dalla casa.

Tutto questo aveva un aspetto anche romantico e aiutava magni­ficamente il bisogno di distensione e di serenità che avevamo, ma allo stesso tempo faceva risaltare il di­stacco dalle comodità ormai abi­tuali dei nostri ambienti normali. Riporto alcune impressioni che rac­colgo dal diario scritto in quei giorni: « Queste vacanze sono un pò come i "quaranta giorni nel deserto". Il "mondo" non c'è. E con mondo intendo tutte quelle cose e avvenimenti in cui quoti­dianamente mi trovo: la radio, la TV, la musica, l'organo, i dischi, i contatti con tante persone inte­ressantissime e diversissime, il mio lavoro di catechista».

 

rinnovarsi insieme

Il nostro programma? Vedevamo ben poche possibilità, e l'idea di fare delle gite col nostro pulmino sfuma sin dal giorno dell'arrivo dal momento che l'unica strada che esce dalla valle è interrata a causa di lavori.

E così ci rendiamo conto, un pò alla volta, che in questa vacan­za quello che viene in rilievo non sono tanto i programmi quanto noi stessi, noi dieci che vogliamo riposarci. E man mano capiamo che questo riposo, questa ricreazione dovrà essere una vera ri-creazione, un'occasione per diventare nuovi. E colui che soltanto sa e può ri­crearci è Dio. La lettura della messa di uno degli ultimi giorni ci dà la chiave per capire questo: « Se uno è in Cristo, è una nuova creazione; ciò che era antico è passato: ecco, il nuovo è sorto ». (2 Cor. 5, 17).

Ci si illumina il senso di quella assenza di distrazioni, di program­mi, di attività, che talvolta fa sor­gere nell'uno o nell'altro persino una specie di coscienza cattiva: « All'inizio di questi giorni sentivo in me la domanda: è giusto che io stia qui? sentivo un'ansia di fare qualcosa di concreto, di es­sere più attivo, e non ho ancora trovato una soluzione che mi sod­disfi veramente. Ma ho capito al­cune cose: che in un campeggio come questo, in cui siamo liberi dai nostri impegni, dai nostri la­vori ecc, ho la possibilità di cu­rare nei particolari e con armonia anche le cose piccole. E questo ha il suo riflesso per le cose grandi ».

Le cose piccole: sono i pranzi preparati insieme, più o meno bene, e mangiati con calma e con gusto, le partite di calcio o di bocce, le ore in cui cantiamo o facciamo delle escursioni sulle mon­tagne. Tutto questo, oltre a offrirci tante possibilità di dialogare, di scambiarci le esperienze, si rivela sempre di più un'occasione per av­vicinarci a vicenda, per diventare più famiglia, più corpo.

 

incontrare Dio

Ed è questo che ci mette nell'at­teggiamento e nella disposizione di incontrare e sperimentare Dio. E' come se ci fosse una proporzionalità tra ciò che si costruisce fra di noi e ciò che succede nel rapporto tra noi e Dio. E infatti è così: mettermi in ascolto davanti all'al­tro è entrare in relazione con Dio, come diceva uno di noi: « L'unità mi ha fatto capire che il Cristo in mezzo a noi si manifesta anche tramite la parola del prossimo ».

E Dio risponde veramente. Ci fa scoprire Lui un programma, giorno per giorno, che supera tutte le nostre prospettive. Racconta Albert: « Ricordo il giorno in cui abbiamo fatto un po' il « consuntivo » dei giorni precedenti: vedevamo che Dio aveva già operato tante cose in noi. Io ne ero contentissimo, natu­ralmente, ma mi domandavo se poteva succedere ancora qualcosa altro, se il « culmine » non fosse già passato. Poi ho avuto la cer­tezza che ancora avremmo potuto fidarci del tutto di Dio, ché Lui avrebbe saputo darci ogni giorno delle nuove sorprese! ».

E di fatto è stato così. Ma più importante di tutti gli « exploit » esteriori che animavano quei gior­ni è stata la rivoluzione che è suc­cessa ad ognuno di noi, e che di­ventava una vera liberazione: dai nostri problemi personali, dai « chio­di fìssi », dagli schemi di come dovrebbero andare le cose, soprat­tutto dalle immagini nei confronti dell'altro. Diceva Lukas: « L'espe­rienza che faccio in questi giorni è un continuo perdere le teorie che mi ero costruite e che mi ser­vivano come "filtro" per affrontare la realtà. Ma so che soltanto così posso trovare la libertà».

Ugualmente Otmar: « Sento di donarmi totalmente a Dio e ho ca­pito che questo significa dover es­sere pronto per gli altri in ogni at­timo. Non devo più preoccuparmi di me stesso. E quindi posso vi­vere nell'attimo presente nella fidu­cia che Dio mi ama. Tutto il resto mi sarà dato in soprappiù. Questa è la libertà cristiana! ».

 

per servire di più

E' proprio così, e ci sembrava il denominatore comune di questi giorni: Dio ti libera dai tuoi piani, dalle tue responsabilità, perché è sempre Lui che fa i piani e che è responsabile — basta che si fac­cia la sua volontà!

Dio non ti vuole sopraffatto ed esaurito dal tuo lavoro, dai tuoi impegni, dalla donazione secondo i tuoi piani. Vuole la salute del tuo corpo e del tuo spirito, perché tu possa donarti totalmente agli altri, così come vuole Lui.

Ed è qui il fondamento e allo stesso tempo il fine del riposo: farsi ricreare corpo e spirito da Dio per poter servire in Lui l'uma­nità. E queste due cose, ricrearsi e servire, insieme, nella realtà del Corpo mistico di Gesù.

Felix Heinzer