Tra i Bangwa nel Camerun
eucarestia e amore scambievole
Ricordo nel '67, quando i
focolarini erano a Fontem da poco più di un anno i miei incontri con Gesù eucarestia
nella visita serale. Erano un colloquio intimo con Lui. Tutto si
riassumeva in uno sguardo all'ambiente povero e disadorno e nel constatare che
Gesù, Signore dell'universo, viveva li in mezzo
ad un popolo poverissimo, per stabilire una presenza di amore. Anche noi
eravamo stati portati dall'amore fin nel cuore di quelle foreste per aiutare un
popolo che, a causa delle malattie
80% di mortalità nei bambini), andava scomparendo. Ma tra noi e Lui c'era un
rapporto strettissimo: Lui presente nel tabernacolo non parlava, non
agiva, era solo nutrimento dell'anima, noi ci sforzavamo di avere tra noi
la sua presenza e vivendo la sua parola cercavamo di essere di Lui testimonianza
silenziosa, ma operosa.
il centro della vita
Giù
nella valle era tutto un fervore di opere, i vari cantieri procedevano a
pieno ritmo, l'ospedale accoglieva i pazienti, il collegio era saturo
di studenti, la segheria, attivata dall'energia elettrica, preparava i
vari pezzi per le costruzioni. Si sarebbe detto che il centro della nuova
città era la valle, il luogo scelto per i vari edifici. Invece no. Il
centro restava Lui presente nella poverissima chiesa. Ne avevamo la riprova la
domenica, al momento della messa. Durante la settimana non si vedeva anima
viva, ma la domenica e durante i giorni festivi avveniva un fatto
singolare. Da tutte le capanne lontane, anche dalle più disperse nel
bosco, conveniva una moltitudine sempre più grande di popolo e la chiesa
si riempiva di cristiani e di pagani. La gente non veniva solo per adempiere il
precetto festivo e per ascoltare la messa, ma anche per comunicarsi.
Ricordo il natale del '67: per tre giorni,
prima della messa di mezzanotte, dalla mattina alla sera ininterrottamente
ascoltai le confessioni di quei cristiani. Tutti volevano assicurarsi la
comunione la notte di Natale. L'ultimo lo confessai alle 23: ero sfinito, senza
forze fisiche, ma contento. Quella notte ebbi la netta
impressione che Gesù nasceva realmente
nel cuore di quel popolo per opera ancora di Maria.
Poi è
stato un susseguirsi di esperienze che mi dimostravano l'azione di Gesù:
mentre Lui operava attraverso i focolarini colle opere di misericordia
spirituali e corporali, nel popolo Bangwa nasceva
il desiderio di riceverlo nel battesimo e nella eucarestia. E lo constatavo nei
giorni festivi, quando mi chiamavano per dare la comunione a qualche
malato o davo il battesimo ai giovani. Ho ancora presente il pianto
inconsolabile dei giovani esclusi dal battesimo per non aver superato l'esame.
Ricordo a Fotabong un matrimonio celebrato
tra un maestro e un'impiegata del municipio di Fontem, presente tutta la popolazione. A cerimonia
terminata mi chiamano e mi dicono che gli sposi non potevano essere
fotografati se il missionario non andava a mettersi in mezzo a loro. Quel
giorno ebbi la sensazione che si rinnovasse, anche
attraverso me, la presenza di Gesù in mezzo a quel popolo.
Nella stessa Fotabong
nella Pasqua '68 officiai tutte le funzioni della settimana santa: in
Europa durante i 20 anni di ministero non avevo mai visto tanta gente partecipare
« coll'anima
» ai vari misteri che andavo spiegando in inglese,
mentre l'interprete mi traduceva in lingua Bangwa.
A Fontem un giorno diedi il viatico ad un moribondo
che lasciava l'ospedale per andare a morire nella sua terra. Seduto sull'ultimo
gradino della scalinata esterna, con la corona del rosario in mano, ricevette
l'eucarestia, poi, portato a spalle dai suoi, si allontanò nella
foresta.
attratti dall'amore
Dovunque noi missionari raccoglievamo i
frutti di un seme posto nel cuore dei Bangwa dall'amore. Scoprivamo sempre
di più che Gesù mistico porta a Gesù eucaristico: non c'era bisogno di
parlare. I focolarini non parlavano, amavano, cercavano di
mantenere viva la presenza di Gesù in mezzo a loro, lo
trovavano nei Bangwa che curavano, nei ragazzi del
collegio cui insegnavano, vivevano in una parola quanto Gesù aveva
detto: « Qualunque cosa avete fatta al più piccolo dei miei
fratelli l'avete fatto a me » (Cf. Mt. 25, 40).
Avveniva che quella riscoperta di Gesù in ogni prossimo portava
i Bangwa a « sentirsi » cristiani, a
chiedere il battesimo. Il vescovo Mons. Iulius Peeters, quando seppe che in un mese avevamo amministrato
476 battesimi, ci disse con gioia che un numero cosi alto di battesimi in un
solo mese segnava l'inizio della conversione in massa di tutta la
tribù.
Ora i cristiani sono più di cinque mila e noi siamo presenti solo da
qualche anno. Ma il numero non dice niente, perché la poligamia
impedisce ai Bangwa di ricevere il battesimo di
acqua. E' significativo quanto ci disse in proposito mons. Peeters:
« Il motivo principale che mi ha indotto a costituire la nuova
parrocchia di Fontem è che l'intera
popolazione (di quaranta mila persone) è matura
per la conversione ».
Così
l'amore, servendosi di un gruppo di uomini, ha allontanato il pericolo della
scomparsa del popolo Bangwa, e, poiché
è Dio che ha agito, il popolo Bangwa ha
scoperto e abbracciato il cristianesimo. Ne sono testimonianza lo slancio
e l'ardore che li spingono a costruire la propria chiesa e il contributo in
denaro che danno per essa.
Chi vive a Fontem
forse non s'accorge del disegno di Dio che si va realizzando, ma chi viene a Fontem scopre questo disegno e lo dichiara apertamente.
Mi sembra che la parola più autorevole a questo proposito l'abbia
detta il nunzio apostolico a Yaoundé: «
A Fontem non occorre la fede per credere,
poiché qui si tocca il costato di Cristo
». E ancora: « Qui si constata come un piccolo gruppo di laici ha
in sé la possibilità e la capacità di creare e avviare la
Chiesa ».
annibale Ferrari