Parola di vita
«Poniamo attenzione gli uni agli altri per
stimolarci alla carità
e alle opere buone... incoraggiandoci reciprocamente».
(Eb. 10, 24-25)
Questa frase ci mostra la perenne novità e la rinnovata attualità del Vangelo.
Infatti nel mondo di oggi,
anche grazie alla psicologia, alla sociologia, alla filosofia e ad altre scienze,
si scoprono sempre di più gli stretti
rapporti interpersonali che ci legano gli uni gli altri. Si afferma che l'uomo
è un essere-per-l'altro,
e che, per questo, io non posso essere autenticamente io se non in rapporto col
tu, e che la persona si realizza solo nel noi.
Così
pure si approfondisce l'idea che Dio non vuole salvarci e santificarci da soli
ma insieme.
Formiamo un popolo radunato nel nome di Gesù, e dal momento che Lui è venuto non
possiamo permetterci di vivere isolati, ignari e indifferenti di ciò che
accade agli altri.
Non soltanto non dobbiamo ignorarci, ma è necessario contribuire alla costruzione di
quella realtà, di quel noi, che acconsente all'agire di Dio nelle nostre
vite e nella storia dell'umanità.
Infatti se è vero che la nostra vita è un progetto
pensato da Dio dall'eternità, è altrettanto vero che la sua
realizzazione è nelle nostre mani.
Il cammino verso la nostra mèta umana e cristiana non è facile, anzi a
volte pieno di difficoltà, e perciò il farlo assieme ad altri
è di validissimo aiuto.
Con gli altri la strada si fa con gioia e si
scopre il filo che guida tutti i nostri atti. Così come accade ai discepoli di Emmaus: Gesù, che camminava in
mezzo a loro, spiegava il perché degli eventi vissuti in quei giorni.
La stessa cosa succede o dovrebbe succedere a
noi. Camminando con i nostri fratelli, si fa presente il nostro Fratello. Lui
ci spiega i perché; ci dà la
luce per vedere e non inciampare. Ci fa comprendere i nostri sbagli, dandoci
allo stesso tempo la forza e la decisione per non ricadere.
Se Gesù
è presente ci dà la sua sapienza. Questa non dobbiamo tenerla
solo per noi, ma dobbiamo comunicarla ai nostri amici.
Si può
dare il caso però che noi stessi neppure ci accorgiamo di questo dono;
allora sta agli altri stimolarci e farcelo vedere affinché sia fatto
circolare.
Questo esige di stare sempre attenti sia
all'azione di Dio dentro di noi che alle esortazioni che vengono dai fratelli.
In questo modo, ammonendoci e stimolandoci reciprocamente, la carità non verrà meno.
Perciò
l'ammonimento reciproco non consiste solo nel riprendere i lati negativi, ma
nel mettere in rilievo tutto il positivo che è in ognuno. Si aiuta per
animare, per dare nuova energia e vita; non per scoraggiare, ma per stimolare
alle buone opere.
In questo modo possiamo comprendere come
l'ammonimento reciproco, al quale ci invita la lettera agli Ebrei, non è un voler risolvere i problemi altrui senza
cercare prima una soluzione per i propri, ma un costruire insieme una
realtà in cui tutti siamo coinvolti.
Attilio Gimeno