Siamo tutti noi ad aver sfigurato la Pietà di Michelangelo. E' la nostra società, che indulge al brutto e all'osceno, la responsabile incosciente delle deturpazioni apportate ad ogni forma di bellezza verginale: Ma questa resta pur sempre una profonda e universale aspirazione nostalgica che ci fa dire a Maria

 

sazia questa sete di bellezza

che il mondo sente

di Chiara Lubich

 

Stai, Madonna bella di Michelangelo, in quel­la cappella di San Pietro, ed ogni volta che ti guardo sembri più bella. Passano giorni, anni, secoli, e uomini di tutto il mondo e di tutte le epoche sono corsi a vederti e tu hai lasciato nell'animo loro qualcosa di sublime, di dolcis­simo. Dai, a chi ti ammira, di provare un senso come di beatitudine: sembra che tu tocchi il fondo di ogni anima umana, il fondo dell'anima umana, e questo raggio celeste, che da te par­te, bacia il centro immortale dell'uomo, di ogni uomo: di ieri, di oggi, di sempre.

Quando le tragedie del vivere umano mi in­cupiscono, quando la televisione con alcuni programmi mi umanizza ma non mi eleva, quando il giornale con le sue cronache sempre troppo eguali mi mette malinconia, quando il dolore mi morde nell'anima e nel corpo, ti guardo e mi sollevo.

C'è in te qualcosa che non muore.

Ed è questo qualcosa che mi fa pensare.

Si dice che è artista colui che sa esprimere quel che ha dentro. Ma si dice pure che è fi­losofo colui che risponde ai « perché ». Ma non è così: la filosofia cerca il vero, è la scienza della verità. Allo stesso modo io penso che non si possa definire artista colui che esprime quel che ha dentro. Ci sono tante cose dentro, nel­l'uomo: odi, rancori, gelosie, nostalgie, amori, passioni di ogni specie, e ogni espressione di tutto ciò che non può essere arte, perché allora il pazzo dovrebbe essere il miglior artista: me­glio di tutti infatti sa esteriorizzare quel che sente.

Forse l'arte è un'altra cosa: e me lo dici tu, Madonna bella di Michelangelo: l'arte è sa­per trasfondere in un dipinto, in una scultura, in una architettura, in una musica... qualcosa di quel che nell'anima non muore. Un'opera d'arte è resa così eterna da questo « qualcosa », per cui, pur passando gli anni, le mode, i me­todi, pur progredendo la tecnica, pur moltipli­candosi le scoperte, quell'opera resta, perché ha un'impronta immortale, divina.

Oggi mentre ti guardavo, Madonna bella, pensavo: quanto è sublime e divino l'effetto di un'opera d'arte. Testimonia l'immortalità del­l'anima, perché se l'oggetto plasmato non muo­re, ma è arte proprio perché è immortale (nel senso che non passa finché si mantiene), colui che ti ha fatto non può morire. E mi parve che l'arte assurgesse a un'altezza mai pensata e il bello fosse, come il vero e come il buono,

materia prima del regno celeste che ci attende, e che gli artisti veri avessero, senza saperlo, una missione apostolica.

Coi loro capolavori d'arte ci donano angeli invisibili e silenziosi che ci indicano il cielo...

Ed ho capito che solo il Bello è bello e l'Ar­te è arte, nel senso che o il bello è un bello universale ed eterno, o non è.

Ma se un'opera d'arte dimostra l'immorta­lità dell'anima, non vuol dire che l'arte sia re­ligione, nel senso che l'artista sia necessaria­mente religioso. Certo la persona veramente religiosa — per il solo fatto che ha contatto con Dio, creatore dell'anima fatta ad immagine sua — trova più facilmente spalancata la via all'arte (e ciò è dimostrato dal numero immen­so di capolavori d'arte a carattere religioso).

Basta comunque che l'artista trasfonda nel­l'opera l'anima sua, e l'anima dell'artista, anche se incredulo o ateo, è sempre immortale.

L'anima è immortale perché è una. Perché è una non può disfarsi, scomporsi. Ed è qui, credo, la prima causa dell'opera d'arte.

Se contenuto della filosofia è il vero, dell'ar­te è il bello. E il bello è armonia: e armonia vuol dire « altissima unità ». Ora, chi saprà comporre in armonia i colori e le parti di una pittura, se non l'anima dell'artista che è una ad immagine dell'unità di Dio che l'ha creata?

E' l'anima umana, riflesso del cielo, che l'ar­tista trasfonde nell'opera, e in questa « crea­zione », frutto del suo genio, l'artista trova una seconda immortalità: la prima in sé, come ogni altro uomo nato quaggiù, la seconda nelle sue opere, attraverso le quali si dona nel corso dei tempi all'umanità.

L'artista è forse il più vicino al santo. Per­ché se il santo è tale portento che sa donare Dio al mondo, l'artista dona, in certo modo, la creatura più bella della terra: l'anima umana.

Questo ho meditato di fronte a te, Madonni­na bella di Michelangelo.

E giacché a te ho parlato, a te chiedo un dono: guarda gli artisti, che ti contemplano ogni giorno, con occhi di maternità, e sazia questa sete di bellezza che il mondo sente: manda grandi artisti, ma plasma con essi gran­di anime, che col loro splendore avviino gli uomini verso il più bello tra i figli degli uomini: il tuo dolce Gesù.