Parola di vita

«Amatevi intensamente gli

uni gli altri con cuore puro »

(I Pt. 1, 22)

 

C'è una fraternità universale, che trova la sua ragion d'essere nel fatto che tutti gli uomini sono figli dello stesso Padre.

C'è anche, però, un'altra fraternità che rivela tutta la novità neote­stamentaria. E' la fratellanza che si fonda in Gesù Cristo, l'Unigenito del Padre. E' una fratellanza che nasce dal riconoscere, nella fede, che Gesù è il Figlio di Dio, e che perciò noi diventiamo fratelli in Lui.

Ma se è così, non c'è il pericolo di diventare una setta di spirituali? Non ci sarà la tentazione di fare della Chiesa un circolo di iniziati?

Dobbiamo riconoscere, a voler essere sinceri, che il pericolo ci sarà sempre. Sta a noi l'opzione per l'uno o per l'altro senso. Soltanto nella misura in cui realizzeremo la fratellanza « ristretta » nel Cristo sarà possibile costruire una fratellanza universale. il Regno dei Cieli è simile alla pasta lievitata (cfr. Lc. 13, 20].

In altre parole, l'impegno per una fratellanza universale esige, prima di tutto, che la realizziamo tra noi. «Da questo riconosceranno tutti che siete i miei discepoli, se avrete amore gli uni verso gli altri» (Gv. 13, 35). L'impegno consiste, dunque, nel mettere in pratica il comandamento nuovo con tutte quelle sfumature che fanno del nostro amore una filadelfia (cfr. I Pt I, 22; 2, 17; 3, 8).

Il nostro deve essere un amore intenso.

Non ci possiamo accontentare di parole, né fermarci a metà strada. E' un continuo uscire dalle pieghe di una nostra interiorità per cercare i bisogni, i dolori, i momenti di insicurezza degli altri, senza aspettare che siano loro a chiedercelo. Occorre farlo intensamente, cioè « con forza », per vincere il nostro egoismo ed essere sempre in tensione verso l'altro.

E' amore totale, perché nasce dal cuore, e cioè, dalla parte più intima dell'uomo da dove scaturiscono tutti i desideri, i propositi e le decisioni fondamentali della vita.

E' tutto l'uomo ad amare, con tutte le sue capacità.

Amare di cuore significa pure che il nostro agire deve essere affettuoso, impregnato di calore umano, di tutte le nostre risorse sensi­bili. Non è un falso pietismo, né un amore disordinato o equivoco, ma propriamente divino. Diremmo meglio: è un amore soprannaturale nella naturalità della vita di ogni giorno.

Il cuore puro, infine, ignora la gelosia, le astuzie o le finzioni. Si ama senza aspettare niente dall'altro, senza seconde intenzioni. In questo modo dimostriamo il nostro amore disinteressato a Dio. Non strumentalizziamo l'altro, ma scopriamo in lui il figlio di Dio, il fratello. Cosi facendo il nostro amore sarà credibile. « Da questo... ».

L'apparente chiusura imposta dalla carità in vista della filadelfia, diventa apertura missionaria. Ciò vuol dire che la Chiesa, se è amore vissuto, non è e non può essere una setta chiusa. E' una comunità dinamica. La città posta sul monte diventa città aperta, pronta a nuovi sviluppi e ad accogliere nuovi fratelli. Mettendo allo stesso tempo al servizio di tutti la luce che viene dalla sua esperienza fraterna.

Atilio Gimeno