Linea arancio
Küsnacht-Marajó
La missione oggi è una realtà molto discussa e diversamente
interpretata. Non c'è dubbio sul fatto che la Chiesa, come tale,
sia chiamata alla missione. Ma sul modo di attuare questa chiamata
divergono le opinioni.
C'è
chi ritiene che l'impegno missionario della Chiesa, nella nostra epoca,
debba essere puramente politico-sociale, rivolto,
per lo più, allo sviluppo del cosiddetto
terzo mondo.
E c'è
chi contesta questa riduzione pragmatica e vuole
che nell'attività missionaria venga messo in luce anche e
soprattutto l'aspetto spirituale, l'apostolato cioè nel senso
tradizionale.
Su questo problema si può discutere e scrivere tanti libri. Ma forse
si trova una soluzione di esso soltanto se si fa
qualcosa di concreto.
Questo almeno si sono detti i parrocchiani di
Küsnacht,
una cittadella svizzera vicino a Zurigo. Ed essi hanno
capito soprattutto che un tale impegno non spetta solo alla Chiesa universale,
ma in modo particolare anche alla Chiesa locale, alla parrocchia. ,
Così,
due anni fa, si è formato un gruppo di dieci persone — tre casalinghe, un
commerciante, due sociologi, un avvocato, un ispettore d'assicurazione, una ex cantante e il direttore dell'Opera di Zurigo — con lo scopo di elaborare e presentare poi
alla parrocchia un progetto concreto.
Ci si è
accorti presto che, ci voleva si un impegno
attivo, ma, allo stesso tempo, come condizione necessaria, uno spirito di
vera collaborazione se non si voleva cadere in un vuoto attivismo.
«
Il nostro aiuto sarà una testimonianza
credibile soltanto se avrà come anima la comunione fra noi, sia
all'interno del gruppo che in tutta la parrocchia » : questo divenne
la convinzione di tutti. Sicché la prima cosa da fare era e rimane
impegnarsi insieme a crescere nell'unità.
Questa crescita ha poi trovato la sua
espressione esteriore nella costruzione di un centro parrocchiale che
ormai quasi da un anno sta al servizio della vita parrocchiale.
A questo punto è sembrato giunto il momento di un impegno concreto anche
all'esterno della parrocchia. « La gioia di
possedere ora un centro per la nostra vita parrocchiale dovrebbe essere
divisa con altri, e specie con quelli che hanno meno di noi o niente »,
così si poteva leggere nel bollettino parrocchiale all'occasione
dell'inaugurazione del centro.
E «
quelli che hanno meno o niente » li avevano già trovati. La parrocchia di Küsnacht
li chiamava: i nostri amici del Marajó.
Marajó
è il nome di un'isola nell'estuario
del Rio delle Amazzoni. 80.000 uomini, un po' di tutte le razze, vivono in
quella terra calda e umida. Si dedicano alla pesca e poi c'è anche un
po' di agricoltura e di artigianato. I più non sanno né leggere
né scrivere. Il vescovo del posto aveva in testa già da qualche
tempo un progetto che, attraverso due amici di Küsnacht,
aveva presentato alla parrocchia. Si trattava di
costruire una cooperativa distribuendo tra quindici famiglie una cinquantina di
mucche, capaci di sopravvivere in quella zona umida, con un toro di razza.
Per questo lancio iniziale si prevedeva una spesa di circa
cinquantamila franchi (7,5 milioni di lire). Poi la cooperativa avrebbe
continuato autonomamente e il cinque per cento delle entrate sarebbe
servito ad acquistare altri terreni. Così l'allevamento si sarebbe incrementato e
pian piano, con esso, la miseria debellata.
Uno degli aspetti più belli del progetto era che esso veniva impostato
e realizzato dalla stessa popolazione del posto. E questo fatto rispondeva
pienamente a ciò che quelli di Küsnacht volevano: non si trattava di dare, da ricchi,
l'elemosina ai poveri, ma di offrire un primo appoggio e aiutarli ad
essere loro stessi artefici della propria liberazione.
A Küsnacht ci
si dà da fare, sempre salvaguardando
come anima di tutto la carità. E si sceglie
anche uno slogàn per sottolineare l'iniziativa:
la carità sprona la fantasia. Infatti le idee
prolificano.
I bambini sentono, nel catechismo, dei loro
fratelli brasiliani e di quello che si vorrebbe fare per loro. Capiscono
benissimo. Si impegnano a fare lavoretti di ogni tipo e sono
duemilaquattrocento i franchi che raccolgono nel giorno dell'inaugurazione
del centro. E' il prezzo di cinque mucche composto da
tanti spiccioli.
Alla sera dello stesso giorno, quasi
contagiati dall'esempio dei bambini, gli adulti ce la mettono tutta per
creare lo stesso clima durante il party. E tanti sperimentano, forse per
la prima volta, una Chiesa viva, tanto grande è la carità che c'è fra tutti. Il fine finanziano della festa sembra passare in secondo piano. Eppure,
forse proprio per questo, alla fine si raccolgono altri 56 mila franchi. Si
è arrivati dunque già con questa prima azione alla somma
prevista.
Ma le cose non si fermano qui: a novembre,
due delegati della parrocchia, uno studioso di
economia e un sociologo, si recano nel Marajó per vedere più da vicino la situazione e per
approfondire col vescovo il programma di sviluppo.
E quando dopo un mese ritornano, non
parlano tanto della situazione geografica ed
economica, quanto dell'esperienza indimenticabile che è stato per loro l'incontro con quelle persone.
E raccontano di una nuova speranza nata
nelle famiglie del Marajó.
Dalla presenza dei due delegati e per le notizie su Küsnacht
avevano infatti fortemente avvertito di aver
trovato in Europa dei fratelli e provavano dentro di loro la certezza di
non essere abbandonati, ma amati da Dio attraverso uomini che cercano di essere
dei veri cristiani.
Allora si capisce quanto diceva un bambino
della parrocchia di Küsnacht dopo aver cantato la canzone «
Perché non costruiamo i ponti » : « il ponte che noi abbiamo
costruito con quelli del Maraio non è un ponte
grigio come sarebbe quello costruito soltanto con i soldi, ma ha assunto
un colore molto pili vivo, perché c'è il nostro amore dentro
».
E questo è
vero: ha assunto il colore arancio, quello del fuoco che Gesù è
venuto a portare sulla terra.
a cura di Felix