Testimoni di Cristo

Certo che la nostra responsabilità è grande, perché noi cristiani dobbiamo essere dei testimoni di Cristo e, da come ci. comportiamo, gli altri possono intuire quale sia il messaggio portato da Gesù in terra.

Ma succede che alle volte la testimonianza di Cristo fatta dalle nostre persone sia poca o nulla, 'o deforme in una maniera o in un'altra.

Caratteri vari e menti indocili all'azione della grazia danno di Gesù un'idea a loro immagine e somiglianza, per cui il mondo che vede ed osserva, deduce quanto può dedurre dai dati che possiede: che la religione, ad esempio, piega il collo alle persone, ma non la volontà, nella sua radice pro­fonda, perché quel dato cristiano che si dice di­scepolo di Cristo, essendo ancor lui che vive in se stesso e non Cristo in lui, getta un'ombra che vela, nella sua persona, la religione da lui profes­sata. Di conseguenza, continua e si perpetua tra­gicamente la separazione dei lontani da coloro che, rivivendo l'Amore che è Dio, dovrebbero at­trarre il mondo e portarlo al Signore.

Insomma una religione che non piace perché alterata, mentre rimane, anche nelle persone più agnostiche, il fascino o almeno il rispetto magari inespresso per il missionario che s'avventura nei lidi sperduti, lasciando ogni cosa per Iddio, o per il martire che consuma la sua vita nel sangue. E questo, tutto questo, perché il cristianesimo o è genuino e totalitario, o lascia molto a che dire.

Tutto ciò vale per tanti casi che si vedono a colpo d'occhio; ma, portandoci in un piano supe­riore e più sottile, non è raro che, avvicinandoci a coloro che si sono dati con vero slancio a Dio, riscontriamo spesso degli errori, magari pratici, che dispiacciono e adombrano la bellezza della nostra fede.

Alle volte il viaggio su questo pianeta è cosi duro e questa « valle » così piena di lacrime, che l'uomo, trovando conforto soltanto nella croce, s'aggrappa ad essa, ne fa la sua bandiera, la pre­senta anche agli altri, li porta ad amarla, ma... si ferma lì

Si ferma li perché, pur amando egli con tutto il suo cuore e amando anche a fatti, non crede abbastanza all'amore di Dio verso di lui e verso tutti.

Il mistero pasquale ci sta a testimoniare che Gesù è Vita che vince la morte, è Luce che rompe le tenebre, è pienezza che annulla il vuoto.

Questo è in ultima analisi il cristianesimo, dove la croce è essenziale, ma come mezzo, e la lacrima è foriera di consolazione e la povertà di possesso del Regno; dove la purezza apre il sipario del Cielo e la persecuzione e la mansuetudine prean­nunziano la conquista dell'Eternità e garantiscono l'avanzare della Chiesa nel mondo.

Su quindici misteri che gemmano il rosario intero, la Chiesa ne pone cinque gaudiosi, cinque dolorosi e cinque gloriosi, e ciò fa intendere che al cristiano conviene sempre sperare, conviene cantare come facevano i primi cristiani, anche alle soglie del martirio, perché è retaggio nostro la pienezza del gaudio che Gesù ha promesso e ha invocato per chi l'avrebbe seguito.

Aiutiamoci ad essere nel nostro piccolo — testimoni completi di quel Gesù che ha attirato il nostro cuore, in quella Chiesa che anche noi possiamo cooperare ad abbellire, affinché il pel­legrino del mondo, vedendola, possa dire con più facilità e con infinito ristoro: « Sì, è la vera! ».

Chiara Lubich