Parola di vita
«Quanto a voi, nessuno si faccia
chiamare rabbi,
perché uno solo è il vostro maestro
e tutti voi siete fratelli».(Mt. 23, 8).
Nell'uomo è
spontaneo II desiderio di essere considerato uguale agli altri uomini. Non
soltanto però in teoria, ma concretamente, nei diversi aspetti della
vita in società.
Questa uguaglianza oggi è sentita anche nel rapporti
tra nazioni e continenti.
Che il problema non sia
nuovo ce lo mostra il Vangelo. Le parole di Gesù non esprimono soltanto un desiderio, ma indicano l'atteggiamento
profondamente umano che i cristiani, per primi, debbono assumere nei riguardi dei loro fratelli.
Tutto il N. T. è permeato dal senso della uguaglianza. Negli Atti e in
San Paolo la
troviamo principalmente in
relazione alla comunione dei beni.
Lo stesso Paolo nella prima ai Corinti (12,
12-31) c'è ne dà i fondamenti teologici.
Ci presenta il Corpo di Cristo formato da
molte membra, ma tutte (giudei o gentili, schiavi o uomini liberi) unite tra
loro in un solo corpo. Anche le diverse funzioni trovano la loro ragione
d'essere nel fatto di appartenere allo stesso corpo: « voi siete il Corpo di Cristo e sue membra, ognuno
secondo la propria parte» (12, 27).
Così,
per Paolo, l'uguaglianza e la diversità trovano, allo stesso tempo, il
loro fondamento in Cristo.
Lo stesso Paolo, ad esempio, applica questo principio
quando dice a Filemone, presso il quale era ritornato lo schiavo Onesimo: « Egli è stato
separato da te per breve tempo, affinché tu lo ricevessi poi per sempre,
non già come uno schiavo, ma molto di più che schiavo, come
fratello amato». (FU. 15,
16).
Qui non si tratta soltanto del
superamento della dialettica padrone-schiavo, ma di una realtà nuova che è il germe di ogni rivoluzione
cristiana.
Nonostante ciò, si è detto che la frase di Matteo « uno solo
è il vostro maestro, e tutti voi siete fratelli » è, forse,
una di quelle che lungo
i secoli è
stata addolcita di
più nella sua interpretazione.
Di fatto in tanti aspetti la vita cristiana
ha subito condizionamenti storici che hanno intralciato, anche nelle strutture
concrete, la semplicità e i modi in cui
deve esprimersi l'amore fraterno.
Per ovviare a questi difetti, il Vaticano II
ha voluto sottolineare, pur nella diversità
dei compiti, la « comune dignità » di tutti i cristiani e la
« vera uguaglianza » di tutti nell'edificare il Corpo di Cristo. (LG 32).
E ancora, nel decreto sulla vita dei
sacerdoti, citando appunto Mt 23, 8, si dice che, per il fatto che tutti siamo
stati rigenerati nel battesimo, «i
presbiteri sono fratelli tra i fratelli» (PO 9, nota 51).
L'amore fraterno praticato proprio nei
compiti diversi che ognuno può avere, fa di noi
l'unica famiglia di Dio, Padre di tutti gli uomini.
Attilio Gimeno