Parola di vita
"La moltitudine
dei credenti era un cuor solo e un'anima sola
e non v'era nessuno che ritenesse cosa propria
alcunchè di ciò che possedeva, ma tutto era fra loro
comune".
(Atti 4: 32)
La comunione dei beni, cosi come ci viene presentata negli Atti, non è un atteggiamento esterno, bensì la
conseguenza di una libera scelta che si opera nell'interno di ognuno e si
manifesta nella concretezza della vita. In altre parole, si può dire che
è la manifestazione dell'amore che nasce dalla fede. Non è quindi
un desiderio di solidarietà umana o semplicemente di amicizia,
ciò che muove a fare questo passo; il testo dice
infatti che sono i « credenti » a mettere i loro beni in
comune.
Per i primi cristiani, quindi, l'avere tutto
in comune era la conseguenza dell'essere «
un cuore e un'anima sola ». Perciò non si riconoscevano più
padroni, bensì semplici amministratori dei loro beni, che venivano posti a disposizione di tutti, secondo il bisogno
di ognuno.
Anche per noi, cristiani di oggi, la Chiesa
della prima generazione continua ad essere un modello da imitare da vicino. La
povertà, così come la vivevano loro,
diventa esigenza categorica in un mondo che sempre di più va in cerca
della sua unità, che vuole parlare in termini di « socializzazione
> e uguaglianza.
La prima uguaglianza, se noi viviamo così, consiste nel fatto che ci riconosciamo
amministratori dei beni che Dio ha destinato a tutti. E' quindi povertà,
perché non ci sentiamo più padroni esclusivi di ciò che
abbiamo; ma una povertà che manifesta l'aspetto sociale del
cristianesimo.
Siamo abituati a concepire la povertà in funzione dell'ascetica
personale. Qui invece si tratta di una povertà che è
in funzione della comunione. E nella comunione essa trova la sua realizzazione
piena, ed esige un aspetto organizzato (Atti, 4, 35) che non dobbiamo
dimenticare se non vogliamo che venga meno l'unità della comunità
e s'indebolisca la sua armonia.
Risponde alle esigenze di oggi, perché la nostra società cerca di garantire a tutti il lavoro, il benessere, la sicurezza e il godimento
dei vantaggi offerti dallo sviluppo della tecnica e delle altre scienze.
In un mondo così, la povertà non può essere concepita se non dinamicamente;
non tanto come un non-avere, ma come un saper usare,
come un far circolare tutto fra tutti, o meglio ancora come un mettere-in-comunione.
E' attuale quindi, e alla portata di tutti,
senza eccezioni. Tutti siamo ricchi di qualcosa, e la Scrittura dice: « fra loro tutto era comune ». Tutto vuoi
dire tutto,
Atilio Gimeno