VITA GEN'S

 

« ...Era da parecchio tempo che non mi arrivavano più aggiorna­menti dai gens con i quali sono in contatto: per me era un falli­mento ed io incominciavo a preoc­cuparmi, proprio come un pagano, come chi non ha speranza...

Il fatto è che non mi accetto po­vero, povero anche di una vita di unità che c'è, che vorrei cre­scesse e che non sembra apparire: questa, credo, è la lezione che Dio mi dà. Sono ancora io che voglio la linearità, che voglio farmi san­to, che voglio essere in rapporto con gli amici.

Per l'ennesima volta stavo per dire, come Pietro: " Non conosco quell'uomo ".

Forse non ho mai pensato che rifiutavo Dio ogni volta che non amavo il buio, il dolore, il fallimen­to... Si, perché tutto ciò è Lui, Gestì Abbandonato. Sapeva bene Pietro che l'uomo che gli passava accanto, sfigurato e deriso, era il Maestro, quello stesso del Tabor, quello che a Cesarea di Filippo aveva ricono­sciuto Figlio di Dio. E' Lui: ma come è difficile amare questo Dio dei giorni feriali...

Ci sarebbero tanti particolari ma vengo al dunque: l'aggiornamento è venuto proprio quando io l'ho saputo perdere in Dio, e mi sono unito ai gens della zona più col perdere che con ogni altro mezzo. Così, nel dolore Lui mi si è fatto incontro, così L'ho trovato, cosi Lo trovo continuamente sulla mia strada.

Da questa scelta che credevo di aver fatto e che ora capisco di do­ver sempre rifare, nasce il dialogo con Lui che mi fa santo, ha origine la verità e l'unità della mia perso­na, come anche si esprime il mio vero essere per gli altri ».

Tarcisio (Italia)

 

Dei quattro seminaristi che ave­vano partecipato all'incontro sacer­dotale di agosto, R., che fa anche da « centro di unità », era rimasto particolarmente colpito. Per questo aveva deciso di andare fino in fon­do e di darsi da fare per iniziare subito una comunione totale con gli altri, fino al punto di mettere tutti i beni in comune.

L'inizio fu un fallimento. R. si trovò di fronte al muro dell'indif­ferenza, dell'incomprensione e, in qualche caso, anche dell'ostilità.

« Allora ci scrive sono an­dato nella mia stanza ed ho aperto le meditazioni di Chiara: è li che ho letto: è meglio un'idea meno perfetta nell'unità, che una più per­fetta nella disunità. Allora mi sono reso conto che i miei sforzi non erano indirizzati per il verso giusto e ho deciso di cambiare rotta. Per questo lasciai perdere completa­mente il mio desiderio di fare subito la comunione dei beni, e per alcuni mesi non ne parlai più ».

Cosi si arrivò al nuovo incontro e il gruppo si ritrovò insieme per alcuni giorni. Fu allora che proprio L., prima « all'opposizione », si fe­ce avanti e disse chiaramente che la comunione dei beni era indispen­sabile per una unità più profonda ed autentica.

« L'inizio dell'anno accademico continua R. ci vide di nuovo insieme in seminario. Vedemmo che l'ora era ormai maturata: per que­sto io e L. ci trovammo per met­tere in comune le nostre cose. Pro­prio mentre stavamo leggendo sugli Atti degli Apostoli il modo in cui i primi cristiani realizzavano la co­munione dei beni, venne A. che ci chiese cosa stessimo facendo: gli spiegammo... e lui decise immedia­tamente di partecipare. Allora ab­biamo messo insieme il nostro de­naro, lasciando a ciascuno il ne­cessario.

Erano passati solo alcuni giorni quando T. mi parlò delle sue diffi­coltà sul problema dei soldi. Vidi che anche per lui era arrivato il momento di parlare chiaro... e an­che T. fu contentissimo di mettere tutto in comune.

Cosi ora siamo in quattro: altri tre del gruppo non sanno ancora niente. Il fatto è che è da poco che vengono ai nostri incontri e forse troverebbero strana la faccenda. Penso che si tratti di aspettare an­che per loro, il momento giusto. A noi non resta che amare, lasciando che sia Dio a maturarli: in quel momento infatti saranno loro stessi a chiederci di portare su un piano più profondo la nostra comunione ».

GENS IUGOSLAVI