VITA GEN’S
Capita spesso dalle nostre parti che nei seminali ci sia un solo seminarista a cercare di vivere la nostra vita di unità. Questa circostanza concreta è stata occasione ultimamente di incominciare a trovare dei rapporti più profondi con i gen, vivendo assieme i diversi aspetti della nostra vita: lavoro, studio, riposo, la visita ad altri giovani di altre città, la comunione dei beni... La nostra presenza nelle sedi gen si è fatta più frequente e cosi anche le visite dei gen nei seminali dove viviamo.
Questa comunione ci ha fatto concretizzare e capire meglio certe esigenze che sentivamo da tempo. Prima tra tutte quella di vivere concretamente il fatto che tutti formiamo parte di un'unica famiglia. Abbiamo approfondito la realtà della Chiesa come Popolo di Dio nell'esperimentare cosa significa vivere a « corpo ».
Poi, il testimoniare la nostra vita assieme ai gen ci ha fatto provare nel vivo che il vangelo va mostrato al mondo attraverso la vita di tutta la comunità. Prima d'essere sacerdoti dobbiamo essere Popolo di Dio il quale, « al completo », è segno per il mondo della presenza di Dio.
Allo stesso tempo abbiamo meglio capito il senso del nostro ministero: un servizio a questa comunità, un dare la vita realmente per gli altri.
Ci è sembrato anche che solo da una esperienza di questo tipo verrà fuori quell'uomo nuovo che si cerca nel nostro continente latino-americano: l'uomo che fà questa esperienza di comunione, di umanità nuova, unita.
Vedendo questa vita coi gen qualcuno ci diceva che gli sembrava un'esperienza nuova, di chiesa giovane, rivoluzionaria nel senso evangelico: « da questo vi riconosceranno... ».
Un pomeriggio ho invitato un amico a giocare una partita a scacchi. Nel gioco è iniziata tra noi una conversazione e lui mi chiedeva di raccontargli cos'era gens, che facevo io, cosa ritenevo fondamentale, se facevo propaganda...
Nelle mie risposte cercavo di donargli l'essenziale, ma a un certo punto lui mi ha interrotto e mi ha chiesto di scendere più al concreto.
Gli ho parlato allora della nostra esperienza sulla comunione dei beni. Questo l'ha stupito e gli ha fatto dire: « E' un grande passo mettere tutto in comune ».
Poi continuando la nostra partita e il nostro dialogo gli ho detto dei raduni che facciamo e ho dovuto spiegargli perché non l'avevamo invitato all'ultimo incontro: «Vedi, vorremmo manifestare e comunicare a tutti questo ideale, soprattutto colla vita, non con le parole ». Al che lui subito mi ha risposto: « Adesso capisco molti dei tuoi atteggiamenti ».
Abbiamo continuato la partita, e, separandoci mi ha chiesto di invitarlo alla prossima riunione.
Miguel Angel
Sei gens, alcuni dei quali lavoravano, hanno vissuto a Vendas Novas, per quattro settimane, un'esperienza particolarmente profonda di unità. Leggiamo nel loro aggiornamento: « Mai nella mia vita ho capito l'Eucaristia come lì, perché esperimentavo che eravamo molti, uniti nel suo nome, e che lui era presente. Non dimenticherò più le celebrazioni che facevamo dopo un giorno di lavoro e di sforzo per amarci come Gesù ci ha amato».
Dopo la visita di due volontari e un gen: « Oggi quando ripenso al dono dell'incontro con le altre vocazioni dell'Opera sento di trovare lo stesso Dio nelle molte vie degli uomini. Non so proprio cosa sia più bello: la gioia dell'unità dell'Opera nelle sue molte vocazioni, o il vero valore di queste vocazioni in Dio, per il mondo ».
E al termine di questa esperienza uno di loro affermava: « Avevo già sentito parlare delle " équipes " sacerdotali, ma non me n'ero mai interessato fino in fondo, forse perché consideravo insicura la mia vocazione. Dopo questa esperienza sono sinceramente convinto che questa può essere un'ottima strada per risolvere molti dubbi ed incertezze che tormentano tanti preti e seminaristi... ».
« Abbiamo iniziato il nuovo anno con entusiasmo, avendo nell'anima la vita dei primi cristiani, che sentivano tanto forte la presenza di Gesù tra loro: questo bastava a trasformare la loro vita.
Già nei primi giorni sono arrivate le difficoltà, perché, nella nostra convivenza di seminario, siamo abituati a vedere dell'altro soltanto quello che ci è simpatico o no.
Ecco cosa trovo scritto all'inizio del diario di quest'anno: «mi accorgo di far fatica certe volte a fare unità con G. Ma sarebbe troppo comodo avere gratis un tesoro così grande come l'unità, senza pagarlo con il dolore ».
In questo ci vuole una conversione. E' Gesù che la chiede. Lui che vuol essere cercato e amato in tutti gli aspetti dell'altro, negativi o positivi. In questo amore, abbiamo trovato un rapporto nuovo con tutti i compagni, attraverso piccoli atti di ogni giorno: dare a un amico il pacchetto di sigarette che ti avevano regalato, rifare un letto, essere staccati da quello che si ha perché potrebbe essere utile a qualcuno.
Anche nel nostro lavoro, la scuola, questa vita rivoluziona tutto. « Oggi dopo un decina di giorni dall'inizio della scuola, un professore mi ha chiamato. Insegna filosofia, e mi ha detto di aver notato in me più interesse e partecipazione alle sue lezioni, anche per le questioni che pongo. Non credo proprio che si siano svegliate di colpo le mie facoltà, ma è perché è nato un rapporto di amore ».
Ad un certo punto, abbiamo anche visto che per rendere totale questa unità, sull'esempio dei primi cristiani, dovevamo mettere tutto in comune: esperienze, soldi, le nostre piccole cose. E' la nostra povertà.
Eppure sperimentiamo continuamente i nostri limiti, alle volte ci stanchiamo, ma l'amore di Dio va sempre al di là. Cosi, quando ci incontriamo, spesso ci ripetiamo: « siamo miseri, ma abbiamo con noi una forza infallibile: l'unità ».
Mimmo di Piacenza
« L'incontro era stato preparato da tre giorni di vita comunitaria. Ne era nato un programma che, perso continuamente nell'attimo presente, ha centrato il raduno come incontro con Gesù Abbandonato, la conferma più forte della maturità del convegno.
L'esperienza comune era di sentirci una famiglia in cui tutto nasceva e circolava con grande semplicità. La comunione dei beni che si è realizzata tra tutti è stata l'espressione esterna di questa unità d'anima raggiunta.
L'incontro poteva essere — e lo era nella prospettiva di qualcuno — una bella occasione per discutere sui seminali, per trovare risposte e risolvere situazioni... Si è cercato di perdere tutto questo e, alla fine, ci siamo ritrovati tra le mani quella che sentiamo la nostra vera linea: vivere Gesù Abbandonato, scegliendolo come unico tutto.
Esprimendo un po' l'anima di tutti, alla fine dell'incontro, uno diceva: « sento che ora tutto è possibile, anche se non è facile; ho trovato la chiave per risolvere ogni cosa».
I Gens del Trivento