vita gen's

Questo che facciamo è solo un abbozzo di aggiornamento; serve tuttavia a farci sentire nostra que­sta parte di Chiesa.

AFRICA

Tribù diverse unica vita

Lo scorso anno alcuni gen's ave­vano partecipato attivamente a un incontro di gen a Sangmelina (Ca­rrier un). Dopo di allora Daniel, Gabriel e Pierre del seminario di El­bolowa scrivono: « Quest'anno per noi è stato un po' difficile portare avanti la vita di unità perché l'am­biente non era favorevole. Si è do­vuto vivere il silenzio di Maria. Non era possibile fare riunioni, così che il sorriso, uno sguardo, un sa­luto servivano a rinnovare la nostra unità. Poi gli impegni pratici che ci sono stati affidati ci hanno dato la possibilità di stare assieme più facilmente e di comunicarci le no­stre esperienze.

Nel terzo trimestre la vita è in­cominciata a sbocciare. Di ritorno dalle vacanze (sempre quando si torna da casa si porta qualcosa: ci­bo, frutta, soldi...) abbiamo messo in comune tutto quello che aveva­mo. Non parliamo, ma l'unità so­prannaturale è più eloquente delle parole. Un giorno un compagno do­mandò a Pierre come mai era cosi unito a Daniel e Gabriel dal mo­mento che non erano della stessa tribù... Solo allora gli ha parlato di come cercavamo di vivere il vangelo.

Della vita dei Gen's al seminario « St. Therèse » di Mvolye-Yaoundé ci racconta Joseph: « Eravamo due all'inizio. Che fare in un gruppo di 165 studenti? Ma avendo Dio per Ideale tutto è stato possibile. Ab­biamo cominciato col vivere, col­l'amare i nostri compagni più pros­simi, (a scuola, nel dormitorio, al refettorio, in tutta la nostra vita). Il primo trimestre è passato in si­lenzio. Alla fine eravamo tre! Era già molto. A Natale, l'incontro con i Gen di Sangmelima ci ha rinco­raggiati. L'unità fra noi è cresciuta. Ci si incontrava più regolarmente. Alla fine del secondo trimestre era­vamo cinque. Dopo sei mesi di si­lenzio abbiamo visto opportuno an­dare a parlare col direttore spiri­tuale. Gli abbiamo raccontato la nostra vita e lui ha voluto parte­cipare ad una nostra riunione. La sera prima aveva letto su « Infor­mation Catholique » una presenta­zione della storia del Movimento. Alla riunione restò cosi interessato che volle continuare a partecipare. Intanto il nostro gruppo cresceva: eravamo una quindicina...

Corrispondenza da Fontem

Un fatto caratteristico di que­st'anno è l'affluenza di gen's a Fon­tem che sta diventando un centro di sempre maggior attrattiva, per l'esperienza di una « società cristia­na » là realizzata. Da questa città ci è arrivata una lettera di Victor, della diocesi di Man (Costa d'Avo­rio): « Mi ero immaginato Fontem come un luogo di riposo, di disten­sione fisica, dove ci si accontenta di testimoniare un amore cristiano platonico, in una parola un luogo ideale per una vacanza distensiva. Ma i fatti mi hanno presto strappa­to a queste dolci illusioni. Prima il viaggio di circa 30 km a piedi sotto una pioggia insistente; poi ogni giorno il lavoro manuale...

Per me non si tratta di scoprire un'altra vocazione, ma piuttosto di saper rispondere a quella che il Mae­stro ha suscitato in me. Quello che ho trovato nella spiritualità del Mo­vimento dei Focolari è un elemento base che mi permette ormai di guar­dare in faccia al sacerdozio con una maturità intcriore nuova. Que­sta pietra angolare è: Gesù-Cristo-Corpo-Mistico. E' camminando in­sieme come popolo di Dio che noi ci salveremo; è vivendo a corpo che noi, seminaristi, arriveremo al­l'altare di Dio; è ancora vivendo e sperimentando la presenza di Gesù negli altri che io potrò dire di es­sere « stirpe sacerdotale ».

Ogni uomo onesto e sincero non cessa di interrogarsi e verificarsi sulla vita degli altri, non per il semplice piacere di constatare di va­lere di più, ma piuttosto con la tensione di migliorare la propria esistenza. Così la testimonianza di vita consacrata dei Focolarini ha gettato come un raggio di luce su ciò che io amavo chiamare « la mia vita privata ». Dei semplici cristia­ni come quelli che io incontro nel mio villaggio, che hanno deciso di vivere l'ideale evangelico in tutta la sua purezza, rinunciando a certe comodità della vita che io qualche volta ancora ricerco, quelli sono sta­ti per me ben più che le belle pa­role di una direzione spirituale. Do­po un mese mi congedavo da Fontem, « città di Dio pacifica e gioio­sa ».

In breve io so adesso di avere molti fratelli con i quali assieme costruire il sacerdozio di Cristo. Lo possiamo formare in una reale uni­tà di spirito, e cosi portare la rivo­luzione del vangelo nei nostri se­minari ».

BRASILE

Corrispondenza da Palmares di di Norbert Penzkofer

« Sono già sette mesi che mi trovo in Brasile e vorrei dire le mie im­pressioni. Ho trovato un pezzo di Chiesa e di umanità che grida: « Dio mio, perché mi hai abbando­nato». Ho incominciato ad amare questo popolo e questa situazione. Costantemente ci si trova in con­dizioni alle quali non si sa dare umanamente una risposta, così che alcune volte ti viene da pensare: « Io credo in Dio e nella sua Prov­videnza, credo al Vangelo, ma gli altri forse non possono capire, è troppo difficile per loro».

Vien la voglia di abbandonare, di lasciar cadere tutto e nasce sfi­ducia e scetticismo nell'efficacia del­la Parola di Dio.

Non so dare una risposta, ma come Maria posso credere ed è que­sta la mia conversione quotidiana, credere che Dio ha i suoi piani e fondare solo in Lui la mia fiducia.

Una grande gioia per me è vivere nella casa di Dom Acàcio e parte­cipare pienamente alla vita del presbiterio sacerdotale. E' un presbi­terio un po' speciale il nostro: io, diacono, vivo insieme a un vescovo e a un prete, Domenico. Ma fare unità direttamente al vescovo è una grazia.

Concretamente che cosa faccio? Cerco di impegnarmi nella parroc­chia di Domenico; ad esempio, la domenica prima della messa faccio i Battesimi, così Domenico può parlare con le persone e preparare le esperienze per il raduno parroc­chiale dopo la messa. Se Domeni­co non può essere presente, faccio la liturgia della Parola e distribui­sco la Comunione. Ma anche qui quel che più conta, al di là di quel­lo che faccio, è l'unità con Dome­nico, perché nella parrocchia ci sia un unico centro di unità. In que­sti mesi Domenico è andato a ri­posare in Italia ed io mi sono un po' preso la responsabilità della par­rocchia.

Ho imparato molto: a sentirmi libero da questa stessa preoccupa­zione, dai programmi che costruivo e dalle idee che proponevo; cosa vale battezzare o predicare senza prima amare? Specialmente i mala­ti e i più poveri: nelle visite che faccio loro avvertono che sono nel­le loro case perché Dio ama i po­veri. E' quello che posso dare; sol­di non ne abbiamo.

Un altro impegno è con i nostri seminaristi: faccio con loro ogni giorno la meditazione e una volta alla settimana preparo la catechesi.

Poi cerco di tenermi collegato con tutti i gen's brasiliani.

Se vado avanti nell'Ideale non lo so. Ma ho la possibilità di appro­fondire molto e di capire sempre meglio la vocazione all'unità. E co­me i gen's scrivono che vogliono pagare di persona per i nuovi seminari come Gesù ha pagato con la propria vita la Chiesa, cosi an­ch'io sono pronto a pagare affinchè l'unità cresca fra noi e nasca fra i nostri parrocchiani tanto poveri e sofferenti ».

Seminario di S. Roque

Stralcio del discorso di Dom Co­stantino Amstalden, Vescovo di S. Carlos, alla Mariapoli brasiliana.

« Conosco il Movimento già da vari anni: dal tempo in cui ero rettore del seminario di S. Roque. Anche i seminaristi l'hanno cono­sciuto.

Il vantaggio lo sentimmo subito nella nostra famiglia del seminario. La comunità si trasformò, e dopo una Mariapoli alla quale partecipa­rono, a S. Paolo, furono proprio loro, i seminaristi, che chiesero di organizzare la vita della comunità secondo lo spirito del Movimento.

Molti già sanno quel che succes­se... Se prima, con fatica, durante vari anni avevamo cercato di crea­re in seminario uno spirito di fa­miglia, dopo, con grande facilità fu possibile raggiungere una realiz­zazione piena di questo spirito tra tutti: non c'erano più distinzioni tra piccoli e grandi, bambini e ra­gazzi. E' stato veramente qualcosa di straordinario... Ho avuto anche l'occasione di scrivere un articolo che è stato pubblicato in una rivi­sta nel '68, se non sbaglio, dove ho cercato di descrivere la vita che c'era tra quei seminaristi, sopratut­to lo spirito di amore e carità vera, di comprensione mutua, di dona­zione e d'aiuto. E' stata veramente un'esperienza straordinaria... »