RIATTIVARE LE ENERGIE

Le vacanze spaccano l'anno. Per anni ho vissuto la netta disgiunzione tra i mesi di studio, magari passati in un internato, e il tempo estivo: due realtà diverse, quasi opposte e a volte contraddittorie, anche se il programma era stato scelto da me liberamente, secondo i miei interes­si, gusti e inclinazioni personali mai privi d'individualismo.

Mi spingeva la frenesia di accumu­lare le esperienze più varie. Una corsa di tre mesi dove bisognava caricarsi di nuove sensazioni, di con­tatti nuovi, di divertimenti prima negati, e sperimentare la libertà: ecco la grande parola-guida del « dio-vacanze», che però mi lasciava un grande vuoto e soprattutto denun­ciava in me una coscienza infantile quando mi mettevo a tirare le som­me con una certa sincerità.

Fin qui una mentalità e un'espe­rienza vecchia, comune forse a tanti di noi.

Si potrebbe dire che una vita spez­zata così non aiuta per niente la realizzazione personale dell'uomo, so­prattutto quando ci rendiamo conto del vuoto che ci lascia un riposo compiuto in discontinuità di spirito.

L'esperienza nostra, cioè di tanti di noi gen's, è che le vacanze vis­sute nello spirito del nostro ideale sono un'occasione per il concretiz­zarsi dell'amore anche nella conside­razione del corpo.

In realtà la funzione del riposo dovrebbe trovare la sua pienézza in una armonizzazione della vita di cia­scun uomo, per poi giungere conse­guentemente alla armonizzazione di tutto il Corpo Mistico.

«Chi divenuto uno in se stesso, cerca in tutti i rapporti sociali l'uni­ca, stabile e completa unità con Dio, chi realizza cosi in modo non confuso sia l'unione sia la diversità di tutti i settori sociali dell'esistenza, costui sco­pre in certo senso un nuovo stile di vita» (Klaus Hemmerle).

Allora abbiamo costatato che è pos­sibile indirizzare con nuova menta­lità le vacanze.

Ci siamo accorti come l'attività svolta nel lavoro quotidiano durante tutto l'anno tende a soffocare la par­te spirituale di noi. Il riposo, quin­di, non dovrebbe essere un disper­derci maggiormente, una fuga da noi stessi e da Dio, ma bensì « salute dell'anima e salute del fisico» che è la conseguenza di un'attivazione di tutte le risorse spirituali che cono­sciamo e di quelle corporali.

In definitiva la nostra esperienza è che per rendere possibile l'incontro di noi stessi con gli altri, e con Dio in noi e negli altri, è necessario che ci sia un principio che diriga e ar­monizzi la nostra vita in tutti i suoi aspetti, si tratti di lavorare, prega­re, studiare o riposarsi: e questo principio è l'unità, perché appunto « unità significa armonia provenien­te da Colui che ci porta tutti nella sintonia che ha conciliato in sé stes­sa le nostre dissonanze. Come ab­biamo visto, appartiene a tale armo­nia vicendevole anche l'armonia di ognuno con sé stesso, quell'i accor­do » della propria esistenza che non si dissolve nei molteplici settori di azione. Tale armonia, intésa in senso completo, è « salute » (Klaus Hem­merle).

Abbiamo capito che non possiamo illuderci, perché neanche il tempo di riposo riesce a salvarci dall'isolamento sociale in cui viviamo se non ci doniamo agli altri; abbiamo capito che l'armonia della vita va trovata nell'unità vissuta, anche nel tempo di vacanze.

Neppure le esperienze più diverse e interessanti riusciranno a saziarci se non vengono integrate in questo principio unitario, l'unico che solleva dalla monotonia, neutralizza ogni pe­ricolo, ci apre agli altri e soprat­tutto ci porta a Dio.

« Quindi, vivere bene questo aspet­to significa: riparare il corpo il più possibile, e l'anima metterla a fuoco con Dio » (Ch. Lubich).

José DurÁn