Parola di vita

Quanto a me, non mi glorierò d'altro che della croce del Signore nostro Gesù Cristo, per il quale il mondo è cro­cifisso per me, come io per il mondo (Gal. 6, 24)

I rapporti comunitari d'Israele, come la concezione teologica della comunione Dio-uomo, furono influenzati decisamente dall'Idea giuridica del diritto. Si potrebbe dire che questa idea è la base della « Gottes­anschauung» (visione di Dio), perché è Dio che stabilisce il diritto nel quale si riassume il credo veterotestamentario.

Anche la vita stessa dell'uomo è Inquadrata in questa concezione del rapporto Dio-uomo, in quanto anche il giusto « vive » solo se è fedele e incrollabile davanti a! comandamenti di Dio.

Nella teologia farisaica, l'uomo si salva per merito della legge e delle sue opere e, quindi, la creatura può autoglorificarsi davanti al suo creatore.

A questa autoglorificazione San Paolo contrappone lo scandalo della croce a cui corrisponde il contrasto fra il modo di agire dei giudei e II disinteresse cristiano per il legalismo delle opere. L'espressione « non... d'altro che » significa un assoluto no di San Paolo alla spiritualità giudaica e contiene due idee principali: protesta contro la troppa importanza data all'uomo rispetto a Dio; impegno per ogni cristiano a vivere pienamente l'umiliazione della croce nella propria vita quotidiana.

In questa espressione paolina è indicato l'abisso di separazione e di disprezzo che la fede nella croce ha creato tra Paolo e il mondo. Dopo la sua conversione non c'è più posto per un vanto delle cose umane: egli sa, perché vive, che è attraverso la croce che la grazia di Dio glori­fica l'uomo.

L'unico vanto può essere solo la croce. Egli si gloria della « croce del nostro Signore Gesù Cristo ». Ciò che fu disonore è diventato gloria, una gloria che non è autoglorificazione dell'uomo, come nell'A.T., ma gloria di Dio.

Anche noi dobbiamo passare per questa scuola teologica della croce per essere fedeli alla nostra vocazione cristiana. Dobbiamo imparare a trasformare i nostri piccoli o grandi dolori in gloria di Dio.

Sappiamo, almeno intellettualmente, che il nostro cammino è pene­trare questo mistero cristiano, e penetrarlo profondamente, perché sic­come anche oggi « amiamo » la nostra autoglorificazione (invece di glo­rificare Dio con noi stessi — così come siamo —), ci allontaniamo da questa realtà perdendo così la possibilità donataci di diventare autentici cristiani, come San Paolo e tutti i santi. Non dobbiamo avere paura o vergogna della croce perché non è la morte che vince la vita o il dolore che vince l'amore, ma è l'Amore che vince il dolore e solo la Vita che vince la morte.

Questa Vita e questo Amore sono la nostra « gloria ».

RUDOLF BORNSCHEIN